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“Non sai cosa fare dell’anello dell’ex fidanzato?” ammicca la frase sul cartello nell’autobus. “Vendilo!”

A Mestre dev’essere atterrato un volo di sultani dell’Oman, penso. Saracinesche ruggini, centrali e periferiche, riaprono con grandi scritte blu e gialle: Compro oro.

Scruto quelle vetrine per trovare tracce di facoltosi acquirenti.  Sono spazi anonimi, avvolti in luci deboli, con scaffali senza amore, ricoperti di oggetti dall’aria di doni della comunione. Non si vede quasi mai chi pesa e fa il prezzo nascosto da alti banconi.

Chiudono fruttivendoli e cartolerie e spuntano queste gazze ladre pronte a scippare i portagioie di famiglia per qualche euro, inquietanti come la povertà che avanza. Eppure in queste botteghe senza code, forse, si nasconde altro. E nella promessa di fare un affare i gioielli, con i loro ricordi, perdono ogni forma di seduzione.