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Cercare di decifrare la ragioni del consenso elettorale grillino è estremamente difficile. Perché la sensazione è che vi sia di tutto un po’ e che spesso il movimento fondato da Beppe Grillo sia solo una naturale evoluzione dei suoi spettacoli teatrali. Di conseguenza forse è più utile leggere questa nuova forza politica cercando di analizzare le esperienze amministrative in cui esso è impegnato. Perché proprio in esse sono contenuti, almeno agli occhi di scrive, il limite e probabilmente la ragione ultima del fatto che mai il Movimento 5 stelle avrà la forza elettorale per governare il Paese.

Governare significa necessariamente concretezza, rapidità decisionale, mediazione. Tre requisiti che mal s’addicono ad un movimento che in apparenza fa della democrazia partecipata e partecipativa la sua forza.

Parma, Livorno, Mira: tre comuni governati dal M5S. Livorno e Mira accomunati da 60 anni almeno di governo di sinistra-sinistra il primo; di sinistra prima e di centrosinistra poi, il secondo. 60 anni che hanno prodotto una forte autoreferenzialità nei partiti di governo da cui sono discesi due aspetti deleteri: il rafforzamento di tanti piccoli (e grandi) gruppi di potere cui i diversi ras locali obbedivano e la distanza, divenuta incolmabile, tra partiti ed elettori. Si aggiunga poi la consueta logica, tipica di certa sinistra, per cui il nemico non è chi sta dall’altra parte ma chi milita nel tuo stesso partito (pare singolare, a tal riguardo, che a Mira, da quando vi è stata l’elezione diretta del sindaco, mai, M A I un sindaco è stato eletto al secondo mandato: il partito di maggioranza relativa preferiva sostituirlo).

Parma uscita con le ossa rotte dagli inenarrabili scandali di cui si sono occupati i quotidiani. Tutti e tre, insomma, con una gran voglia di cambiare pagina. Risultato? Pizzarotti a Parma vien visto da Grillo come un eretico (inceneritore docet).  Nogarin  a Livorno vede la sua maggioranza votargli contro sul bilancio consolidato.

E a Mira? Qui per onestà va detto che ,chi scrive è stato per cinque anni assessore alla cultura, al turismo e agli eventi e vicesindaco dell’amministrazione immediatamente precedente a quella grillina.  Dunque per quanti sforzi faccia mi rendo conto che la mia “lettura” dell’esperienza grillina possa non essere del tutto obiettiva. Ne faccio un’altra di premessa: governare oggi è difficile. Difficilissimo farlo in un comune come Mira: 90 kilometri quadrati di territorio, 210 chilometri di strade, 7 frazioni, due siti UNESCO, un porto industriale (San Leonardo), 40000 abitanti. È evidente che con queste cifre il Patto di Stabilità non è un giogo, è un macigno che ti annega. Però c’è un però….La giunta  che governa Mira è giovanissima: da loro ci si sarebbe dovuti aspettare più fantasia, più immaginazione e coraggio nel reperire risorse necessarie al mantenimento dei servizi.  Ed invece hanno fatto una scelta che chiunque è capace di fare: tagliare, tagliare, tagliare. Così come è facile presentarsi davanti ad altri rappresenanti istituzionali in bermuda e t-shirt (un abbigliamento che a me pare irispettoso del ruolo che si ocupa) è altrettanto facile, per far quadrare i conti, chiudere un polo culturale (e la cultura non è che sia poi in cima al vocabolario pentastellato) di riferimento come quello di Villa dei Leoni piuttosto che sforzarsi di trovare nuove strategie gestionali o chiudere un servizio importante come l’Ecomuseo piuttosto che inventarsi partnership in grado di sostenerlo economicamente.  Insomma: non si vede la differenza che separa una ordinaria amministrazione da una amministrazione innovativa. E la giusta ambizione di chi, comunque, “passa alla storia” (che, magari piccola e insignificante, sempre storia è) per aver scardinato la Stalingrado del Veneto se si trasforma in un totale disconoscimento di tutto ciò che è stato fatto in precedenza diventa un errore fondamentale. Se qualcosa ho capito di politica, è che “quelli che vengono dopo” bene fanno a continuare, almeno in parte, i progetti lasciati da chi li ha preceduti: agli elettori interessa chi li porta a compimento e presto si dimenticano di chi li ha avviati. E quando un sindaco cambia continuamente dirigenti, conferma determinate posizioni organizzative di mese in mese; quando sostanzialmente mostra di “non fidarsi” della propria macchina amministrativa commette un altro errore fondamentale: la quasi totalità della propria azione passa necessariamente attraverso dirigenti, posizioni organizzative, impiegati. E se costoro vedono “lesa” la loro professionalità ….

