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Sentito con le mie orecchie. In un dialogo tra inquilini, uno di essi rivolto all’altro sta spiegando che bisogna agire in qualche modo con chi è preposto, forse i vigli del fuoco, per farla finita con questi ‘favi’ sotto la falda del tetto, almeno quattro o cinque, veri covi di vespe che entrano negli appartamenti appena si apre la finestra. E’ un problema grosso che va risolto con determinatezza, dice. L’altro inquilino o non ha voglia di occuparsene o, come più probabile, è in vena di pontificare e gli risponde risoluto, con un piglio di indignazione: “Con la crisi economica che c’è in giro e con le famiglie che non arrivano alla fine del mese, ci si deve occupare di queste cose? Sarebbero questi i problemi?”.

La frase sintetizza bene l’atteggiamento del “benaltrismo”. Sport nazionale diffuso nei dialoghi più ordinari, con la crisi economica a spadroneggiare come argomento che copre e cerca di annullare qualsiasi problema reale di qualunque scala sia. Come se i problemi in quanto tali non avessero non solo una loro autonomia, ma anche la facoltà di essere per chi li vive persino più grandi,  ma potenzialmente risolvibili da chi li sta vivendo, rispetto a quelli la cui la cui soluzione è demandata prevalentemente ad altri.

Il “benaltrismo” però spopola soprattutto nella politica anche da parte di quei protagonisti che evitano comodamente così di affrontare un problema posto reale. Ho sentito rintuzzare con la crisi economica il tema dei matrimoni gay, scandalosamente posto, secondo il “benaltrista”, in questi tempi grami in cui le famiglie non arrivano eccetera… (solita conclusione). Un classico di “benaltrismo” rovesciato in cui il problema contingente rintuzza quello ambizioso (avviene in molti casi) è per l’Alta Velocità ovunque si parli di Alta Velocità: mettiamo a posto i treni dei pendolari e i regionali che fanno schifo, altro che. Qui si tratta effettivamente di “parlardaltrismo“ un altro classicissimo della politica, variante del “benaltrismo” e che vediamo spesso in tivu con altre accordature, quando il conduttore fa una domanda diretta e chi risponde prende tutto il tempo per il suo discorso completamente diverso introdotto da: “volevo però prima rispondere all’intervento del tale”.

Tornando al tema il “benaltrismo” politico in queste ore trionfa per i due casi dell’estate: vicenda ‘ministra Kyenge’ e vicenda ‘ Shalabayeva’. In questo caso c’è perfetta simmetria. Ma esercitato solo da due attori: la lega che difende il suo Calderoli e minimizza sull’insulto e i governativi di ogni segno che difendono i responsabili dell’affaire ‘ Shalabayeva’. Chi si fa carico di difendere l’uno rinfaccia all’altro la gravità dell’altra vicenda e viceversa. Semplice no? Con la variabile leghista che di fronte agli insultacci razzisti di Calderoli snocciola “ben altri” insulti ricevuti dai leghisti in questi anni, naturalmente grami.

Non parliamo poi del “benaltrismo” interno al PD che si esercita sempre citando “ i problemi reali del paese” allorchè qualcuno prova a ridisegnare regole decenti della partitocrazia interna che lo domina; ridisegno che forse magari avrebbe qualche buon esito alla lunga nel risolvere alcuni “problemi reali del paese” soffocato anche da quella partitocrazia superfinanziata.

Nell’urbanistica locale spopolano, come argomenti “benaltristi” rovesciati, le buche sui marciapiedi e i lampioni rotti. Per rintuzzare cosa? Qualsiasi opera non dirò ‘grande’, tipo una torre di 250 metri, ma la cui scala e spesa sia anche di un pelo più alta dell’aggiustamento dei suddetti. In questi casi verrebbe veramente voglia di rispondere: “con la crisi economica che c’è in giro,  con i ragazzi che non trovano lavoro, tu mi parli di marciapiedi e lampioni, vergognati!”.

Insomma una prima resettata per la politica (e per la società civile) sarebbe l’acquisizione di una sana onestà intellettuale che laicamente affronta tutti i problemi per quello che in realtà sono, o più semplicemente li affronta e non li schiva. Mai.