La recessione mondiale e la ristrutturazione complessiva dei rapporti finanziari e di potere portata dalla globalizzazione stanno avendo significative ripercussioni su alcuni pilastri fondanti della civiltà occidentale. In particolare la mutazione genetica che sta vivendo il mondo del lavoro e le dinamiche tra offerta e domanda hanno impatti assai significativi su termini come democrazia, uguaglianza, giustizia sociale.
È il tema trattato da Ezio Mauro su Repubblica nell’editoriale del 16 novembre http://www.repubblica.it/politica/2012/11/16/news/deficit_liberta-46755189/ e, con lucidità esemplare, dal politologo prof. Vittorio Emanuele Parsi, nel saggio “La fine dell’uguaglianza”. Entrambi i commentatori, con accenti diversi, evidenziano che la privazione del lavoro a strati sempre più diffusi di popolazione, oltre all’aspetto drammatico della pura e semplice mancanza di sostentamento, esclude di fatto questa categoria dal patto sociale con conseguenze assai pesanti per la qualità della nostra convivenza e democrazia.
Perché il lavoro è uno strumento fondamentale attraverso il quale il cittadino definisce la sua identità e il suo posizionamento nella comunità; è il paradigma, il codice per mezzo del quale attua il riconoscimento reciproco con i propri simili. E la sua mancanza ha una conseguenza assai significativa: lo svuotamento di significato di termini quali libertà e democrazia. Chi infatti non è nelle condizioni di far fronte alle necessità primarie sue e della propria famiglia, chi ha il sonno turbato dalle bollette in scadenza o dall’IMU, chi vive come un incubo la possibilità che si rompa la lavatrice ecc. ecc. è solo nominalmente libero. In realtà trascina la sua esistenza entro binari strettissimi ed opprimenti, privato appunto della possibilità di scelte anche banali: come vestirsi, cosa mangiare.. Per non parlare della mancanza di una prospettiva di futuro per sé e per i figli.. Come insegna Rousseau, un patto sociale si fonda anche e soprattutto su una visione comune di futuro, su una progettualità condivisa. Se una larga fetta di popolazione si sente “esclusa” da questo futuro, non può esserci alcuna condivisione. Ed in queste condizioni, il diritto di voto apparirà al nostro escluso un vuoto simulacro, quasi una beffa.
Ancora, la democrazia si “nutre” della classe media per la costruzione della quale nel mondo occidentale, dalle grandi rivoluzioni settecentesche in poi, si sono utilizzati due strumenti: il mercato capitalistico, basato sui consumi delle masse e l’uguaglianza dei diritti e delle opportunità. Queste due istituzioni sono i totem di riferimento rispettivamente della Destra e della Sinistra. Ma solo apparentemente in contrasto: in realtà simul stabunt, simul cadent.. è vero che il mercato tendenzialmente premia i migliori e quindi teoricamente agisce in senso contrario all’uguaglianza. È altresì vero che la selezione darwiniana dei migliori competitor consente di poter offrire beni a prezzi accessibili a molte persone, quindi produce pari opportunità, diventa apportatrice di uguaglianza. E l’allargamento della domanda fa proliferare il mercato e quindi aziende che vendono, investono ed assumono… Un meccanismo virtuoso, che ha funzionato ottimamente per tutto il secolo scorso. Oggi si è rotto per l’inquinamento della speculazione finanziaria e, soprattutto, per l’avvento della globalizzazione che ha stravolto i meccanismi che regolano la domanda e l’offerta di lavoro.
Urgono nuovi paradigmi di sviluppo, nuove politiche, nuove idee. È difficile, certo, e non esistono in giro soluzioni taumaturgiche.
Speriamo che la prossima campagna elettorale entri in questi temi con concretezza e determinazione.
