Più d’uno si è chiesto se LUMINOSI GIORNI ha una sua linea politica. Il fatto di alternare temi cittadini, regionali, nazionali e generali può certamente disorientare il lettore. Un pezzo della sua linea tuttavia la si desume già da questo continuo voler ampliare e poi tornare frequentemente a ‘zoomare’ sul locale. C’è stata fin dall’esordio della testata ( sono ormai più di 3 anni) una scelta che qualcuno ha definito ‘glocal’, efficace neologismo sintesi di globale e locale; nel senso che solo evitando di guardarsi soltanto il proprio ombelico e alzando talvolta la testa verso l’alto, il proprio ombelico smette di essere tale. Soprattutto se si tratta di Venezia, il cui respiro è o dovrebbe essere molto ampio di per sé. Si potrebbe poi aggiungere che più che per far politica il nostro spazio vorrebbe essere un’officina di pensiero che cerca di creare strumenti per farla. Da fornire a chi di dovere: se non la si riconosce del tutto ciò deriva anche dal fatto che semmai una linea è l’esito di un percorso e non qualcosa di definito a priori. Se non c’è piena riconoscibilità di linea ciò deriva anche da questo voluto stile. Ma non vedersela riconosciuta pienamente è la conferma che si sta lavorando proprio in questo modo. Lo stile voluto della testata è infatti quello della ricerca senza verità precostituite.
La laicità consiste del resto proprio in questo e mi si perdoni un breve inciso etimologico. Laicità. Dal greco ‘ laikòs ‘ significava ‘gente’ ‘ uno del popolo’. Detto così non sembra un termine particolarmente significativo. Il termine acquistava ed acquista senso se però si riflette sul fatto che nel mondo romano da poco cristianizzato e nelle prime comunità cristiane quella condizione di ‘gente ordinaria, normale’ significava il non aver preso i voti religiosi, non essere cioè ‘chierici’ e perciò tenuti in uno spazio separato nelle liturgie; era cioè una condizione, quella laica, distinta da quella del ‘sacerdote’, vale a dire da colui che deteneva il potere religioso ed era il detentore della verità assoluta, attraverso il ‘sacro’, da contrappore e imporre al ‘profano’ della gente ordinaria. Il termine ha poi fatto la sua strada ed è arrivata sino a noi, ma senza perdere questa caratteristica di non essere i laici, a differenza dei sacerdoti, i detentori di una verità assoluta: modernamente quella condizione minoritaria di ‘separati’ dal sacro e privi di verità assoluta viene ribaltata e rivendicata come condizione ottimale: quella dell’ essere sempre in cerca di una verità mai assoluta, ma relativa nella misura in cui ottenuta correggendo sempre il risultato provvisoriamente acquisito, all’insegna del senso critico.
Questa cifra laica la nostra testata la applica infatti per prima cosa ai temi etici che continuamente emergono a livello sociale con molti risvolti nel diritto. Le scelte laiche non sono mai scontate, ma frutto di un percorso dove anche l’alternativa scartata ha una sua dignità e verità seppure momentaneamente minoritaria. Per dire, il divorzio da quarant’anni in Italia è possibile per legge ed è giusto che sia così perché una scelta matrimoniale vincolata a priori, per sempre e assoluta, non è una scelta di libertà. Ciò non toglie che il matrimonio ( ben s’intende civile ) abbia un valore e che vada posto come la formula per approssimazione migliore per la struttura sociale. E così via.
Una scelta laica enuncia verità provvisorie, che nel momento in cui sono enunciate cercano comunque di portare delle prove a loro favore e della tesi sostenuta. Perchè la tesi non sia autoreferenziale. Ci si faccia caso. In ogni intervento su LUMINOSI non c’è mai una affermazione solo assertiva e succede sempre che una tesi sostenuta è seguita o preceduta da argomenti che cercano di comprovarla.
