L’articolo che riporto più sotto è la lapide di Venezia, la mediocrità di moltissimi dei nomi citati è angosciante e dà la cifra della dimensione del vero problema di Venezia e cioè la mancanza di materiale umano di qualità nella sua governance.
In effetti se dovessi pensare a 10 nomi dell’attuale establishment trasversale che potessero formare lo scheletro di un governo di rilancio del territorio farei molta fatica e probabilmente dovrei rinunciare.
Paghiamo salato 2 cose:
1) la poltitica cannibale dei 60/70 enni (banda Cacciari per intenderci) che per ingordigia e delirio di potere ha cresciuto una classe di rincalzi che sono solo dei soldatini senza visione.
2) la vigliaccheria dell’area “civica” che la volta scorsa (2010) non ha avuto il coraggio di mettere le basi per un cammino di presa di coscienza e crescita politica dei movimenti dal basso. Se i ragionamenti che circolano adesso si fossero fatti 3 anni e mezzo fa, invece di lavarsene le mani o polarizzarsi su due facce dello stesso problema come Brunetta e Orsoni, adesso avremmo un paio di consiglieri comunali indipendenti ed espressione della parte vitale del territorio che potrebbero fornire la base di una proposta di governo seria. Speriamo che non sia troppo tardi come alcuni sostengono.
Avremo invece la prossima volta un sacco di proposte “civetta”, visto che i partiti sono ormai quasi impresentabili, e alcune proposte dal basso a cui però manca la vera esperienza dei meccanismi di guida di una città per potere aspirare al controllo di una città come Venezia.
Si doveva fare gavetta, o almeno provarci, e invece molti proveranno a prendere il timone della MSC Venezia [260.000 passeggeri, 450 Km2 di stazza] senza neanche aver guidato una sampierota. (l’ironia sul discorso grandi navi è voluta)
Non ho la soluzione (o meglio ce l’avevo la volta scorsa) ma spero che in questo anno e mezzo emerga un movimento che sappia catturare la parte vitale della città, quella che crede che Venezia ha un grande futuro e non solo un grande passato.
Un movimento che non raccolga in una specie di circo dei miracoli il carrozzone viaggiante e strombettante dei NO di pancia a tutto. Per farlo dovrebbe fregarsene dei voti, della logica del consenso, e proporre un grande sogno alla città che funga da stella polare e che serva a dividere e fare da discrimine tra la parte positiva, proiettata al futuro, e quella che invece sta a Venezia come le cozze [inquinate] sullo scoglio, boccheggiante e lamentosa quando la marea è bassa ma ben felice di filtrare i liquami quando invece la marea di schei velenosi li sommerge.
Il testo dell’articolo di A.Vanzan del 04/08/2013 a cui faccio riferimento:
Premesse: è presto, manca un anno e mezzo, non si sa nel frattempo cosa succederà a Roma, capaci di andare a votare già il prossimo ottobre per rinnovare il Parlamento, da qui al 2015 potrebbe cambiare il mondo. Epperò, in questa cappa agostana, il tema già aleggia: che farà nel 2015 il professor Orsoni? Vorrà ricandidarsi a sindaco? Troverà qualcosa di meglio da fare? E nel caso decida di restare a Ca’ Farsetti, chi dice che glielo consentiranno? I rumors raccontano di suggerimenti: si faccia un sondaggio per tastare il polso della città, si affidi a un istituto di ricerca il compito di capire quant’è gradito il sindaco dai veneziani. Qualche segnale già ci sarebbe e non propriamente entusiastico: a Mestre, a Marghera, in tutta la terraferma quotazioni preoccupanti. Per non dire del “rischio” primarie e dell’incredibile rimonta di Felice Casson, il candidato sonoramente sconfitto nel 2005 da Massimo Cacciari con i voti del centrodestra e oggi gradito perfino a quelli che otto anni fa erano i disgiunti del voto di lista ai Ds ma preferenza al filosofo. Il quadro sta in questi termini: le norme interne del Partito democratico dicono che un sindaco uscente al primo mandato può tranquillamente ricandidarsi senza sottoporsi alle primarie. Fare le primarie con un sindaco ricandidabile, del resto, avrebbe il sapore politico di una bocciatura de11’operato dell’amministrazione. Ma se il 40% della direzione provinciale del Pd decide che le primarie vanno fatte, allora si fanno i gazebo. Va considerato che gli equilibri interni ai democratici potrebbero cambiare nel prossimo congresso. Occhio: non è detto che il congresso si tenga come previsto in autunno perché se cade il governo si faranno solo le primarie per la scelta del candidato premier (con i sondaggi che registrano più fiducia a Letta che a Renzi). In ogni caso, da qui al 2015 il congresso si farà e non è detto che gli equilibri veneziani tra bersaniani, lettiani, renziani, civatiani eccetera non cambino. Ergo, potrebbe esserci una quota del 40% pronta a chiedere le primarie. Ammesso che Orsoni – che non è iscritto al Pd – accetti di rísottoporsi al voto nei gazebo (nel 2010 tentennò alquanto prima di accettare la “sfida”contro Gianfranco Bettin e Laura Fincato), stavolta il sin-daco uscente potrebbe doversi confrontare con Felice Casson. L’ex pm, senatore rielet-
to lo scorso febbraio dopo aver fatto man bassa alle primarie di dicembre (primo degli eletti davanti a Mognato e Murer), pare essere al momento il politico veneziano più quotato specie da chi non gradisce le larghe intese romane e vorrebbe disfarsi dell’alleanza con Berlusconi.
