Bagarre, nel Partito Democratico, in merito al diritto al matrimonio per le coppie omosessuali. Senza entrare nel merito dei suoi tormenti interni, che vanno rispettati, diamo merito al PD di aver imposto l’attenzione sulla questione e soprattutto di averla, finalmente, affrancata dallo scomodo status di “sottoprodotto” del tema del riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, quasi che le istanze degli omosessuali fossero solo l’espressione di una corrente di pensiero radicale nell’ambito di una questione più generale.
Un’impostazione concettualmente sbagliata, perché la problematica di gay e lesbiche ha una sua chiara specificità.
Le coppie eterosessuali hanno infatti la facoltà di scegliere: sposarsi dando sostanza giuridica all’unione, assumendosi reciprocamente diritti e doveri, oppure non farlo, non caricandosi quindi dei relativi oneri ne’ fruendo dei conseguenti onori. È una scelta libera, neppure condizionata dall’accettazione sociale (una coppia convivente non fa oggi scandalo alcuno) e non impatta sulla condizione dell’eventuale prole. Nel tempo, sono state avanzate diverse proposte di formalizzazione di dette convivenze (ultimi delle serie, i cosiddetti DICO). Ammetto che me ne è sempre sfuggita la necessità: le motivazioni addotte erano infatti inconsistenti (talvolta ridicole.. come l’impossibilità di volturare un contratto di affitto al convivente) o deboli (il diritto di assistere in ospedale il congiunto) o, infine, economiche (eredità e pensione). Queste ultime sono questioni di sostanza, indubbiamente, ma in tal caso si ritorna al concetto espresso in partenza: sposarsi o meno è una libera scelta, di cui valutare pro e contro. A meno che la motivazione non sia, molto semplicemente, la voglia di mettere in piedi un istituto che comporti i vantaggi sociali del matrimonio senza gli oneri individuali. Insomma un matrimonio light, poco impegnativo e vincolante quanto a doveri e responsabilità. Non mi piace, soprattutto perché a fare le spese di questo squilibrio finirebbe fatalmente per essere il soggetto più debole della coppia. E poi, immaginate il casino? Molte coppie di conviventi sceglierebbero comunque di non formalizzare la loro unione e si verrebbe a creare quindi la coesistenza di tre tipologie di convivenze: coppie de facto, coppie sposate light e coppie sposate standard .. Un macello.
Tutt’altro scenario per le coppie dello stesso sesso: esse non possono scegliere. Un/una omosessuale oggi non può garantire al suo/a compagno/a la serenità di godere della sua pensione di reversibilità. Non può godere dei diritti propri dei congiunti in caso di eredità, non ha riconoscimento formale del suo status dalla società, il garante terzo del contratto matrimoniale. Tutto ciò anche nel caso lo stesso sia disposto ad assumersi gli obblighi di sostentamento, mutua assistenza, fedeltà ecc. tipici del matrimonio. Si configura quindi un vulnus alla dichiarata uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, con pari diritti e pari doveri.
Stupisce la resistenza di larga parte del mondo politico (vedasi le divisioni nello stesso PD) che non direi sia spiegabile solo con il peso e l’influenza del Vaticano. Qui non sono infatti in ballo temi che coinvolgono la concezione individuale ed intima delle leggi di natura, né le convinzioni religiose come per esempio aborto, eutanasia, essenza dell’embrione. Non sono in altre parole in gioco dei valori non disponibili che, comprensibilmente, dividono.
È solo in gioco il buon senso. E l’umana giustizia.

Nato a Venezia, vi ha sempre risieduto. Sposato con una veneziana, ha due figli gemelli. Ingegnere elettrotecnico, ha lavorato all’Enel dal 1987 al 2022, è stato Responsabile della distribuzione elettrica della Zona di Venezia e poi ha svolto attività di International Business Development Manager, lavoro che lo ha portato a passare molto tempo all’estero. È stato presidente del Comitato Venezia Città Metropolitana, esponente di Venezia Una&Unica. È in pensione dal 2022