Insomma: il NUOVO sotto la cui bandiera si riconoscono i militanti grillini, se vuole essere efficace, non puo banalmente concretizzarsi in un cancellino che restituisce il nero ad una lavagna dove, negli anni, tanti hanno lasciato importanti segni. Non si amministra così un comune esattamente come non si giudica un giocatore da come tira un calcio di rigore. Secondo De Gregori un calciatore si giudica dal coraggio e dalla fantasia. E un sindaco? Quale fantasia in una classe politica capace di dire solo no?

Anche la tanto sbandierata democrazia partecipata e partecipativa (quella dei meet up, quella dell’ uno vale uno) confligge inesorabilmente quando è l’ uomo solo al comando (il sindaco in questo caso) che deve decidere. Così accade che una petizione che nel giro di qualche settimana raccoglie 3000 adesioni (quasi il 10% della popolazione complessiva) per chiedere che, a fronte dell’introduzione del sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta, si mantenessero i cassoni comuni per il verde (anziché consegnarli singolarmente) venga a priori rifiutata perché, secondo due consiglieri comunali di maggioranza (detto per inciso: la maggioranza dei consiglieri comunali pentastellati del comune di Mira abitano in altri….comuni) vi è il rischio che nei cassoni del verde pubblico finisca ogni genere di immondizia e dunque dando sostanzialmente degli incivili ai propri amministrati (non che non possa capitare, sia chiaro….ma affermare che questo è il motivo del diniego è un po come dire che sarebbe meglio vietare di usare l’auto il sabato sera per evitare gli incidenti ).

Ancora insomma: vi è una naturale contraddizione, quasi una impossibilità di realizzare compiutamente lo schema valoriale, ideologico del partito o movimento in cui militi nel mentre amministri una città (figuriamoci un Paese): se lo riconosci, oltre che mostrarti intelligente, verrai enormemente agevolato. Se lo disconosci prima o poi il tuo elettorato di riferimento vivrà le tue scelte amministrative come dei tradimenti.

Infine: vi è un dato su cui poco fino ad ora ci si è soffermato. Pur veleggiando i 5 Stelle ormai stabilmente attorno al 20%, la percentuale di astensionismo in Italia continua ad essere costante. Cosa significa? Che in realtà i grillini non riconquistano alla politica i delusi o i disillusi o i menefreghisti. Semplicemente erodono il consenso degli altri partiti. Ma così facendo non riescono a consolidare un proprio elettorato e rischiano di perdere quello conquistato. Anche perché si tratta di un elettorato mobile, un elettorato cioè ondivago, che si muove. Facile da raccogliere, facilissimo da perdere. Ed infine vi è la questione delle alleanze. Con chi, ipoteticamente, potrebbe allearsi un movimento che, ad oggi, non ha organi statuari democraticamente scelti, non vuole avere “regole” e con grande facilità riduce al silenzio (espellendole) le voci dissidenti? Forse con la sola realtà per certi aspetti omogenea, la Lega di Salvini. Ma così facendo certamente il M5s perderebbe parte di quel elettorato che, provenendo da sinistra, vedeva in esso un possibile nuovo soggetto,politico. Oltre che ovviamente connaturarsi esplicitamente come un movimento di destra (che, comunque, a chi scrive tale appare) . D’altra parte senza alleanze i grillini comunque non sondano quota 20% . Insomma: in entrambi gli scenari in realtà in un periodo medio lungo il “grilliamo” è destinato a rimanere sempre e comunque una forza di opposizione. Che poi è il ruolo che a chiunque viene meglio svolgere. Perché quando si tratta di governare la faccenda diventa seria, estremamente seria.