Non ci capisco niente! È questo il grido urlato da molti elettori del PD. Forse esprimo con pedestre ignoranza le paure, le ansie, lo sbigottimento della gente comune che non riesce a spiegarsi le manovre di palazzo. Ma quello che sta succedendo in questi giorni è davvero incomprensibile. Molti di noi si erano convertiti a un nuovo modo di fare politica sorretto da una leadership forte e carismatica. Sembrava l’unico mezzo per vincere. Finalmente vincere. Senza larghe intese di governo e larghe offese per l’elettorato, senza tradimenti e compromessi. È per questo che Renzi, il neo-presidente del consiglio incaricato, ha avuto un consenso così vasto alle primarie del PD. Costituiva per molti l’ultima spiaggia. E i discorsi che faceva sulla legge elettorale, sulla riduzione dei costi della politica, sullo stato sociale avevano convinto molti di noi. Si era quasi creata una spirale virtuosa grazie alla quale ci si era progressivamente convinti che questa fosse l’unica via percorribile. Io stessa avevo dichiarato, su questo blog, la mia conversione alla politica del sindaco fiorentino, ancorché me ne sentissi distante. Ma c’è un limite a tutto!
Sembra passato molto tempo da quando il neo segretario aspirava all’abbraccio del suo elettorato che lo avrebbe di lì a poco incoronato presidente. Solo pochi mesi invece. Settimane, forse. E il suo elettorato ha ricevuto alcune sberle dalle quali farà molta fatica a riprendersi. L’accordo con Berlusconi: politicamente spiegabile, simbolicamente inaccettabile. La sfiducia a Letta: una virata inaspettata che ha svelato un’ambizione divorante. Che lascia presagire un futuro incerto, in piena continuità con le acque stagnanti del governo precedente. “E allora” l’elettorato smarrito e tradito si chiede “dov’è il cambiamento? Forse nel dinamismo della persona, nella sua vitalità e nella sua freschezza? E bastano tali doti ad imprimere all’Italia quella svolta di cui ha bisogno?” Certo che no. Non basta cambiare leader della medesima maggioranza perché quella spinta verso l’alto si realizzi. Renzi – voglio sbagliarmi – avrà gli stessi freni, le stesse preclusioni, gli stessi veti subiti da Letta, ad opera di una destra che fa il suo mestiere di destra. Niente di più, niente di meno. Non facciamoci illusioni.
Ma che succede alla faina della politica, al sofista con la risposta pronta e la battuta a portata di bocca? È improvvisamente diventato ingenuo? È venuta impietosamente fuori la sua inesperienza? È forse stato raggirato da poteri più forti e oscuri? Il sindaco di Firenze ha affermato con candore che con questa manovra rischia l’osso del collo. Premesso che siamo molto più interessati al nostro collo e a tutto il nostro apparato scheletrico, ma – mi chiedo – qual è la ratio di una manovra così azzardata?
Qualcuno sostiene – non c’è da stupirsene – che tale manovra, di sicuro suicida per Renzi, si può spiegare solo alla luce di un diabolico piano che funzionerebbe più meno così: con la titolarità del governo si riesce a fare più in fretta una legge elettorale. E a quel punto, lamentando alleati che non gli lasciano fare le riforme, ecco che il nuovo presidente-eroe-martire molla tutti e si va alle elezioni. E lui le vince. Fantasy? Non so. Vedremo.
Dal fascismo all’andreottismo, passando dal craxismo per approdare al berlusconismo. Ed eccoci al renzismo. L’epilogo non è il massimo ma è quanto di meglio ci serve il convento in questa difficile fase storica. Ed io mi sento poco bene.

Laureata in filosofia, ha insegnato Lettere in una scuola secondaria statale in provincia di Milano. Scrive su alcune testate locali dove si occupa di scuola, libri, politica e costume. Ha pubblicato tre romanzi: “Criada” (Astragalo, 2013), “A due voci” (Leonida, 2017), “Fatale privilegio” (ilTestoEditor, 2023)