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Vorrei qui argomentare su come si possa fondare il bene comune in tutte le circostanze in cui lo si voglia ricercare per fondare soluzioni a quei problemi sociali, etici e politici che ricorrono continuamente, da quello individuale a quello planetario

Può una verità (filosofica, scientifica e religiosa) essere il solo punto di riferimento per orientare una prassi politica autenticamente finalizzata al bene comune? Siamo sicuri che la rivendicazione di un principio veritativo sia il solo presupposto per orientare e realizzare una ‘buona politica’ ?

Il mio dubbio rimane aperto, ma certamente il bene a cui penso è profondamente distante da tutto ciò che pretende di dirsi universale ed eterno. Ho un profondo rispetto per l’intelligenza umana per non accettare che la ricerca del bene comune (sempre diversa e sempre in cambiamento) si attui con  la conferma pratica di una verità già data e presupposta.

Il bene comune è sempre relativo alle parti che compongono un corpo sociale, al tempo, allo spazio, alle persone che ne sono parte. Il bene comune è convenzione, è discussione; è la certificazione di un accordo. Non è la vittoria di una battaglia tra chi ha ragione e chi ha torto su un principio, perchè spesso i principi in causa sono più di uno.

Il bene comune dovrebbe essere sempre il fine da perseguire; ma è un fine che può cambiare nel momento in cui cambiano i soggetti in campo. Non può banalizzarsi in un principio veritativo su base scientifica, altrimenti gli sviluppi della scienza avrebbero dovuto soppiantare da tempo le chiacchiere metafisiche (religiose o filosofiche) che di scientifico non hanno un bel niente e che pretendono di essere anch’esse veritative. Ma non può neppure banalizzarsi su un principio veritativo di tipo religioso o filosofico, perchè anch’esso, in quanto veritativo, pretende una sua universalità ed eternità.

Il bene comune si confronta con diversi principi veritativi, che possono orientare la nostra concezione di bene comune, ma non la possono sostituire. Il bene comune ha a che fare con la contingenza, con la natura storica e temporale di una comunità di persone che vivono insieme e che stabiliscono delle regole appunto comuni. Il bene comune è accettare che esistano diversi ‘beni comuni’, non esportabili con metodi sbrigativi. (la stessa Costituzione Italiana altro non è che una convenzione su ciò che è ‘bene e male per noi’, hic et nunc, ma fuori dal qui ed ora  è carta straccia. Non ha nulla di eterno e immutabile).

Nei manuali di diritto pubblico, la prima cosa che viene spiegata per delineare la distinzione tra il diritto pubblico e il diritto privato è il fine che ogni diritto persegue: il perseguimento di un fine che è comune per il diritto pubblico, e di un fine individuale per il diritto privato.

E mi domando se, nella discussione in merito, per esempio, al concetto di famiglia, oppure su temi altrettanto complessi come l’aborto, le fecondazioni assistite, le fecondazioni artificiali, ma più in generale anche in merito a questioni di politica internazionale, di guerra o di pace, non cerchi di prevalere l’affermazione di un principio assoluto; a discapito del perseguimento di un bene comune molto più complesso, molto più vincolato a compromessi, e più imperfetto di una verità assoluta che per sua natura i compromessi non li può accettare.

Si potrebbe a questo proposito tornare una volta di più al dibattito mai sopito sulla famiglia e sulla buona educazione per i figli anche in relazione a temi etici scottanti come il gender, e la molteplicità di famiglie che esso determina. L’estate scorsa anche a Venezia fu un tema in prima pagina per settimane. Torno sempre a chiedermi a questo proposito se, anche per trasmettere messaggi educativi corretti, si può finalmente andare oltre l’affermazione dei due principi assoluti contrapposti che in sintesi nella fattispecie erano e sono questi: A) “la natura è il bene e determina l’individuo e i suoi rapporti familiari”; principio che si contrapponeva a un altro principio di segno opposto e vale a dire : B) “l’individuo si determina su criteri non necessariamente naturali, e di conseguenza le forme di famiglia sono molteplici”. E’ lecito dunque domandarsi: ma un bambino, per crescere bene, al di là dei diritti civili di ognuno di noi, di cosa ha veramente bisogno? Di un messaggio determinato in un modo o in un altro e stritolato tra due poli contrapposti? O forse di una messaggio che nasca da una riflessione che tenga conto di diversi fattori, compresi quelli in questione, ma non solo quelli. Mi schiero apertamente e più volentieri per quest’ ultima prassi, più dura, difficile, ma politicamente più capace di trovare soluzioni alte e di far convergere consensi più ampi. vale per l’etica individuale o familiare, ma vale anche per i grandi scenari di politica internazionale, sulla guerra e sulla pace.