Mi sento, a dir poco, stupefatta per l’azione politica condotta dal Movimento Cinque Stelle. Più li osservo, meno riesco a capire quale oscuro disegno di rinnovamento si celi dietro il loro agire. Un agire che ha ben poco di innovativo e ben poco di attivo. È ormai assodato che questo gruppo parlamentare si configuri come una struttura marcatamente verticistica con a capo una diarchia incontestabile. Che poi tale diarchia stia fuori dagli scranni parlamentari è anomalia tutta a sé, sulla quale si è a lungo discusso. Ma non è l’unica anomalia. Grillo ha costruito la propria fortuna politica sulla battaglia a Berlusconi, sull’ormai nota lotta allo psiconano. Gli ha criticato una leadership accentratrice che faceva e fa dei propri sodali di partito dei cortigiani adulatori e servili. Tutto vero. La storia ci sta insegnando – a nostre dure e costosissime spese – che non è esistito leader nella Repubblica italiana più autoreferenziale e più concentrato sui propri personalissimi interessi. Non è esistito leader più populista e seduttivo, capace di ammaliare masse e dirigenti di partito. Bene. Male, anzi. Male, perché tra i due (Grillo e Berlusconi) sono ravvisabili profonde affinità che spiegano le ragioni di tanto successo. Tanto dell’uno quanto dell’altro.
Le performance da uomo di spettacolo, la forza evocativa delle parole, l’uso di slogan ad effetto, la modulazione della voce, la prossemica, la mimica, la battuta detta al momento giusto, i bagni di folla esaltata e concentrata sulla potenza della persona più che sui suoi programmi sono elementi che accomunano, in modo innegabile, i due leader. Ognuno col suo stile, ognuno col suo linguaggio, ognuno con le sue peculiari battaglie da portare avanti. Berlusconi è fenomeno tristemente noto agli italiani. Grillo un po’ meno. Lo stiamo scoprendo. Molti gli hanno creduto. E gli hanno dato fiducia, portando in Parlamento donne e uomini di diversa estrazione culturale e politica. Molti hanno creduto nella mistica della democrazia diretta mediante la rete, nella bufala dell’uno-vale-uno e nell’imperativo categorico del servizio ai cittadini.
Ma qual è lo spettacolo cui stanno assistendo tanti cittadini disoccupati, sofferenti, precari, deprivati, licenziati, esodati che hanno dato il voto a questi giovani di belle speranze e belle promesse? Dirette streaming, dibattiti, alzate di mano, dichiarazioni di voto, confronti sulle sorti della senatrice Gambaro, rea di aver dubitato dell’efficacia del verbo del capo. Discussioni e proposte se rimettere alla rete la decisione di espellere la suddetta senatrice dal movimento o lasciarla al suo interno. Interminabili dibattiti istituiti per mettere al bando senatori, deputati, consiglieri regionali dissidenti, che cominciano ad essere tante mine vaganti. A parte la democrazia, che non sembra essere una forte prerogativa del gruppo, trovo l’avvitarsi in tali questioni un’inutile perdita di tempo. Tempo sottratto alle comuni attività parlamentari. Non c’è da stupirsi poi se tanti cittadini illusi e fiduciosi in un cambiamento si sentano pentiti e traditi da tanta inconsistenza operativa.
Non può esistere programma innovativo se sono così forti i condizionamenti che ne frenano l’azione politica. Grillo, uomo di spettacolo, fermato, negli anni ‘80, nel pieno del suo volo, dalle catene della censura, dovrebbe favorire maggiore libertà di pensiero e di parola. Solo così quel gruppo indifferenziato di persone, che si trovano insieme per caso, può diventare una vera forza politica. Di sicuro hanno tante idee, alcune delle quali anche in contraddizione tra loro e con quelle del capo. È necessario trovare il coraggio di affermarle senza paura di scatenare dei conflitti interni. È così che si fa politica.

Laureata in filosofia, ha insegnato Lettere in una scuola secondaria statale in provincia di Milano. Scrive su alcune testate locali dove si occupa di scuola, libri, politica e costume. Ha pubblicato tre romanzi: “Criada” (Astragalo, 2013), “A due voci” (Leonida, 2017), “Fatale privilegio” (ilTestoEditor, 2023)