Normalità del dovere
25 Gennaio 2012Democrazia diretta
1 Febbraio 2012Il mondo nell’ultimo anno è cambiato molto più velocemente che negli ultimi 10, l’esplosione dei social network e dei vari strumenti di comunicazione via internet hanno contribuito a fornire armi spesso devastanti ai movimenti e associazioni spontanee di cittadini. In verità hanno fornito le medesime armi anche ai consueti poteri forti e partiti politici che però sembrano per loro stessa natura incapaci di utilizzarle in maniera efficace per creare consenso e pescare nel multiforme universo globale degli scontenti e motivare i propri sostenitori.
Questa incapacità è frutto soprattutto della stessa intrinseca struttura dei partiti e soprattutto di quella burocrazia interna fatta di “seconde file”, gli apparati, che si giustificano proprio nella loro stessa esistenza, esistenza che invece verrebbe messa in dubbio e superata da una struttura diffusa necessaria per essere in sincronia con i tempi e il mutamento culturale in atto. Se vogliamo fare un parallelismo neanche troppo azzardato con il mondo della tecnologia si può dire che come il software si sta spostando sul cloud così stanno facendo anche le strutture, le relazioni umane e le organizzazioni politiche.
Questo ovviamente non vuole dire che l’azione politica dei movimenti si possa esaurire solo online o solo in maniera destrutturata, il movimento del 99%, Occupy, negli USA come peraltro i vari moti insurrezionali della primavera araba sono necessariamente passati per momenti e situazioni di piazza così come i vari caroselli italiani che però ebbero la sfortuna di nascere con qualche anno di anticipo sugli strumenti disponibili adesso e che però hanno concimato le radici dei Grillini, del Popolo Viola e dei vari indignados italiani più o meno organizzati od orchestrati che siano.
Tali movimenti hanno poi dovuto affrontare o stano affrontando il problema della rappresentatività, nei paesi arabi che sono riusciti a sovvertire il regime si sono organizzati in nuovi partiti oppure hanno ingrossato le fila dei partiti di opposizione clandestina, negli States invece si stanno organizzando con assemble di delegati che intendono addirittura scrivere una declaration da sottoporre ai candidati alle elezioni presidenziali del 2012 per contagiare in maniera massiccia la politica tradizionale.
In Germania, Svezia ( e pian piano in tutta europa e financo in Italia ) sta avendo grande diffusione il Piraten Partei ( partito dei pirati ) che partendo da un manifesto e programma che si concentra in maniera piuttosto verticale sull’agenda digitale sta piano piano iniziando ad elaborare su tutti i temi mettendo a profitto i molti strumenti di dialogo digitale per generare una agenda condivisa e post-ideologica che si occupi di risolvere in maniera creativa e innovativa le più svariate problematiche sociali.
A livello locale, qui a Venezia poi abbiamo un vero e proprio fiorire di movimenti e di tentativi di coordinamento tra i movimenti stessi con l’obiettivo spesso dichiarato di incidere di più sulla politica tradizionale, quella dei partiti. Sembra che in una qualche maniera i movimenti stessi si siano autonomamente ritagliati un ruolo di pungolo e/o di censura, abbiano accettato un gioco delle parti e delle regole non scritte per cui o stai dalla parte di un potere forte o struttura organizzata, ti ritagli il ruolo del servitore di assist, oppure non hai possibilità di incidere politicamente. E’ una soluzione de minimis, schiava di un sistema basato sulle ideologie e riduttiva del ruolo dei movimenti che invece dovrebbero essere post-ideologici, e che di fatto rafforza lo status quo e fornisce consenso su un piatto d’argento al politico più scaltro cresciuto all’interno della struttura partitica ma che fiuta il consenso anche al di fuori delle sezioni e delle consuete lobby cittadine.
C’è da chiedersi come mai torme di cittadini per bene e volenterosi sono disponibili a regalare migliaia di ore del loro tempo libero, patrimoni di idee e creatività a partiti e personaggi che invece non sono in grado di essere altrettanto propositivi. Viviamo in una democrazia rappresentativa dove votiamo delle persone che dovrebbero essere migliori e più capaci di noi per fare un lavoro anche difficile e poi andiamo noi stessi a togliergli le castagne dal fuoco e fornirgli soluzioni salvo poi dargli il palcoscenico e le luci della ribalta per averci graziosamente concesso attenzione.
A mio modo di vedere invece è bene che la politica corteggi i movimenti ma essi invece dovrebbero in qualche maniera negarsi, produrre i loro contenuti e sicuramente rallegrarsi se essi vengono raccolti ed implementati dalla politica tradizionale ma non limitarsi ad un ruolo gregario e cominciare a ragionare invece su una delle più celebri frasi di Platone, “Una delle punizioni che ti spettano per non aver partecipato alla politica è di essere governato da esseri inferiori.”.
E’ fondamentale capire come innescare un processo di cambiamento e rinnovamento della gestione della città e del paese che sia alternativo alle incrostazioni e i bizantinismi di un sistema di partiti, clientele e inefficenza che caratterizza il governo delle nostre città e istituzioni da troppi anni. I tempi sono cambiati, stanno cambiando ogni giorno di più e non cambieremo le cose utilizzando gli stessi strumenti che hanno contribuito a creare i problemi che vorremmo risolvere.