Cominciamo con due notizie fresche-fresche: due uomini, due pesi e due misure… parlo di un giornalista ora eurodeputato, Curzio Maltese, e di un magistrato ora sindaco, Luigi de Magistris.
Il primo, editorialista di gran nome, scrittore, fustigatore di costumi e di vizi, altrui ben s’intende, moralista, eletto all’europarlamento, dove gli stipendi sono assai bassi come noto, nella lista di sinistra l’Altra Europa con Tsipras… e che rifiuta di rinunciare al lavoro e ai ricchi emolumenti di giornalista perché questo non rappresenterebbe un “doppio-stipendio”: ah, no?
Il secondo, condannato in tribunale dai suoi ex colleghi e che rifiuta di dimettersi in base alla legge Severino perché… dovrebbero dimettersi i magistrati che hanno emesso una sentenza “politica”!
Insomma, siamo alle solite nel Belpaese: sacrifici, rispetto delle leggi, comportamenti eticamente ineccepibili, tutto questo riguarda sempre e soltanto “gli altri”, ma le regole non si applicano mai a noi stessi. Forse bisogna cominciare ad ammetterlo, non è la società politica bensì quella civile a essere marcia. E lo è per totale assenza di senso civico. Oltre che a una preoccupante mancanza di senso del ridicolo. Questa storia della società civile “sana” contrapposta a una società politica “malata” si è rivelata per quello che è, una colossale bufala. È vero semplicemente quanto sostiene la teoria, la società politica non è altro che l’espressione della società civile. Affermazione ovvia ma che in Italia da anni viene negata.
I politici rubano? Scontato quando il denaro sia l’unica misura del valore dell’individuo e non importi affatto come sia stato guadagnato. Inevitabile quando la corruzione sia talmente estesa da coinvolgere ogni singola articolazione del meccanismo sociale: cerchi un posto di lavoro? Serve una raccomandazione. Hai bisogno di un posto auto al garage comunale? Se conosci la persona giusta l’avrai. Un posto all’asilo? Idem. Un alloggio? Pure. Un plateatico? Se sei amico chiudono un occhio per 18 anni. Devo andare avanti? Non occorre.
La nostra società civile esprime valori annegati in un materialismo bieco, volgare e rivoltante, questa la verità. E allora tutto diventa lecito. Il denaro sporco? Basta sia tanto e diventa per incanto pulitissimo. Ogni riferimento a fatti e persone contemporanee è del tutto voluto. Perché la politica non dovrebbe essere corrotta?
Diciamolo: dagli anni Novanta in poi, “Mani pulite” e affini, abbiamo assistito a un impressionante ricambio di uomini, donne e sigle politiche. Possiamo dire che ci sia stato qualche miglioramento? No. Perché? Evidentemente non basta sostituire i singoli e neppure i “partiti”, il vizio è radicato nella società… civile!
La clava dell’assalto al “Palazzo” è stata utile per impadronirsi di un certo numero di poltrone e partecipare alla spartizione della torta da una posizione di forza, non certo a produrre comportamenti diversi. Anzi. Fatta la constatazione bisogna domandarsi come mai il fenomeno si riproponga con sconcertante regolarità. Perché qualunque tentativo d’intervenire sulle dinamiche che strangolano il paese pare destinato a infrangersi sugli scogli di un tessuto morale marcio fino alle midolla.
Un po’ di Storia aiuterebbe, perché l’equivoco affonda nel nostro passato. Quando Macchiavelli scrive Il Principe in realtà non suggerisce il ritratto del governante ideale ma si limita a descrivere la realtà. Per questo Guicciardini non ha capito niente. Il Principe si comporta così, ha sempre fatto così e continuerà fintanto che una profonda rigenerazione morale non cambi i connotati della società… civile.
