L’agenda politica della prossima Amministrazione 2015-20 deve – è un MUST – avere al centro questi due temi, che tra loro sono fortemente interconnessi e che a loro volta innervano e determinano molti altri aspetti della politica amministrativa cittadina.
Sembra un refrain il doverci tornare sopra, perché in verità ambedue erano già stati posti come centrali nel programma elettorale del Sindaco Orsoni, solo che, contrariamente a tutte le aspettative, poco o nulla si è fatto in questi 5 anni.
Nel frattempo i residenti nel Centro Storico sono scesi da 62.000 a 58.000, l’Estuario da 30.000 a 29.000 e la Terraferma è rimasta stabile attorno ai 180.000, nonostante la forte spinta derivante dall’immigrazione soprattutto extracomunitaria. Un Comune che nella sua globalità è sceso sotto i 270.000 contribuendo in maniera “poco significativa” (è un paradosso da considerare) al totale della popolazione della neo-costituita Città Metropolitana che assomma a qualche decina di migliaia di abitanti sopra gli 800 mila (848.000). E’ la seconda più piccola Città Metropolitana d’Italia, davanti solo a Reggio Calabria, e, a parte Genova che ha lo stesso peso, distanziata da tutte le altre “medie” CM.
Ora si può discettare sulle curve demografiche, sui trend “inarrestabili” delle fuoriuscite dai “Centri Storici”; si può discettare se Venezia coincida con la città d’acqua con il Centro Storico, se sia ancora al contrario una città compiuta e definita nei suoi confini dettati dalle acque lagunari, nel suo assetto urbanistico e nelle sue funzioni; certo che pur inserendosi in un territorio comunale a dimensione vasta con caratteristiche urbanistiche e funzionali diverse, spesso complementari, certamente mantiene la sua profonda ed ineludibile presenza e personalità, che non a caso la fa città unica al Mondo.
Si può discutere, dicevo, ma non si può rimanere passivamente inerti di fronte a questi trend. Le ragioni sono conosciute da tutti e forse non vale davvero la pena riprenderle.
Non ci sono ricette magiche o conigli che un Sindaco/prestigiatore possa estrarre dal suo cilindro, ma sicuramente qualcosa di positivo si può tentare di fare. Certamente non per riportare la popolazione ai livelli anche solo dei primi anni ’80, quando il noto urbanista Francesco Indovina aveva coniato, per una giunta di allora guidata dal viceSindaco Gianni Pellicani, uno slogan bello ma altrettanto inefficace nei risultati: “Venezia 100.000”. Ma sicuramente bisogna provare ad arrestare il trend al ribasso e fissare la popolazione almeno a quella di oggi.
La Serenissima Repubblica, dopo le pestilenze che decimavano inesorabilmente la popolazione riducendola fino al 50%, si attrezzava ad attrarre i nuovi cittadini con disposizioni amministrative efficaci. Non è questo ovviamente un confronto pienamente calzante, dato il radicale mutamento delle circostanze storiche e politiche, ma un’ispirazione da quell’esperienze si può trarre.
Le leve sono, come sempre, di carattere economico. Va allestito un piano di incentivi e di detassazione “tangibili” per tutti quei nuclei familiari che decidessero di trasferire all’interno del Comune e ancor più all’interno di Venezia la propria residenza; che trasformassero la loro dimora prevalente (sono tutti quelli che in Città ci vivono già per larga parte della loro vita, ma mantengono la residenza altrove e pertanto sfuggono alle rilevazioni demografiche) in residenza.
Si deve valutare anche un piano di incentivazione/disincentivazione per l’utilizzo ad uso abitativo residenziale del patrimonio privato (affittanze al posto di uso turistico).
L’uso del patrimonio abitativo pubblico sfitto e/o abbandonato, per mancanza di fondi per il restauro, potrebbe essere un’altra delle leve da utilizzare per attrarre nuovi residenti allestendo un piano di concessioni a lunga durata (2 generazioni?) con il duplice vantaggio: il ripristino delle qualità abitative degli appartamenti e l’acquisizione di nuovi residenti.
Sono solo due/tre idee, che non sono nuove ma che vanno verificate tecnicamente, giuridicamente, per capire in che forma e in che modo potrebbero essere rese praticabili; sicuramente un approccio efficiente – e qui si dovrebbe aprire il capitolo della capacità produttiva della macchina pubblica – renderebbe efficace una azione politica che qualificherebbe, da questo punto di vista, stabilmente Venezia.
Anche perché, a differenza dei nuclei urbani di terraferma, lo spazio fisico per nuova edificazione all’interno della città d’acqua è stato tutto esaurito fin dai tempi del ventennio (S. Elena), poi negli anni ‘50/60 con le case popolari di S. Marta, nei più recenti anni ‘80/90 la riqualificazione edilizia della Giudecca ha portato un’iniezione importante di nuova residenza e da ultimo l’edificazione dell’area Saffa a Cannaregio. Ma adesso non c’è rimasto più niente di edificabile e di conseguenza va valorizzato quello che c’è e incentivato l’uso abitativo anche del patrimonio privato.
Mettiamoci al lavoro, Venezia deve vivere!

Veneziano, con i piedi nell’acqua, dalla nascita (1948). Già Amministratore Delegato di una Joint Venture italo-tedesca di accessori tessili con sede a Torino. Esperienze di pubblico amministratore nei lustri passati. Per lunghissimi anni presidente del Centro Universitario Sportivo di Venezia (CUS Venezia)