La possibilità che dieci anni dopo la sconfitta Casson si prenda la rivincita, c’è. Certo, non è detto che nel Pd altri non si candidino alle primarie e non è detto che anche stavolta Cacciari non sponsorizzi un candidato. A quel punto sarà interessante capire la reazione del centrodestra e dei moderati di sinistra. Anticipazioni – tranne i progetti di liste civiche, a partire da Renato Boraso – non ne girano, se non che si attende (al solito) di capire se Renato Chisso sarebbe disponibile a lasciare Palazzo Balbi per tentare l’impresa su Ca’ Farsetti. Ma, appunto, manca un anno e mezzo. Al posto del Pdl dovrebbe tornare Forza Italia, la Lega chissà se si tramuterà in Balena Verde o in sardina, il Movimento 5 Stelle potrebbe esplodere come implodere. E ad aumentare, purtroppo, potrebbe essere ancora l’astensionismo.
Manca ancora poco meno di due anni, eppur qualcosa si muove nello scenario politico della città. L’inarrestabile attivismo de1l’assessore Gianfranco Bettin, ad esempio, mescolato a una robusta dose di rinvigorito legalismo ferreo, che assomiglia sempre più a una “tolleranza zero” in salsa veneziana, legittimerebbe i retroscenisti a pensare a una volata lunga in vista della prossima scadenza elettorale. Quasi a volersi smarcare da decenni di scelte politiche adottate da amministrazioni in cui lo stesso Bettin ha comunque giocato un ruolo. Lo stesso “retroscenismo” si potrebbe applicare, su versante politico opposto, alle mosse dell’assessore regionale Renato Chisso che, sul fronte dei trasporti sta conducendo un’importante crociata su]1’efficienza del servizio metropolitano, in cui si innestano anche – è un dato di fatto i tagli regionali dei contributi ad Actv che stanno mettendo a nudo i limiti dell’azienda di trasporti veneziana, controllata ad oggi dal centrosinistra, che quindi su questo fronte si sta giocando una fetta di credibilità.
Tornando proprio al versante di centrosinistra, alle intenzioni (citate nell’articolo in alto) dei vari 0159111 e Casson si affiancano le aspirazioni personali (più
o meno legittime) dei vari Michele Mognato, Alessandro Maggioni (in foto), Andrea Ferrazzi, Marco Agostini o Giuseppe Bortolussi. Mentre sul fronte renziano del Pd resta da sciogliere il dilemma personale di Jacopo Molina che già tre anni fa era stato sul punto di scendere in campo per le primarie, ma che poi si è ritirato per ragioni professionali. C’è poi tutto quel fronte moderato che sta al centro e che proprio con i renziani potrebbe dialogare: Alessio Vianello, l’avvocato Alfredo Bianchini (l’antitesi di Qpsgnj per molti aspetti) 0 lo stesso Luigi Brugnaro stanno alla finestra per capire quali prospettive si potrebbero aprire. Ma più che sui nomi sarà sul tema della rottura amministrativa con 20 anni di governo che potrà svilupparsi il ballo delle candidature e dei veti incrociati. Con un occhio ai grandi temi della città in cui rischia di entrare anche quello della separazione tra Ve-
nezia e Mestre. Un argomento che ripropone per la quinta volta, ma che stavolta ha tutta Paria di essere rilanciato in termini diversi, visto che sullo sfondo si staglia l’orizzonte della Città metropolitana. Con un sindaco metropolitano che potrebbe anche non essere veneziano.

veneziano classe ’66, laureato in ingegneria a Padova è imprenditore nel settore della logistica, sia come agente marittimo che spedizioniere. È raccomandatario marittimo, broker assicurativo e direttore tecnico di agenzia viaggi. Ricopre la carica di presidente nazionale di Federagenti, l’associazione nazionale degli agenti raccomandatari. È consigliere regionale di Fiavet Veneto, l’associazione degli agenti di viaggio.