Perché la Città Metropolitana (CM nel seguito)? A che serve? Che ci guadagniamo?
Cominciamo col dire che il motore primo della legge (il famoso decreto spending review) che le prevede è il risparmio: si è ritenuto di accorpare le Provincie (il cui numero era levitato negli anni in modo ridicolo) e di ridimensionarne funzioni e struttura appunto per risparmiare denaro pubblico.
Affrontando una generale riorganizzazione degli enti locali, il Governo ha voluto cogliere un’altra opportunità, ovvero riconoscere la funzione della grande città, o metropoli, come luogo trainante per lo sviluppo e la competitività di un paese (come già attestato da tempo da OCSE e Unione Europea).
In effetti, in Italia non esistono grandissime metropoli, ma si è inteso di “crearle” amministrativamente riconoscendo uno status particolare a 10 aree che hanno le caratteristiche di una metropoli (ancorché diffusa) sulla base di determinati parametri socio economici. Si è quindi rispolverata la CM, già individuata dal famoso Titolo V del 92 ma mai venuta alle luce. Nelle CM metropolitane individuate vive il 31% della popolazione (nell’11% di territorio) e viene prodotto il 34% del PIL nazionale. Insomma, le CM hanno, volenti o nolenti, una funzione di leadership e di eccellenza.
Certo, è stata un’operazione fatta in fretta, tagliata con l’accetta ed oggettivamente piena di punti deboli. Non li nascondo: alcune tra le 10 CM sono tutt’altro che luoghi trainanti e di eccellenza (ahinoi..), la identificazione territoriale con la Provincia preesistente in taluni casi (e Venezia è uno di questi) non individua la vera area metropolitana, inoltre molte delle disposizioni contenute del Decreto sono a dir poco discutibili. Per esempio il fatto che gli organi previsti siano, a partire dal Sindaco, a titolo onorifico e cariche di secondo livello, ovvero senza l’elezione diretta (con la forse sola eccezione del Sindaco) le rende oggettivamente meno rappresentative.
Tuttavia, va colto l’assist del Governo e riempita la CM di contenuti. Non dimentichiamo che è, già così, più della vecchia Provincia. Detiene la pianificazione generale, ha un meccanismo di finanziamento autonomo (l’IPT, l’RC auto, tasse di scopo, conpartecipazione all’IRPEF..). Fondamentale da questo punto di vista, la redazione dello Statuto. Il dispositivo di legge che regola la nascita delle CM prevede una specie di auto determinazione della neonata istituzione disponendo appunto che ciascuna CM definisca autonomamente il proprio Statuto in esso definendo, tra le altre cose, le modalità di funzionamento degli organi interni e di assunzione delle decisioni, i rapporti tra i Comuni aderenti contestuale trasferimento di risorse umane, strumentali e finanziarie…
Insomma lo Statuto potrebbe delineare una CM pesante per esempio prevedendo la cessione alla CM delle partecipazioni dei Comuni nelle utilities di servizi, per dire una.
Infine, si pone oggettivamente un problema di rappresentanza. I consiglieri della CM saranno selezionati tra i sindaci e i consiglieri comunali dei comuni aderenti… Significa che i consiglieri avranno una sovra rappresentanza: eletti dai soli cittadini del loro Comune, avranno rappresentanza per tutti gli abitanti della CM. Quindi uno strabismo con il quale si dovrà fare i conti qualora la CM
dovesse decollare come ente centrale nella gestione del territorio.
Un parziale rimedio, realizzabile in tempi relativamente brevi, è stato indicato in questo stesso sito dall’amico Gabriele Zenezini, autorevole esponente del PD di S. Donà: diminuire il numero dei Comuni accorpandoli quanto più possibile in modo da avvicinare il numero dei consiglieri della CM al numero di comuni. Sarebbe oltretutto un segnale di integrazione fortissimo, anche a livello di percezione. Inutile dire che, in questo necessario sforzo di pensarci “insieme” per essere più forti, più efficienti e più rappresentativi a livello nazionale, l’ipotesi di dividere il Comune capoluogo (pure prevista, purtroppo, dalla legge) va in totale contraddizione. Per questo tutte le ipotesi in tal senso, talvolta anche assai fantasiose, vanno contrastate senza meno.

Nato a Venezia, vi ha sempre risieduto. Sposato con una veneziana, ha due figli gemelli. Ingegnere elettrotecnico, ha lavorato all’Enel dal 1987 al 2022, è stato Responsabile della distribuzione elettrica della Zona di Venezia e poi ha svolto attività di International Business Development Manager, lavoro che lo ha portato a passare molto tempo all’estero. È stato presidente del Comitato Venezia Città Metropolitana, esponente di Venezia Una&Unica. È in pensione dal 2022