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Le diatribe amministrative, non ancora concluse,  dell’estate appena trascorsa intorno alla gestione di Campo Santa Margherita hanno messo di nuovo in risalto alcune questioni spinose riguardanti Venezia e il suo specifico contesto urbano. Le molteplici ordinanze, poi ritirate oppure modificate, i ricorsi degli esercenti,  e tutto questo teatrino imbarazzante apparso sui giornali di queste settimane, evidenzia come la polemica sulla corretta gestione degli spazi serali e notturni di questa cittĂ  sia tutt’altro che facile da risolvere.  Gli interessi in gioco sembrano troppo grossi: da una parte gli esercenti che reclamano il loro diritto a lavorare e ad avere dei guadagni maggiori, che nelle fasce serali sono incrementati dall’ampio flusso di giovani. Dalla’altra i residenti che non tollerano gli schiamazzi della movida giovanile vicino al proprio portone di casa, e pretendono garantiti i loro diritti ad avere una condizione di vita tranquilla durante le ore serali. Ma tra questo enorme e irrisolvibile conflitto di interessi, non esiste forse anche una sacrosanta esigenza (diritto?) per un cittadino residente, e non, di vivere la propria cittĂ  nelle ore serali, passeggiando, bevendo qualcosa all’aperto o in un locale, ascoltare un concerto? Venezia è famosa in questo senso per essere sempre stata molto distratta verso questo tipo di bisogni. Al di lĂ  di garantire diritti piĂą o meno riconoscibili in qualche regolamento o in qualche altro tipo di atto normativo, la questione posta in essere da tali provvedimenti intacca non tanto i singoli interessi individuali appena mostrati (esercenti contro comitati) ma la collettivitĂ  piĂą in generale. La possibilitĂ  di garantire degli spazi serali per occasioni di incontro (Santa Margherita per citarne uno) o spazi specifici per progettare e offrire alla cittĂ  delle buone forme di intrattenimento culturali durante la sera significa investire sulla vita della cittĂ , tenerla in piedi, animarla. Le iniziative (private) in questi ultimi anni non sono mancate. Esempi interessanti come le proposte concertistiche  e cinematografiche del circolo ARCI Metricubi, o del Morion sono le ultime realtĂ  che sopravvivono (dopo che il centro sociale Zona Bandita ha dovuto abbandonare la sua sede ultima) . Ma si tratta sempre di iniziative volontarie, dove l’investimento di forze non è mai finalizzato al profitto. Chi potrebbe investire in un’attivitĂ  commerciale alternativa a Venezia, dove la possibilitĂ  di sopravvivenza dell’attivitĂ  è sempre messa in discussione dall’umore piĂą o meno stabile di chi vive nelle vicinanze? Ci ha provato l’Osteria alla Poppa, con delle proposte (pre)serali di gran qualitĂ , ma pagando caro questa provocazione, e dovendosi scontrare con ulteriori restrizioni e multe salatissime . Quindi non se ne può venire fuori? Venezia è costretta a restare un’anomalia, un caso unico di cittĂ  dormiente, che non è in grado di gestire degli spazi appositi per una cittadinanza che chiede vita sociale di qualitĂ . Una cittadinanza fatta di giovani, studenti, ma non solo. Persone qualunque che vogliono provare ad arricchirsi vivendo il proprio territorio e non sentendosi estranei ala cittĂ . Un arricchimento umano fatto di piccole e cose e non di grandi eventi internazionali, che mobilitino migliaia e migliaia di persone. Sembra che Venezia non possa ospitare altro che non sia il grande evento, L’Heineken Jammin Festival, o i concerti da costi improponibili in piazza san marco. Ed è qui che la soluzione diviene sempre e soltanto politica. Se la Politica, intesa nella sua accezione piĂą autentica e nobile sa agire per perseguire finalitĂ  di interesse pubblico (la collettivitĂ ) le cose in questa cittĂ  potranno forse un pochino cambiare. Se invece la Politica rimane sempre e solo strumento di mediazione tra interessi privati, lo stato di paralisi, che schiaccia questa cittĂ  ormai da anni, non farĂ  mai un passo avanti.  Così è la Politica (anche se non vi pare).

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