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Oliviero Toscani è un “creativo”. Ha vissuto in (e campato di) un mondo in cui la percezione del valore e del successo delle persone è puramente immateriale. Non si misura in titoli accademici, non si basa su fatturati o su risultati produttivi, nemmeno in consenso popolare… La vera, unica, misura della propria rilevanza è la notorietà. Si cognoscor, sum potrebbe essere il suo motto, parafrasando Sant’Agostino. Toscani esiste nella misura in cui si parla di lui. Non stupisce che abbia sempre affidato la sua fama ad una cifra stilistica (se così si può dire) sempre sul filo della provocazione, della ricerca dello stupore. Se non si parla di lui, scompare semplicemente dalla scena, dimenticato.

Destino difficilmente accettabile per chi è, come probabilmente inevitabile nel suo mestiere, un Narciso. Ne ha tutte le caratteristiche: la posa radical chic, il sorrisino di sufficienza che a Venezia definiremmo cogioneo, quegli occhietti, nascosti da occhiali sempre trendy, che luccicano compiacimento di sé, l’atteggiamento di condiscendenza verso l’interlocutore.

Una delle tante "provocazioni" di TOscani

Una delle tante “provocazioni” di Toscani

Finiti gli anni delle vacche grasse di Benetton, esauriti da tempo gli echi delle campagne con modelle anoressiche, con condannati a morte e quant’altri, aveva un disperato bisogno che si tornasse a parlare di lui. In questa luce va letto l’insulto ai veneti che ha affidato alla trasmissione radiofonica “La Zanzara”: «I veneti sono un popolo di ubriaconi. Alcolizzati atavici, i nonni, i padri, le madri. Poveretti i veneti non è colpa loro se uno nasce in quel posto, è un destino. Basta sentire l’accento veneto: è da ubriachi, da alcolizzati, da ombretta, da vino». Attacco deliberato, consapevolmente greve, con il chiarissimo intento di offendere al di là del merito dell’opinione espressa, peraltro ridicola. Il cui unico scopo era appunto suscitare polemiche.

Purtroppo il Governatore della Regione, Luca Zaia, ha abboccato all’amo: indignazione e richiesta di scuse a stretto giro. Ed il Nostro non aspettava altro che approntare la fase 2 del suo piano di autopromozione: una lettera di presunte scuse in cui tutto fa tranne che scusarsi anzi irride la controparte sproloquiando della sua doppia natura di illuminista e leghista,  si professa lombardo ma anzi, no, toscano, cita Baudelaire e filosofeggia un tanto al chilo dimostrando un ego ipertrofico. Ahimé, Zaia ha reiterato l’errore annunciando addirittura una specie di sondaggio pubblico se tale delirio debba o meno considerarsi una scusa. Così assicurando al Narciso qualche altra comparsata in TV in cui, tuttologo in servizio permanente effettivo, ci onorerà della sua augusta opinione sui più disparati argomenti (senza averne alcun titolo).

No, caro Zaia, la sola risposta da dare a questo pataccaro è ignorarlo: il silenzio. E con il silenzio la condanna all’irrilevanza.

E conscio della mia contraddizione (dico che va ignorato ed io stesso ne parlo..) mi taccio subito.