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‘Olistico, olistica’. Aggettivo non molto usato, ai più piuttosto ignoto; per chi lo usa indica però qualcosa di ben preciso; segue di solito, al femminile, il sostantivo ‘visione’. In definitiva ‘visione olistica’ significa ‘visione d’insieme’ e prima di tutto per farsi capire la si potrebbe sempre chiamare così. Ormai da un paio di decenni, ma forse anche di più, quando si parla di Venezia, specie in vista di nuove elezioni amministrative, ogni commento, ogni parere, ogni critica proveniente da chi la sa lunga immancabilmente si fa precedere o seguire dall’ invocazione accorata: “chi amministra, chi programma o progetta abbia una ‘visione olistica’ della città”, invocazione a volte accompagnata dalla sconsolata constatazione che tale visione, ahimè, manca. Bisognerebbe insospettirsi quando una frase, un inciso, un aggettivo torna e ritorna nei ragionamenti perché il sospetto fondato è che con questa premessa detta e ridetta, con questo tormentone della ‘visione olistica’ si esorcizzino i problemi dell’oggetto in questione, li si allontani cioè, li si scacci, lasciandoli di fatto irrisolti. Per la città di Venezia, il tormentone della ‘visione d’insieme’ è diventato il più diffuso da parte di chi vuole dare importanza e autorevolezza a ciò che ha detto o sta per dire, senza però mai dare soluzioni. Andiamo un pò più a fondo. Se manca ‘una visione’ sulla città una ragione ci sarà pure. E poi manca davvero? Ognuno quando lancia lo strale si rivolge ad altri e pensa di averla, ma non la dice. Non è per caso che manca perché ognuno ha la sua diversa da quella degli altri e metterle insieme è affar serio?

A me pare che le differenze nelle ‘visioni d’insieme’ nascono dal fatto che ognuno dice la sua in modo autoreferenziale, rifacendosi a bisogni, urgenze, priorità che raramente sono ancorati a  punti  condivisi. Da qui nasce la sensazione che ognuno esprima spezzoni di idee senza l’agognato ‘insieme’. E’ questa diffusa autoreferenzialità a creare impasse, stallo nella politica anche a Venezia. Chi si propone in politica dica innanzi tutto qual’è la sua ‘visione d’insieme’, ma, per cortesia, la ancori alla prova che questa visione rappresenti interessi generali e collettivi e ci indichi il suo percorso per dar soluzione ai quei nodi irrisolti che si individuano nella ‘visione’.

A dirla tutta il valutare con sguardo d’insieme dovrebbe essere un prerequisito di chi aspira in politica a conquistare consenso per governare. Il governare in sé stesso parte innanzi tutto dalla conoscenza dei fenomeni del territorio nella loro complessità nel presente per come si presentano ‘qui e ora’ nel loro intreccio. Perché prima di pensare al futuro chi è al potere deve governare il presente, quello che c’è con le sue emergenze ( “primum vivere deinde philosophari”  diceva il detto latino). Ma si sa poi che governare il presente presume il disegno del futuro, se lo stato presente si dimostra con delle criticità che le soluzioni immediate riescono solo a tamponare.  Ed è sulla città del futuro che si giocano le potenziali differenze. Qui lo sguardo d’insieme è d’obbligo, ma chi si cimenta nella sfida elettorale deve spiegare come la ‘sua’ città del futuro si rifà all’insieme, quindi, mi ripeto, come si rifà agli interessi generali dei cittadini; che essi stessi sono un insieme, se ci si riferisce a ciò che la maggioranza di essi vive come problema o come esigenza non soddisfatta; reclamandola come un diritto riconosciuto e sancito ma non applicato.

Luminosi Giorni da un pò di tempo prova a mettere sul tappeto proposte su singoli temi per la città e il territorio ( le chiama per l’appunto “la città del futuro”). Non è ancora una visione complessiva. Questa dovrebbe per noi nascere dal dibattito che vorremmo suscitare.

Con un punto fermo tuttavia che è già ‘visione d’insieme’, e non autoreferenziale, perché parte da un dato di fatto, dalla conoscenza del territorio nella sua complessità: il Comune di Venezia insiste su di un’unica città di terra e di acqua. E i suoi cittadini, per questo, formano socialmente una sola comunità. Per chiarire ancora di più: Centro Storico, litorale, laguna, Mestre, Marghera, Favaro, Chirignago e Zelarino sono pezzi di una sola inscindibile città. Questo non è un’auspicio ma prima di tutto una constatazione della complessità del presente. Questa città vive quotidianamente di questa relazione e l’elenco delle prove a favore sarebbe lungo e sempre incompleto. Ogni soluzione quindi va presa mettendo in relazione tra loro le parti, né è possibile dare soluzioni circoscritte a una parte sola. Non solo. Questa relazione si estende a tutta l’area metropolitana che gravita attorno a Venezia e anche quest’area nel suo insieme dovrebbe essere governata unitariamente. Ci si rende conto che questa ‘visione’ unitaria non basta, ma per noi è un punto fermo, è, come si dice, condizione necessaria seppure non ancora sufficiente. Per chi invoca la ‘visione olistica’ questa nostra è una prima risposta diretta che cerca di far chiarezza. La offriamo alla riflessione politica.

E’ un punto fermo che marca già delle differenze per un confronto di posizioni. C’ è storicamente una visione esattamente opposta e in questo caso le due visioni si devono confrontare e scontrare in soggetti politici diversi e contrari; ma c’è chi a parole accetta o si accoda a questa visione unitaria, e poi però poi cerca sempre soluzioni soltanto nei singoli frammenti trattandoli come contesti urbani autonomi e senza connessioni, cercando quindi soluzioni disunitarie. E’ soprattutto questa ‘non visione’ che andrebbe superata e politicamente sconfitta. In nome dello sguardo ‘olistico’.