Si sono celebrate le elezioni in Gran Bretagna. Questi i risultati dei principali partiti:
partito | % | voti | seggi | % seggi | voti/seggi |
Tories | 36,9 | 11.334.920 | 337 | 51,84 | 33.635 |
Labour | 30,4 | 9.347.326 | 232 | 35,69 | 40.290 |
Liberal | 7,9 | 2.415.888 | 8 | 1,23 | 301.986 |
SNP | 4,7 | 1.454.436 | 56 | 8,62 | 25.972 |
Ukip | 12,6 | 3.881.129 | 1 | 0,15 | 3.881.129 |
Anche una lettura frettolosa rivela che il sistema elettorale britannico fa letteralmente strame della “volontà popolare”, atteso che questa sia riflessa dalla proporzione dei votanti. In sintesi:
- i Tories ottengono la maggioranza assoluta dei seggi con il solo 36,9% dei voti. Se poi si considera l’elettorato totale (dato questo talvolta esageratamente enfatizzato ma pur sempre significativo), ovvero 46,4 milioni di aventi diritto, se ne deduce che i Tories hanno la maggioranza assoluta in Parlamento con il consenso di meno di un suddito di Sua Maestà su quattro.
- il numero medio di voti per ottenere un seggio evidenzia difformità mostruose: meno di 26 mila voti per lo Scottish National Party a fronte di quasi 4 milioni per Ukip (fermo restando che non ho nessuna simpatia per questo partito ma ciò è ovviamente irrilevante). Ma anche senza considerare questo caso limite, i Liberali sono a più di 300 mila voti per seggio, dieci volte di più degli indipendentisti scozzesi.. una follia.
Tutto questo è il frutto del sistema maggioritario per seggio uninominale, in Italia considerato da molti il non plus ultra dell’espressione democratica. L’appena approvato Italicum con la soglia del 40%, il ballottaggio e il conto “vero” dei voti senza la deformazione del the winner takes all per ciascun collegio è estremamente più rappresentativo della volontà popolare (con il vantaggio peraltro di assicurare un vincitore, cosa che il sistema britannico non fa).
Ebbene, mentre Oltremanica le uniche conseguenze politiche del voto sono state le dimissioni immediate dei leader sconfitti, in Italia l’approvazione dell’italicum ha provocato alti lai di proteste, si è parlato di golpe, di deriva autoritaria, di democrazia in pericolo ed altre amenità del genere. Ma chi sono questi esegeti della volontà popolare, questi solerti custodi delle tradizioni democratiche? Vediamone i più rappresentativi.
Ci sono i grillini, ai quali va riconosciuta la coerenza di aver sempre sparato ad alzo zero sulla legge (come su tutto ciò che ha fatto questo governo). Peccato però che abbiamo come controproposta una legge (passata gloriosamente al vaglio dei fedeli della Rete, ça va sans dire) che è più complicata degli algoritmi della NASA. Impraticabile. Poi c’è quel che resta di Forza Italia, sulla cui credibilità stendiamo un velo pietoso avendo questa convintamente votato l’identica legge al Senato (che poi un uomo mite e ragionevole come Brunetta parli di arroganza, di indebita prova muscolare di Renzi beh.. attiene più all’avanspettacolo che alla politica). Infine la componente più interessante: la minoranza PD. Che, a vario titolo, raccoglie la ex nomenclatura del Partito ed i loro fedelissimi. I quali sono preoccupatissimi dal capilista bloccato, paventano l’avvento del partito unico, invocano (invocavano) una pausa di riflessione ecc. ecc. Gli stessi personaggi, più o meno e con infinite sfumature, erano altresì molto preoccupati per i diritti dei lavoratori violati dal Jobs Act ed hanno passato notti insonni pensando al ridimensionamento del ruolo del Senato (e già si preparano alla madre di tutte le battaglie per l’ultimo passaggio della riforma costituzionale).
In realtà la vera colpa di Italicum, Jobs Act e riforma del Senato è di essere targati Renzi, responsabile di avergli sfilato dalle mani il partito (la ditta…), ovvero il giocattolo con cui per anni si sono baloccati inconcludentemente e di averli resi di fatto ininfluenti (li ha precisamente rottamati). Insomma, nel PD c’è stata una pura battaglia di potere. Vinta, anzi stravinta, da chi era giusto la vincesse. E persa da chi era tempo che la perdesse e che merita la cruda franchezza con cui Renzi in questi giorni si è rivolto alla “Sinistra masochista che ama perdere”.
Va peraltro riconosciuto al PD di essersi dotato di strumenti tali da consentire il rinnovamento dei suoi dirigenti, di essersi cioè dimostrato contendibile anche da un “alieno” del tutto non organico alla classe che occupava da anni la stanza dei bottoni del partito. Non è merito di poco conto. E forse non è un caso che, oltre al PD, l’altro partito il cui consenso elettorale appare con il vento in poppa sia la Lega Nord, altra formazione che ha dimostrato la stessa capacità, ovvero ha visto l’imporsi di una nuova leadership tramite procedure formali codificate.

Nato a Venezia, vi ha sempre risieduto. Sposato con una veneziana, ha due figli gemelli. Ingegnere elettrotecnico, ha lavorato all’Enel dal 1987 al 2022, è stato Responsabile della distribuzione elettrica della Zona di Venezia e poi ha svolto attività di International Business Development Manager, lavoro che lo ha portato a passare molto tempo all’estero. È stato presidente del Comitato Venezia Città Metropolitana, esponente di Venezia Una&Unica. È in pensione dal 2022