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Dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948 e sottoscritta da tutti i paesi entrati a far parte dell’Organizzazione… quindi anche dall’Italia e dai vari stati dell’Unione Europea, nessuno escluso.

Articolo 13

  1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
  2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese.

Mettere la propria firma in calce al documento non è stato difficile. Chi mai avrebbe mai negato la validità universale del testo richiamato. Già. Però…

… un diritto è tale in quanto sia effettivamente godibile. Altrimenti è vuota enunciazione.

Facciamo un esempio concreto: nella Carolina del Sud, uno degli stati fondatori degli USA, la libertà personale era considerata inviolabile e nessuno poteva essere incarcerato o comunque limitato nell’esercitarla senza un ordine espresso di un giudice. Davanti al quale poteva ricorrere per vederla tutelata se un qualsiasi organismo, in particolare la polizia, pretendeva di sospenderla a proprio arbitrio. Si tratta del celebre habeas corpus tanto caro alla common law anglosassone.

Questo era vero anche nel 1860. Vale a dire dieci anni dopo la morte di John Caldwell Calhoun, uomo politico e pensatore considerato tra i maggiori della prima metà dell’ottocento americano. Il quale aveva sostenuto, nel saggio The Pro-Slavery Argument, niente meno che la schiavitù faceva “bene” agli africani, deportati nelle piantagioni americane, perché… li “inciviliva”. Si tratta di un approccio ben noto, del resto, e ripetuto ossessivamente da tutti quanti vogliano imporre il proprio dominio: lo fanno per il tuo “bene”.

L’habeas corpus, pertanto, nella Carolina del Sud del 1860 valeva per tutti tranne che per gli schiavi. Loro, gli schiavi, d’altronde non erano considerate persone ma proprietà di un padrone. Al massimo, il problema della loro ingiusta detenzione poteva riguardare quest’ultimo, che si vedeva sottratto uno strumento “fungibile”. Certo, se non “serviva” a nulla, lo schiavo lo si poteva anche lasciare morire.

Gli USA hanno per primi proposto d’inserire la Dichiarazione, con la formulazione sopra riportata, tra i documenti fondanti l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ancora in quel 1948 nel quale ai discendenti degli schiavi di Calhoun poteva tranquillamente succedere di tutto. A Charleston come a New York. A Charleston di sicuro correvano più pericoli.

Oggi una barriera supersofisticata corre lungo il Rio Grande, confine con il Messico, per impedire l’ingresso negli Stati Uniti di quanti abbiano deciso di lasciare il loro paese. Il più delle volte a causa di violenza, miseria, droga, corruzione, quant’altro.

L’articolo 13 della Dichiarazione, pertanto, è pura enunciazione, parole, non seguita dalla possibilità di goderne, i fatti del titolo. La libertà è proclamata ma non praticata.

E in Europa?

Inutile negare che volevo arrivare qui. Se Atene piange, Sparta non ride o, per essere precisi, se Messenia piange, Sparta non ride, come scrisse originariamente nell’Aristodemo Vincenzo Monti…  Le nostre cronache sono piene della querelle sui migranti che arrivano a ondate attraverso il mediterraneo. A Ceuta la Spagna ha alzato una barriera del tutto simile a quella americana sul Rio Grande. Le immagini del tunnel sotto la Manica hanno fatto il giro del mondo. In realtà, l’Europa si percepisce come una fortezza assediata. I trattati? La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo? Parole…

In base a questa, infatti, non si potrebbe negare a nessuno in fuga l’ingresso in uno qualsiasi degli stati dell’Unione. In base ai trattati, a nessuno una volta entrato si dovrebbe proibire di spostarsi. L’una e gli altri hanno come base principi irrinunciabili della coscienza occidentale, cioè in primis europea. Rinunciarvi significa venire meno alla propria storia e cultura, cioè all’identità. Sfida impossibile.

Problema risolto, allora?

Neanche per sogno. Perché l’Europa, così come gli Usa e l’Australia che senza tanti complimenti rimorchia le navi dei disperati in alto mare, in realtà sono davvero fortezze assediate: sono le isole ricche prese d’assalto dai miseri del pianeta. La povertà si è messa in cammino. Fermarla con le barriere? Impossibile. Non ci è mai riuscito nessuno.

Un esempio storico banale? Roma. A sud delle Alpi le chiamiamo invasioni barbariche, ma, attenzione, a nord, vale a dire in Germania e dintorni, sono migrazioni di popoli. Non ricorda qualcosa? Goti, Svevi, Alani, Franchi, perfino gli Unni e poi tutti gli altri, quindi, sarebbero stati semplici migranti. Come quelli dei barconi. Anche allora, i primi arrivarono alla spicciolata. Le legioni non ebbero eccessive difficoltà a bloccarli. Dopo un po’ cominciarono a costruire il limes: forti scaglionati in profondità, valli in pietra come in Britannia, su cui legioni, alae, numeri, vexillationes e via dicendo facevano perno per alzare una barriera invalicabile. Audaci imperatori, come Traiano, pensarono di risolvere la faccenda penetrando in profondità nel territorio nemico e annientando ogni minaccia. In Dacia, in Mesopotamia… guarda un po’, sempre le stesse zone. Alla fine, però, la spuntarono i popoli migranti. Perché? Niente ferma la miseria se non… il miglioramento delle condizioni di vita a casa propria. Almeno la speranza che questo accada.

La lezione di Roma impone almeno qualche riflessione. Roma vinse e prosperò fino a quando garantì a chiunque cittadinanza e opportunità. Per lo meno, la speranza di un futuro.  Perse sino a crollare quando smarrì se stessa, la sua anima autentica per difendere la quale i legionari erano disposti anche a fasi ammazzare.

Pensateci un attimo: cosa succederà il giorno in cui nessuno sarà disponibile ad alzare la mano a Ceuta come nel Mediterraneo, lungo i Carpazi o per le strade d’Europa? Allora, davvero i Goti entreranno in città… meglio prenderli sul serio i principi, le parole, altrimenti i fatti, ci chiameranno a renderne conto. E saranno guai