By

La celebrazione della Caduta del Muro di Berlino si sta tenendo oggi ,9 ottobre, un po’ ovunque e naturalmente in primis in Germania. E la si celebra con accenti diversi e vari.

Quella data, il millenovecentottantanove, ha un valore storico sia per ciò che richiama in sé stessa, l’unificazione tedesca e la fine dei regimi dell’est, sia per altri avvenimenti concomitanti che di quella data fanno uno spartiacque decisivo. Infatti subito dopo l’ottantanove la creazione di nuovi inediti stati ha cambiato la mappa geopolitica dell’Europa come era accaduto con queste proporzioni solo dopo la Prima Guerra Mondiale. Ma ancora. Di lì a poco le nuove tecnologie legate all’elettronica e alla telematica sarebbero esplose cambiando i connotati del pianeta intero, nelle comunicazioni e di conseguenza nella società divenuta planetaria. Aveva perciò visto giusto Eric Hobsbawm nel porre nell’ottantanove la vera fine del novecento, un secolo di soli sette decenni, perciò ‘breve’, cominciato con la Grande Guerra.

Ma l’ottantanove si presta ad altri richiami storici e conferma che è una cifra che ricorre da duecento anni con regolari scadenze. Venticinque anni fa a Berlino simbolicamente crollava per sempre in Europa il comunismo come pseudo forma politica della democrazia. Il più grande equivoco sulla democrazia , la sua ‘lettura’ equivocata, aveva compiuto una parabola di due secoli esatti dall’evento che del tutto involontariamente l’aveva, anche se a lunga distanza, indotto, la Grande Rivoluzione di Francia. La Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino, stilata subito dopo il 14 luglio del millesettecentottantanove, resta ancor oggi la base della democrazia moderna in tutto il pianeta e la base di tutte le costituzioni democratiche, a cominciare da quella francese approvata due anni dopo. Perché colloca al centro di ogni processo democratico il vero  artefice del potere popolare, il Cittadino, messo nell’unica possibile condizione di uguaglianza insieme a tutti i suoi pari, vale a dire di fronte alla legge. Poi si sa che invece le letture e le mistificazioni dell’idea di uguaglianza già di li a pochi anni, nel corso della medesima rivoluzione, avevano cambiato i connotati a tale idea, interpretandola ed imponendola come livellamento economico assoluto, gestito da uno stato sempre più autoritario ed elitario. Il quale non poteva che gestirlo se non attraverso il terrore. Da questo punto di vista il giacobinismo esasperato di Saint Just e Robespierre e la loro nuova costituzione ad esso ispirata passò realmente direttamente come un filo rosso, come un testimone di mano in mano fino al terrore staliniano, l’aggiornata interpretazione nel novecento del livellamento, quello imposto autoritariamente dallo stato. Con la negazione del valore principale dell’ottantanove francese, la libertà individuale e dei popoli. Un figlio illegittimo della democrazia, dove aveva potuto, nell’Europa dell’est, aveva ucciso la madre.

Quindi l’ottantanove berlinese ha messo veramente la parola fine all’equivoco, quantomeno in Europa. E ha liberato in via definitiva, dandole nuova vita, l’idea autenticamente rivoluzionaria di democrazia consacrata due secoli prima, quella che mette insieme libertà ed uguaglianza, due binomi inscindibili, garantite dal diritto che gli uomini, appunto liberamente, si sono dati.

C’è poi un altro ottantanove, posto ad equidistanza tra i due e su cui si riflette poco. Ed è quello dell’ottocento. Nell’anno dell’Esposizione Universale, l’ottantanove ottocentesco, l’edificio più alto del mondo di allora, la Tour Eifel, venne eretta tutta interamente in ferro per celebrare la scienza e soprattutto le nuove tecnologie che l’evento espositivo voleva innalzare a paradigma di progresso umano. Ma evidentemente, oltre al tema, la sede, Parigi, e quella data non furono casuali. Si era nel centenario della Rivoluzione e scienza e tecniche venivano, a ragione, viste e valorizzate come l’adempimento di un processo di liberazione delle energie umane che l’ottantanove settecentesco aveva messo in moto attraverso quella libertà progressiva che gli uomini stavano, nonostante tutto, acquisendo. Si celebrava cioè il nuovo Homo Faber, l’uomo che riscatta la sua condizione anche attraverso le grandi opere utili e indispensabili per gli interessi generali dei cittadini. E’ l’uomo che ‘fa’ il mondo.

Viviamo oggi in un mondo globalizzato che attraverso la rivoluzione informatica ha acceso opportunità nel mondo intero, ma contemporaneamente attraverso l’economia e soprattutto la finanza, ha determinato uno stato di crisi socio economica generalizzata che dura ormai da anni. Ritrovare le energie liberate nei tre ottantanove per guardare avanti non può bastare a superare la crisi, ma può servire a farci dire a chiare lettere che il mondo indietro non torna. E che c’è una direzione di libertà progressiva che prima o poi si riprenderà a seguire. Bisogna crederci.