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“Ondate di calore e qualità dell’aria scadente: domani disagio fisico nelle zone pianeggianti”… “Afa e caldo record le temperature fanno una strage”… Ogni variazione climatica viene annunciata con toni da allarme rosso. Eppure l’Italia non è un Paese tropicale. E quando arrivano le catastrofi, nonostante i bollettini, spesso non siamo attrezzati. C’è un’ossessione per il caldo assassino. Ecco, anche quest’estate hanno provato a convincerci che finiremo come pesci spiaggiati. Bolliti dall’arsura. È agosto penso. Ci sono i grilli, le cicale e le zanzare, meriggi incandescenti nei campi di grano e nebbie d’orzata in laguna: ci siamo scordati le poesie e i racconti che le maestre ci leggevano dai sussidiari delle elementari? Basterebbero piccoli rimedi di buon senso. Invece scatta il contagio: concentrarsi sul cielo. Lo osserviamo come fosse – sempre – molesto. Ci dicono che il sole è forte e malato e nel suo abbraccio ci strapperà i nostri anziani (sarà una strategia per risparmiare sulle pensioni e sull’assistenza?).

Il pensiero sul “tempo che farà” è come un tarlo. Così non si è mai contenti, maldisposti ad ogni fiato di stagione. Sole. Pioggia. Neve. Sembrano maledizioni. Aggrappandosi al ritornello che le stagioni non sono più quelle di una volta… si consulta il meteo pretendendo la scienza esatta magari con comando a desiderio caldo asciutto ventilato, acqua di notte quando serve… Ma non sarà che piuttosto che parlare di lavoro, ospedali, ricerca… è meglio parlar del tempo attribuendo al cielo tutte le nostre disgrazie?

 

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