Ho due figli di età poco superiore a quella di Davide Bifolco, il 17enne ucciso a Napoli da un carabiniere durante un inseguimento. Come credo molti padri, mi sono sentito partecipe della disperazione della madre e sgomento per la sproporzione tra la tragedia e le circostanze tutto sommato banali da cui è originata. E mi sono chiesto il classico: “se fosse successo a mio figlio?”. Domanda che ne ha subito trascinata un’altra “ma a mio figlio sarebbe potuta succedere una cosa simile?”.
La risposta che mi sono dato, con serena consapevolezza, è stata NO. Perché i miei figli alle due e mezza di notte di norma dormono nel loro letto, perché non passerebbe loro neppure per l’anticamera del cervello di andare in tre su uno scooter (senza casco ça va sans dire), meno che meno se uno dei tre è un ricercato dalla polizia e se fermati da Polizia o Carabinieri se la sarebbero fatta sotto, altro che fuggire perché lo scooter non era assicurato.
Sono “bravi” i miei figli, “migliori” di Davide Bifolco? No: molto banalmente sono cresciuti in un ambiente familiare ed in un contesto sociale nel quale certi comportamenti sono semplicemente impensabili. Allora mia moglie ed io siamo stati genitori più bravi dei signori Bifolco? Evidentemente si.. ma altrettanto evidentemente senza alcun merito personale. Perché anche io e mia moglie a nostra volta siamo stati cresciuti in un contesto dove abbiamo assorbito il concetto di rispetto delle regole, della legalità, del timoroso rispetto delle forze dell’ordine e così via. Cosa che con ogni probabilità non è avvenuta per i genitori di Davide. Certo, nel caso degli adulti un minimo di consapevolezza magari sarebbe lecito aspettarsela. A me per esempio ha fatto specie sentire la madre di Davide raccontare che il figlio non faceva niente di male ed era andato semplicemente “a farsi un giro” (a 17 anni a farsi un giro alle 2 e mezza di notte??). Così come l‘assoluta disinvoltura con la quale i familiari spiegavano che i ragazzi non si sono fermati allo stop perché lo scooter aveva l’assicurazione scaduta. Non fermarsi all’alt, non rinnovare l’assicurazione sono percepiti evidentemente come comportamenti del tutto normali e leciti, nella totale inconsapevolezza che, guarda caso, l’assicurazione dello scooter andrebbe pagata, che se ti fermano i carabinieri lo si deve fare, punto e basta.
Ecco, un modo corretto per celebrare lo sfortunato Davide sarebbe denunciare forte che il ragazzo è stato ucciso dall’atmosfera greve di soprusi, sordide furberie, mancanza di regole, di microcriminalità in cui è nato e vissuto. Sul banco degli accusati dovrebbero sedere i pessimi amministratori che hanno lasciato crescere tale maleodorante cloaca sociale, vuoi per insipienza, vuoi per malafede o peggio per interesse. Non certo il giovane carabiniere che ha maldestramente fatto partire il colpo fatale ed al quale gli abitanti del Rione Traiano addossano tutta la responsabilità.
La morte di Davide è una tragedia in sé ed insieme lo specchio di una tragedia ancora maggiore che riguarda il nostro Paese tutto. È il dramma di un Mezzogiorno sempre più alieno dalle regole della convivenza civile, dove lo Stato è di fatto assente e vissuto come un ingombro (fatto salvo quando si tratta di spillarne denari). Purtroppo non si vede l’ombra di un’inversione di tendenza. Anzi, il cancro della diffusa illegalità si sta propagando anche qui. Basta fare una passeggiata per via Piave per rendersene conto…

Nato a Venezia, vi ha sempre risieduto. Sposato con una veneziana, ha due figli gemelli. Ingegnere elettrotecnico, ha lavorato all’Enel dal 1987 al 2022, è stato Responsabile della distribuzione elettrica della Zona di Venezia e poi ha svolto attività di International Business Development Manager, lavoro che lo ha portato a passare molto tempo all’estero. È stato presidente del Comitato Venezia Città Metropolitana, esponente di Venezia Una&Unica. È in pensione dal 2022