La scelta laica è una scelta pluralista. Questa testata recentemente ha dato spazio a punti di vista che non condivideva. Lo ha dichiarato in premessa prendendo le distanze, ma accettando la pubblicazione. C’è chi ha notato e giudicato favorevolmente questa disponibilità a pubblicare contenuti non condivisi. Non era scontato ed è motivo di soddisfazione che questa apertura sia stata notata. Viene in mente quella frase attribuita a Voltaire e che se anche non fosse proprio sua, come alcuni scettici ritengono, esprime certo il suo pensiero e, modestamente, anche il nostro: “non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”. C’è però una ragione in più nell’aver pubblicato questi interventi: le persone che hanno scritto questi interventi non condivisi dalla redazione sono apprezzati collaboratori che in altri ambiti o anche negli stessi ambiti sanno dare numerosi spunti ed elementi costruttivi funzionali al progetto redazionale. E poi la scelta laica non giudica le persone nella loro globalità astratta, ma per quel che concretamente dicono e fanno in quel preciso momento. Giudica il fatto e non l’autore del fatto. Come dire: oggi non sono d’accordo, domani si e magari anche dopodomani. Dopodopodomani ancora di nuovo no. Non solo. Anche nelle tesi da loro esposte in entrambi i casi si capiva che chi scriveva credeva a ciò che diceva. E fa bene a chi la pensa diversamente, e nello specifico alla redazione di LUMINOSI GIORNI, sentire con secchezza e fermezza altre campane. Non sono suoni che passano senza lasciare il segno.
In conclusione qualcuno si potrà chiedere che cosa c’entra questa laicità con il sostegno neppure troppo celato di questa testata al percorso politico di Matteo Renzi ad un certo punto dichiarato esplicitamente. Forse che il Matteo sia un campione di laicità ? Sui temi propri della laicità in campo etico non lo si è ancora visto ad una prova seria, se non con qualche dichiarazione solo promettente. In verità non si può negare che per quanto ci riguarda molti punti a favore Matteo se li è acquistati con il suo impegno per il rinnovamento radicale della classe politica, in primis del suo partito. E ogni scelta di rinnovamento, soprattutto se messa in partica come lui ha fatto, è di per sé laica perché sfida l’assolutismo della conservazione soprattutto della casta politica ‘sacerdotale’ sempre determinata ad autoperpetuarsi. Non nego neppure che questa dichiarata lotta all’apparato soprattutto del suo stesso partito, giudicata come grande novità positiva e novità politica di prim’ordine, abbia fatto mettere in secondo piano il giudizio sul suo orientamento politico in campo economico e sociale. L’abbattimento del sistema di potere della partitocrazia in Italia ci ha fatto dare priorità e l’abbiamo considerata la madre di tutte i rinnovamenti politici. Su questo punto Matteo segna un punto a favore perché la spallata c’è stata. Su tutto il resto il giudizio è a termine. Le sue sono scelte contro corrente nei confronti di una sinistra ‘ancien regime’ che aveva ed ha molti caratteri ideologici non troppo laici e molto sacerdotali. Ma siccome la laicità è anche pragmatica, il filtro del giudizio sull’operato di questo governo e del suo attuale premier dovrà passare al vaglio dei risultati concreti. Il fatto che la sinistra ‘ancien regime’ i risultati concreti non li abbia in ultima analisi mai portati a casa in via definitiva neppure a favore della parte sociale di cui si faceva paladina non esime chi pensa di poterli invece ottenere, il Matteo appunto, dal doverli raggiungere, almeno in parte, in tempi non indefiniti e ragionevolmente prossimi. Se così non fosse, essendo ogni fiducia a termine, LUMINOSI ricomincerà a cercare altrove ancora e ancora. Senza buttare del tutto a mare ciò che comunque di buono, per quanto poco, era stato orttenuto. Perché non si ricomincia mai proprio da zero.

Carlo Rubini (Venezia 1952) è stato docente di geografia a Venezia presso l’istituto superiore Algarotti fino al congedo nel 2016. Giornalista Pubblicista, iscritto all’albo regionale del Veneto e scrittore di saggi geografici, ambientali e di cultura del territorio, è Direttore Responsabile anche della rivista Trimestrale Esodo.