C’è un tema, molto complesso, che può essere seriamente affrontato, anzi deve essere seriamente affrontato, in questi giorni di interregno: è il tema della capacità di interlocuzione del Sindaco di Venezia, chiunque esso sia, con Roma e con l’Europa.
Banalizzando, la domanda iniziale può essere la seguente: è importante, e quanto è importante, che il Sindaco di Venezia dialoghi con il Governo centrale, e dialoghi con le istituzioni europee? La domanda va posta a tutti coloro che oggi si candidano a guidare la città. E va posta alle realtà – i partiti, le associazioni civiche, i vertici delle categorie… – che si prefiggono di svolgere il ruolo di arbitri nella competizione per Ca’ Farsetti, e prima ancora di “sponsor” di vecchi e nuovi candidati.
La posizione scontata dei “grillini”. Possiamo immaginare di conoscere già la risposta del Movimento 5 Stelle: è molto probabile, infatti, che ai grillini la capacità del Sindaco di dialogare con Roma e con l’Europa interessi in una misura molto simile allo zero. Conta zero per loro, che un Sindaco abbia rapporti e dialogo con il governo centrale o con il governo della UE, almeno fino a quando a Roma e a Bruxelles siedono persone che i pentastellati considerano nemici della loro nuova idea di partecipazione.
Ma gli altri – gli altri partiti, le associazioni, le categorie – considerano importante l’autorevolezza nazionale e internazionale del futuro Sindaco?
Si allarga, dopo il terremoto cittadino, il fronte degli “autarchici”: la capacità di dialogo con Roma del nuovo Sindaco sembra valere zero o giù di lì anche per i tanti nostalgici veneziani, che sognano un ritorno ad una gloria andata, che si recupera, dicono loro, anche con l’indipendenza della novella Serenissima da qualsivoglia potere superiore o altrui.
E nel mondo delle associazioni civiche? Anche qui molti sventagliano l’idea che non si possa essere “nuovi” e “innovativi”, se si hanno troppi legami con i palazzi romani e le sedi europee. Cercheranno anche loro, decisamente, di esprimere un candidato a Sindaco che sia giovane più che esperto, pulito più che autorevole, libero più che legato a qualunque altro consesso che non sia quello locale. Più stanno a sinistra, e più sono convinte che sia molto più importante proporre un candidato, o un Sindaco, che promette cambiamento, piuttosto che un candidato che garantisce di ssere ascoltato ovunque.
Il PD da tempo di autorevolezza esterna non ne ha. E il Partito Democratico? Che importanza dà alla “capacità di interlocuzione romana ed europea” del futuro Sindaco? Mentre sfoglia la margherita del possibile candidato, “il” partito, il partito che governa Venezia da sempre, cerca o no un nome che abbia questa caratteristica poco di moda?
Probabilmente no.
Peraltro, di autorevolezza fuori Venezia non ne aveva il Sindaco dimissionato (che a Roma non aveva voluto o potuto costruire i legami necessari), e non ne hanno i vertici attuali del PD, da tempo troppo naif per poter immaginare quanto siano importanti – per Venezia, non per se stessi – i giusti contatti e la giusta autorevolezza da spendere a Roma e in Europa. La scuola, al riguardo, è quella di Massimo Cacciari. Il quale era dotato di troppe altre qualità per preoccuparsi dell’interlocuzione con il governo centrale e con l’Europa. Il quale di Roma e Bruxelles se ne fregava, specie quando la pensavano diversamente da come la pensava lui. Il quale ai suoi – e la classe politica veneziana da lui è andata tutta a scuola – non ha certo mai insegnato che chi voglia fare il Sindaco a Venezia deve avere autorevolezza anche al di là del Ponte della Libertà.
Eppure Venezia deve vendersi al mondo. Se si esclude la “parentesi Costa”, la politica veneziana ha contato ben poco ed ha avuto ben pochi agganci con i luoghi delle decisioni nazionali ed europee. Un limite che rischia di contrassegnare anche il prossimo quinquennio, se nessuno crede alla necessità di un salto di scala.
Eppure, il compito del prossimo Sindaco dovrebbe essere proprio quello di ricollocare al meglio Venezia nel Paese e nel continente. E ancor di più, di ricollocare Venezia dentro il mondo che conta (Paesi Arabi, Russia, nuove economie dell’Est e del Sudamerica) e che ancora si muove.
Che sia pulito e giovane va bene; ma il nuovo Sindaco non salverà Venezia se non saprà tirar fuori la testa dall’asfissia del localismo e dalle paludi piccolo-veneziane.

Veneziano per costumi, anche se non per nascita, ha cominciato ad osservare e a raccontare la città attraverso gli articoli e le inchieste di GENTE VENETA, di cui è stato caporedattore per dieci anni. Come portavoce del sindaco Paolo Costa, nei primi anni del Millennio ha seguito da vicino alcuni dei grandi progetti per il rilancio di Venezia, dalla ricostruzione della Fenice al processo verso la Città metropolitana, dall’idea del tram a quella della rete dei parchi urbani alla riorganizzazione delle Municipalità dentro il Comune unico. Dal 2005 al 2015 è stato il responsabile culturale del Duomo di Mestre, che ha contribuito a far crescere come luogo di elaborazione di culturale e di impegno civico attraverso eventi e convegni – dove ha portato Gianfranco Fini ed Emma Bonino, il cardinal Ruini e don Colmegna, Jacques Barrot e Vittorio Sgarbi, Massimo Cacciari e Philippe Daverio, Moni Ovadia e Oscar Giannino – e attraverso le pagine del giornale PIAZZA MAGGIORE. Gli stessi temi tornano nel suo blog www.piazzamaggiore.wordpress.it, e nel suo libricino “Venezia. Cartoline inedite”, pubblicato nel 2010.
Da qualche anno segue la comunicazione dell’Azienda sanitaria veneziana.