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L’anno 2015 sarà il più rovente della storia, da quando esistono serie statistiche attendibili. Il riscaldamento globale procede spedito.

Con la fine dell’estate abbiamo cominciato a consumare risorse che non saranno rimpiazzate. Succede da qualche anno, ormai.

Seconda metà di agosto: la svalutazione dello yuan, e la constatazione che anche la locomotiva cinese si sta fermando, incenerisce circa 2.200 miliardi di euro nelle borse di tutto il mondo. La crisi investe i cosiddetti Brics e fa a pezzi i veri paesi poveri, come Tanzania o Zambia.

Contemporaneamente, il fenomeno della “migrazione dei popoli” provoca contraccolpi formidabili. A suo margine, alcune agenzie Onu parlano ormai di un fenomeno che, su scala generale, vede circa 500 milioni di migranti in movimento nel mondo. Cause? Fame, miseria, guerre.

In questi giorni, la “guerra commerciale” tra le due sponde dell’Atlantico lascia sul terreno il gigante automobilistico Volskwagen e chissà chi altri nel prossimo futuro… spero che nessuno pensi si tratti “solo” della felloneria smascherata di un singolo produttore… le conseguenze? “Incalcolabili” secondo Bankitalia.

E l’Isis? Già, perché negli ultimi tempi la minaccia rappresentata dal cosiddetto “Califfato islamico” pare essere riuscita nel miracolo di spingere Russia e USA a una qualche forma di collaborazione.

Ci siamo nel frattempo dimenticati delle grandi epidemie, per definizione “globali”. Della mancanza di energia, e dell’impossibilità di produrla in modi accettabili, che condanna al sottosviluppo senza redenzione la maggior parte degli esseri umani.

Insomma, con circa 7 miliardi di abitanti, 193 stati rappresentati all’Onu e problemi ormai sempre di statura planetaria qualche domanda sulla “governance”, com’è di moda dire, della Terra sarebbe il caso di porsela. Anche perché…

… si è ormai verificata una straordinaria e per lo più ignorata “rivoluzione del potere”. Cos’è successo? Gli stati non sono più il vertice del momento decisionale, da nessuna parte, perché l’accumulo di ricchezza, con la conseguente capacità di controllo economico/politico, è passato da chi produceva merci e materie prime a quanti speculano, senza soste, sulle reti virtuali delle transazioni internazionali. I “soldi si fanno con i soldi” e questi non sono più in moneta reale, concreta, ma semplici flussi di cifre sugli schermi degli operatori. I quali diventano i grandi burattinai delle fortune politiche oltre che economiche.

Il potere non è più statale, dunque, ma sovrastatale e perde ogni relazione con il territorio. Il potere non si trova da nessuna parte, indecifrabile, sfuggente, minaccioso.

Che fare?

In genere la risposta si cerca in un allargamento del concetto di “stato”. Si sostiene che il tempo dello stato-nazione è ormai tramontato e, per necessità, ci si avvia a costruire entità di maggiori dimensioni: il disperato tentativo di realizzare una qualche forma di Unione Europea ne è la prova migliore.

Certo, per affrontare la tremenda prova della sopravvivenza stessa della specie… eh, sì, perché se a qualcuno è sfuggito ma “consumare risorse che non saranno rimpiazzate” significa nel giro di qualche tempo scatenare una feroce competizione per accaparrarsele… insomma, per tentare di risolvere qualcuno di questi nodi, forse, bisognerebbe fare un passo avanti: dai grandi stati si è passati all’unione di stati, può darsi sia necessario imboccare la strada della federazione delle unioni. Cioè a una sorta di “governo mondiale”, appunto.

Realistico? La storia ci avverte che siamo di fronte a uno dei sogni più ricorrenti e falliti. La minaccia, però, è tale da meritare qualunque tentativo. Anche perché non abbiamo scelta… oppure il tramonto dello stato-nazione rappresenta solo la cartina di tornasole del fallimento conclusivo della forma-stato in quanto tale? Vuoi vedere che alla fine bisogna rassegnarsi a eliminare il concetto di “dominio” e a forgiare l’”uomo nuovo” caro a tanto pensiero utopista? Forse bisogna cominciare sul serio a pensare d’andare in direzione “ostinata e contraria”.