Facciamo un esempio banale: le folle che s’accalcano negli outlet, tipo Noventa di Piave, per “arraffare” capi firmati, a prezzi cosiddetti scontati, hanno la minima percezione di comprare prodotti privi di ogni qualità intrinseca, il più delle volte fabbricati in Cina-Vietnam e via dicendo, con l’unico pregio di avere un logo e di pagare quel logo non a un prezzo scontato bensì a una cifra folle per quanto ricevono? La risposta è no. A loro basta potersi sentire addosso il logo tanto desiderato, lo status-symbol che li illude di apparire diversi, e migliori, di quanto in realtà non siano. Il problema è la loro testa non la forma politica dello stato, l’organizzazione costituzionale o altro. Il cuore del dramma italiano sono gli italiani e il loro sistema di valori: sbagliati.
Quando si scopre, poi, che appena il 40% della popolazione legge per lo meno un libro all’anno, a prescindere che questo possa essere una qualche meraviglia di Fabio Volo o le ricette di Benedetta Parodi, forse si ha di fronte una possibile chiave per decodificare l’origine del male. Neppure la nostra presunta grande passione per la tecnologia aiuta: il fatto di spendere circa il doppio dei francesi in giocattoli elettronici, pc+tablet+smartphone avanzatissimi, non si traduce, per esempio, in una maggiore penetrazione di e-book. Semplicemente noi scarichiamo le app più folli e inutili non libri o, meglio ancora, messaggerie istantanee per poter essere sempre connessi con gli “amici”. In inutili, sterminate chiacchierate senza capo né coda. Per diffondere come succede su facebook panzane colossali che acquistano, per il semplice fatto di apparire in rete, forza di verità.
La scuola, poi, ha da tempo abdicato allo sforzo di trasmettere un minimo di informazioni a studenti che definire demotivati, disinteressati, assenti e privi di stimoli è riduttivo. Ben supportati in questo da famiglie che s’intromettono di continuo soltanto per strappare, in qualsiasi modo, voti alti e giudizi lusinghieri: perché questo ti fa “andare avanti”. Sì, ma verso dove? L’unico sbocco possibile è il nulla visto che chiunque incroci per qualunque ragione neolaureati o neodiplomati, rare eccezioni a parte, si rende perfettamente conto del baratro d’ignoranza e di mancanza di personalità delle giovani generazioni. D’altronde a casa si sono nutriti dell’ultimo modello di televisione al plasma, di tablet con connessione 4G ma se togli loro il T9 non sanno scrivere correttamente neppure due parole di fila.
Non bisogna poi meravigliarsi se un politico, per ricevere attenzione e ottenere i voti necessari alla carriera, si limita a urlare dentro un microfono o in una trasmissione televisiva e quando si siede su una poltrona l’unico suo pensiero sia quello di capitalizzare l’incarico rubando a più non posso: il suo brodo di coltura è lo stesso.
Società civile marcia uguale società politica corrotta. Il circolo vizioso da cui uscire è questo. Non avremo mai una società politica degna se non miglioriamo la società civile, cioè noi stessi, emendandoci dalle nostre infinite colpe quotidiane. E non su base volontaristica ma avendo come progetto politico quello di una profonda azione sulla causa del degrado morale del paese, l’ignoranza.
Tanto per cominciare, liberiamoci del Mito inconsistente e autoassolutorio di essere migliori dei politici, non è affatto vero: loro sono come noi siamo. Dopo di che portiamo quel 40% di lettori di libri al 100% e vediamo di dare fiato e voce a qualcosa di meglio di ricette, proverbi e storielle adolescenziali. E rendiamoci conto che prima ancora di essere sbagliati i valori della nostra società civile, oggi, sono ridicoli. Come i milioni di “selfie”, cioè banali autoscatti, in posa da pin-up, fotomodella, cui si assiste a ogni ora del giorno e della notte ovunque. Ridicoli, appunto.

Federico Moro vive e lavora a Venezia. Di formazione classica e storica, intervalla ricerca e scrittura letteraria, saggistica, teatrale. È membro dell’Associazione Italiana Cultura Classica e della Società Italiana di Storia Militare.
Ha pubblicato saggi, romanzi, racconti, poesie e testi teatrali.