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Poteva essere l’occasione giusta. Eravamo a un passo dal cambiamento. Abbiamo avvertito sulla pelle il vento del rinnovamento. Ma non c’è stato.
Molti hanno creduto, in quest’ultima tornata elettorale, che lo tsunami del Movimento 5 stelle avrebbe rinnovato dalle fondamenta la nostra povera Italietta. Molti, in buona fede, hanno dato fiducia a questo movimento fresco, fatto di tanti giovani di belle speranze, di tanti vicini della porta accanto, di tanta gente qualunque che vive e si veste e sogna e spera come noi. Molti hanno pensato che il malcostume, il malaffare, la corruzione, l’illegalità, la logica del privilegio si sarebbero dissolti con l’avvento in politica di cittadini onesti, disinteressati e orientati, invece, alla realizzazione del bene comune.
Peccato. Peccato davvero. Perché una buona fetta di elettorato italiano si era fatta sedurre da tanti giusti ed onesti ragionamenti. L’attacco alla casta e agli sprechi, la denuncia dell’inciucio, la lotta al conflitto d’interessi e all’abitudine, ormai incancrenita, delle leggi ad personam erano diventate delle lenti che avevano messo a nudo l’apparato inefficiente e indolente della politica italiana. Che andava, senza alcun dubbio, rinnovato.
Certo, dalle elezioni non é uscita una maggioranza. Ma un’alleanza tra PD e M5S poteva recare in sé tutti i presupposti del cambiamento. Così come è avvenuto in Sicilia. Ma si dà il caso che forse i protagonisti di tanto successo (i cosiddetti grillini)   non sono in grado di concorrere al governo di una Nazione. La tanto ostentata purezza, che li pone una spanna al di sopra dei partiti tradizionali (non a caso hanno scelto gli scranni più alti del Parlamento) ha impedito loro di scegliere. Forse hanno ritenuto più importante sancire la propria alterità dal sistema – del quale hanno chiesto di far parte – che tendere una mano a un’Italia che si trova a un passo dal baratro. La politica, invece, è scegliere e decidere. È aprirsi, rispondere alle domande dei giornalisti. È partecipare, esprimere dissenso, scontrarsi. La politica è libero scambio tra cittadini che si raccontano ed evolvono, sfuggendo, talvolta, a chi ha la pretesa di telecomandarli a colpi di mouse o di webcam. La politica è territorio di confronto civile ed educato: trovo scandaloso che una giovane neo deputata ostenti con orgoglio, su facebook, il suo rifiuto di stringere la mano a Rosy Bindi, colpevole di rappresentare il vecchio.
Non è da escludere che questi neofiti della politica abbiano appreso di quest’ultima – con i loro capi – solo l’arte del calcolo e della strategia spicciola. “Se continuiamo a fare ostruzionismo rifiutando il dialogo, piallando destra e sinistra, addossando a tutti, allo stesso modo, le medesime responsabilità, manteniamo inalterata la nostra identità. Che è di rottura e di protesta. E se questo comporterà lo stallo, che stallo sia”. Liberi di pensarlo ma, in un Paese che ha bisogno, qui ed ora, di risposte e di aiuti concreti, una scelta così perentoria e, in un certo senso, aristocratica rischia di tradursi in un probabile processo di autodistruzione. Ci avranno riflettuto i nuovi attori delle nostre Istituzioni democratiche? Sta di fatto che, per il momento, il cambiamento non c’è. È tutto fermo.