Poco meno di un anno fa gli arresti di Mazzacurati e Baita avevano messo in luce un meccanismo di produzione di fondi neri da parte del Consorzio Venezia Nuova che non aveva altra spiegazione (http://www.luminosigiorni.it/2013/07/un-male-necessario/) che essere funzionale ad un giro di tangenti e corruzione. Cosa emersa puntualmente in questi giorni ma in pochi ne avrebbero immaginato le proporzioni ed il livello dei personaggi coinvolti. Il che ha suscitato una corale ripugnanza ed un senso di schifo nella totalità dell’opinione pubblica a cui mi associo senza meno. Ha dato anche, comprensibilmente, la stura ad una valanga di commenti e reazioni. Molte osservazioni condivisibili ma molte, e colossali, sciocchezze anche da parte di commentatori autorevoli.
Vorrei tentare di mettere qualche puntino sulle i.
Primo punto: il coro assordante e francamente stucchevole dei “l’avevo detto io che il MOSE è un’opera inutile e dannosa”. Si può certo legittimamente ritenere che il MOSE sia stata una scelta sbagliata. Io penso il contrario ma è irrilevante. Ma non è ne’ logico, ne’ corretto, ne’ onesto intellettualmente dire che il MOSE è un’opera sbagliata perché sono emerse delle tangenti. La sua validità o meno va giudicata esclusivamente in base al quesito se sia stata la scelta opportuna per salvare Venezia dalle acque alte. Se ne può discutere l’efficacia o i costi, si può sostenere l’esistenza di alternative migliori ma i due piani del merito dell’opera e la legalità sono logicamente distinti e tali devono rimanere. Altrimenti davvero non ci si raccapezza più, le tangenti diventano un argomento utile perfino a negare l’esistenza stessa del problema acque alte (letto sul sito del Fatto Quotidiano, letterale: i fenomeni di “acqua alta” normali, abbastanza frequenti, da molti anni hanno trovato risposte spontanee da parte dei cittadini, che hanno attrezzato i piani terreni, vi hanno tolto alcune attività, hanno rialzato ed impermeabilizzato in modo permanente i pavimenti ecc…. avete capito?? Teniamoci l’acqua alta, tanto ormai ci siamo organizzati..). A riprova, pensiamo per esempio al Passante di Mestre: se emergesse che anche per il Passante vi è stata una dazione illegittima di denaro (ipotesi, ahimè, con i tempi che corrono nient’affatto inverosimile) si dovrebbe forse concludere che il Passante non era un’opera necessaria?
Secondo punto: non pochi si sono convinti che il MOSE ci stia costando il triplo o il quadruplo a causa delle tangenti. Si leggono a tal proposito cifre assai fantasiose. Facciamo chiarezza: il MOSE, all’atto della sottoscrizione del contratto “chiavi in mano” tra Stato e CVN doveva costare 4800 ML di euro. Successivamente, per l’aggiunta di opere di compensazione ambientale decise in un secondo momento si sono aggiunti 500 ML. Totale 5300 ML. Più un leggero ritocco per revisione prezzi (prassi normale). Non 1 miliardo, non 2 (tutte cifre sentite e lette) e nemmeno 3. 5,3 miliardi. Alla fine ne costerà poco meno di 6. Certo si è sforato, ma non siamo di fronte ad una incontrollata lievitazione dei costi, non per intendersi un altro Ponte di Calatrava, realizzato sotto la (ir)responsabilità, guarda caso, del Comune di Venezia. Ancora: le tangenti. Quelle ad oggi accertate sono 22,5 ML. Gli inquirenti stimano che in realtà possano arrivare alla fine ad essere il doppio. Mettiamo pure, conservativamente, che siano ancora di più, che siano il triplo o quadruplo. Comunque parliamo di decine di ML contro le migliaia del costo complessivo dell’opera. Due ordini di grandezza di differenza. Certo, anche 1000 € sarebbero stati moralmente esecrabili, nessuna discussione in merito. Ma, appunto, sono in ballo la legalità, il rispetto per il ruolo pubblico ed anche, banalmente, una pura questione di “decoro”, non il MOSE macchina mangiasoldi.
Detto quanto sopra, non sfuggo alla questione che questa vicenda (così come l’Expo ed infiniti altri casi in passato) riporta per l’ennesima volta alla ribalta: possibile che ogni grande opera nel nostro Paese vada ad ingrassare dei miserabili che rubano, letteralmente, dalle tasche di tutti? Dobbiamo rassegnarci all’alternativa tra il subire questa maleodorante cloaca o il rinunciare allo sviluppo, ad un’Italia migliore, più efficiente, più sicura, più competitiva? Io mi rifiuto di rassegnarmi e penso che nel nostro Paese si debba e si possa combattere la piaga della corruzione. È una guerra che si combatte su più fronti (solo per citarne alcuni):
- semplificazione normativa e procedurale: poche regole e semplici, applicate draconianamente. Si devono evitare a monte tutte le situazioni per cui all’impresa appaltatrice risulta conveniente pagare anche solo per saltare tempi burocratici o per accelerare adempimenti dovuti: le dichiarazioni di Baita a questo proposito sono uno spaccato molto istruttivo
- rotazione delle cariche per evitare il formarsi di satrapie locali: il casi Formigoni e Galan insegnano. Non sarebbe per esempio utile prevedere anche per i Presidenti di Regione il limite massimo dei due mandati, come per i Sindaci?
- evitare a priori le “tentazioni”: possibile per esempio che funzionari del Magistrato alle Acque guadagnassero con incarichi professionali esterni (la cui attribuzione è assai discrezionale) cifre di molto superiori al loro normale stipendio?
- sistematicità dei controlli di regolarità, segnatamente quando si ha un concessionario unico (situazione oggettivamente “a rischio”): possibile per esempio che il pietrame di costruzione fosse fatturato non dall’effettivo fornitore croato ma da una finanziaria canadese? Ci voleva tanto a capire che qualcosa non andava?
Ma l’intervento più importante e più difficile è invero sul piano etico. Va coltivata la percezione pubblica di un codice etico condiviso, qualunque sia la simpatia politica di ognuno. Politici e funzionari pubblici devono sentire fisicamente su di sé la responsabilità del ruolo ricoperto e il vincolo che deriva dallo stesso. Bene ha fatto Renzi a parlare di alto tradimento: proprio di questo si tratta e come tale dev’essere percepito da tutti. Non si tratta di fomentare istinti forcaioli ma di introiettare un modello comportamentale per cui do the right thing sia un vero e proprio imperativo morale. Sono conscio che siamo un Paese in cui l’etica protestante non è di casa. In cui prevale l’individualismo sull’etica sociale. Ma non ci sono alternative se vogliamo consegnare ai nostri figli una società in cui vivere con soddisfazione. Si può fare. Si deve fare. Parlo da cittadino e da padre di due figli.
Lo dobbiamo ai nostri figli ed ai figli dei nostri figli.

Nato a Venezia, vi ha sempre risieduto. Sposato con una veneziana, ha due figli gemelli. Ingegnere elettrotecnico, ha lavorato all’Enel dal 1987 al 2022, è stato Responsabile della distribuzione elettrica della Zona di Venezia e poi ha svolto attività di International Business Development Manager, lavoro che lo ha portato a passare molto tempo all’estero. È stato presidente del Comitato Venezia Città Metropolitana, esponente di Venezia Una&Unica. È in pensione dal 2022