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Quanti sono gli abitanti di Venezia? Domanda all’apparenza banale e di facile soluzione: un paio di click per collegarsi all’anagrafe comunale e si conosce la risposta. Purtroppo non è così facile. Venezia è una “strana città” sotto ogni punto di vista. In particolare da quando il fascismo ha deciso di creare la Metropoli sopprimendo una serie di realtà amministrative autonome di antica data. I due casi più celebri sono Mestre e Murano.

Nota: da questo punto di vista chi è favorevole alla divisione punta a ripristinare una situazione preesistente, niente di nuovo insomma.

Tornando alla questione del numero degli abitanti, bisogna iniziare con qualche distinguo.

Premessa di metodo: lo mi limito al problema del momento e cioè allo spopolamento della Città Antica o Centro Storico vero e proprio. Niente “territorio comunale” o “laguna” quindi ma Venezia in senso stretto.

Per fortuna, in materia si dispone di serie complete di rilevazioni statistiche. Nessun dubbio, dunque, la città si svuota. Al posto degli appartamenti dei residenti fioriscono “seconde case”, “affittanze temporanee”, attività turistiche varie. La casa, si dice, è diventata un miraggio per i veneziani perché troppo costosa a causa delle speculazioni immobiliari. Per invertire la tendenza bisogna aggredire l’”emergenza abitativa”. Ne siamo sicuri?

Prima osservazione: la città ha vissuto spesso in passato fasi di riduzione, anche drastica, della popolazione, seguite prima o poi da periodi di crescita. Come ogni altra al mondo.

Seconda osservazione: al pari di ogni altro centro urbano pure quello veneziano sta sperimentando il fenomeno della “specializzazione” delle aree cittadine. Succede che le funzioni direzionali, commerciali, artigianali, del terziario “avanzato” e vi dicendo tendono a non mescolarsi più, spesso sovrapponendosi com’era la norma nelle città del passato. Antiche, medievali, rinascimentali e via dicendo.

La considerazione introduce un aspetto trascurato nella discussione sull’”emergenza abitativa”: le persone abitano dove lavorano o, almeno, il più vicine possibile. E’ il lavoro, quindi, il vero fattore aggregante, il centro di gravità di ogni realtà urbana. Non per nulla il panorama umano di Venezia sta mutando sotto i nostri occhi. Quotidianamente. Se ne vanno i vecchi residenti e al loro posto, spesso, subentrano i “nuovi veneziani”: gente talvolta in “transito temporaneo”, delle altre con prospettiva di fermarsi a lungo, forse per sempre.

Si tratta della nota questione dei c.d. “cittadini equivalenti”, vale a dire di quanti vivono e lavorano in città pur avendo la residenza altrove. Un fenomeno che interessa un numero elevato di “nuovi veneziani” la cui attività lavorativa è collegata alle numerose istituzioni, in particolare culturali, presenti in città. Controllando gli allacciamenti delle utenze domestiche, qualcuno li ha calcolati in non meno di 7.000 unità stabili. Al numero vanno poi aggiunti i tanti “fuorisede” a vario titolo. Cominciando da quanti gravitano sulle tre università, Ca’ Foscari, IUAV, Accademia.

Insomma, i “veneziani” non sono solo i 57.000, più o meno, “residenti ma un numero imprecisato di sicuro superiore. E la loro presenza è legata al lavoro.

Ho accennato al “pendolo” demografico della città. Spopolamenti seguiti da ripopolamenti. Sarebbe curioso indagare sulle origini dei 57.000 residenti ufficiali. Credo si scoprirebbe che, in base alla tri-ripartizione in uso nella Serenissima Repubblica (patrizi/cittadini originari/”foresti”), buona parte di loro non rientrerebbe in nessuna delle prime due categorie, vale a dire le uniche alle quali si poteva applicare l’etichetta di “veneziano” a pieno titolo. In altri termini, si tratta dei discendenti di altri “ripopolamenti”, persone venute da fuori, in genere dalla Terraferma… cioè la “campagna” per usare un’espressione tipica del Centro Storico. E venute qui per lavorare. Cioè quanto accade anche oggi.

La questione della residenza nella “strana città”, dunque, è preceduta, perché ne è la conseguenza, dal nodo lavoro: creiamolo in laguna e avremo come “effetto collaterale” il ripopolamento. Ha funzionato così in passato, si tratta della dinamica normale ovunque, lo sarà di nuovo domani. Dal tipo di lavoro creato, poi, dalla sua qualità, dipenderà il genere di “nuovi veneziani” che avremo.

Ritengo questa la vera sfida da vincere per il futuro di Venezia: voi che ne pensate?