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È una giornata di zucchero, d’estate appena annunciata. L’autobus parte da Piazzale Roma verso la terraferma e svela le magie della città attraversando il ponte. Da un lato sfilano le miniature di latta di Marghera avvolta in una luce cedrina, dall’altro le isole lontane, un aereo pronto all’atterraggio, qualcuno che voga preceduto da un cigno altero: e non è di plastica! Sembra un film. La bassa marea in laguna è come una zuppa inglese dove pennuti diversi si gongolano. Poi il Parco di San Giuliano tra colline e corpi alberati che cominciano ad avere sostanza. Crescono. Resistono. Nonostante il sottosuolo malato. È bella questa congiunzione di verdi e di acque. Così come la macchia frondosa e fitta del bosco dell’Osellino che appare sulla destra. Un nuvola di ossigeno buono. La volontà del maestro Zorzetto ha messo radici. Forti.

Dal finestrino ammiro gazze, pettirossi e merli, che si pavoneggiano in una Mestre ancora avvolta nel sonno, incuranti del traffico che sfreccia in Viale Vespucci. Ci sono anche un airone cenerino e una garzetta che zampettano giocosi lungo le rive. Un incanto pensare che si spingano fin quaggiù. Ma la cartolina ha il suo sfregio. Attracchi improvvisati di ferri ruggini, argani, legni di recupero e suppellettili di ogni genere. Immondizia. Posti barca “fai da te”  come nell’isola di Robinson Crusoe. Penso alle città del nord Europa, all’eleganza e all’ordine di certi lungo fiume. Possibile che Venezia non possa prendersi cura delle sue vie d’acqua? Basterebbe poco per riqualificare il paesaggio. Abbiamo una facoltà di architettura rinomata e giovani talentuosi… Ci vorrebbe la volontà di dare dei criteri e un po’ di rigore a chi utilizza questi spazi- bene comune. Sempre che non si ritenga che la trasandatezza faccia folclore.

Credo che i cittadini e i viaggiatori meritino una vista più degna di questi argini degradati. Non vorrei che anche i volatili coraggiosi, di fronte a tanta incuria, decidessero di emigrare lontano.