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Il dibattito sulle Grandi Navi ha posto principalmente l’attenzione sui costi ambientali di varia natura e sulla valutazione, appunto principalmente ambientale, delle varie soluzioni per ovviare al passaggio delle Grandi Navi in Bacino. Meno dibattuto è invero l’altro piatto della bilancia ovvero  i benefici in termini di PIL, occupazione, ecc., della presenza di un Porto crocieristico di prima grandezza come quello di Venezia. Ed è precisamente ciò che questo scritto si propone di approfondire.

La questione, evidentemente, non è affatto secondaria. Se, in via ipotetica, ci convincessimo che il Porto ha un bilancio costi/benefici negativo, la questione sarebbe risolta ab origine: sarebbe meglio chiudere baracca e burattini con buona pace di tutte le discussioni su scavo di nuovi canali e quant’altro.

Capofila di questa corrente di pensiero è il prof. Giuseppe Tattara di Ca’ Foscari, autore fecondo di una vasta pubblicistica in tal senso. Una delle fonti di riferimento che utilizzerò nel seguito è proprio la sua Nota di Lavoro “È solo la punta dell’iceberg! Costi e ricavi del crocierismo a Venezia” del 27/03/2013 (qui a fianco la copertina)

http://www.unive.it/media/allegato/DIP/Economia/Note-di-lavoro-

economia/nl_2013/NL_DSE_tattara_02_13.pdf

Ho altresì confrontato le considerazioni del prof. Tattara con le preziose informazioni che offre l’ing. Alessandro Santi nel suo “Venezia e le crociere un equilibrio possibile” (ed. 2015), un pamphlet che inquadra la crocieristica a Venezia in modo completo ed ammirevolmente accurato e preciso.

https://veneziaelecrociere.files.wordpress.com/2015/06/venezia-e-le-crociere-un-equilibrio-possibile-1_-pdf-complete.pdf

Ho volutamente preso a riferimento due esperti molto autorevoli ed al contempo “schierati” pubblicamente sul tema. Il prof. Tattara è un “NO Grandi Navi” a tutto tondo e professa da sempre con coerenza un’avversione direi ideologica alle Grandi Navi quali mostri inquinatori di un bene comune (mare ed atmosfera) per il profitto privato di pochi. L’ing. Santi, tra le molteplici attività e competenze, è titolare di un’agenzia che si occupa di logistica anche per il Porto di Venezia e quindi con le Grandi Navi difende il suo lavoro. È la regola aurea del sentire entrambe le campane..

... e la copertina del lavoro dell'ing. Santi

La presentazione del lavoro dell’ing. Santi

Cominciamo con Santi che cita i dati di uno studio commissionato dall’Autorità Portuale che offre un notevole dettaglio. La spesa crocieristica (e quindi il fatturato prodotto) è composta di questi addendi in milioni di euro (M€ nel seguito):

  1. 6,99 di spese aeroportuali: cioè quanto lasciano a SAVE i croceristi che per arrivare a Venezia scelgono l’aereo
  2. 8,55 di trasporti dal Marco Polo al Porto (Alilaguna, ATVO, ACTV, taxi, People Mover ecc.)
  3. 2,2 per i parcheggi (per coloro che arrivano in macchina evidentemente)
  4. 20,14 di spese riferibili agli equipaggi (ovvero spese private dei membri di equipaggio, acquisti di beni e spese alberghiere collegate al cambio equipaggio)
  5. 10,49 servizi tecnici nautici (purtroppo, come Tattara ben evidenzia nel suo studio, la maggior parte dei costi di manutenzione non sono sostenuti in loco; il fatturato, se così fosse, sarebbe molto maggiore)
  6. 30,84 incassi di Venezia Terminal Passeggeri per i servizi suoi propri (stesso dato riportato da Tattara)
  7. 5,27 forniture beni e servizi locali
  8. 57,96 spese per carburanti (escluse accise e IVA che quotano ben 68 milioni di € ma che ovviamente sono un incasso esclusivamente statale e sono del tutto trasparenti nell’economia locale).

Santi riporta anche di 26,9 milioni di spese per approvvigionamenti alimentari su scala nazionale. Anche queste, non impattando sull’economia locale, non le ho considerate. Il totale delle voci sopra elencate quota 142,44 M€.

Veniamo ora a Tattara. Il professore stima le spese degli equipaggi a 4,67 milioni (molto meno di Santi) e poi, preso atto di non avere basi su cui fondare la stima degli altri dati, opera un acuto calcolo indiretto a partire dal numero di maestranze impiegate, direttamente o indirettamente, in attività collegate alle crociere. E ragiona in questo modo: si consideri il costo medio regionale per un impiegato nei servizi (37800 €), lo si maggiori del 10% per tenere conto del profitto del datore di lavoro, lo si “traduca in PIL” dividendolo per il parametro 0,39 ovvero il rapporto medio tra valore aggiunto e produzione lorda vendibile della Provincia di Venezia nel settore di attività proprio (il 52). Si ottiene in tal modo il valore prodotto da un addetto: 106.615 €. Tradotto: ogni persona che lavora a tempo pieno in attività collegate alla crocieristica, “produce” per 106.000 € e rotti. Resta da moltiplicare questo numero per il personale interessato, dato non semplicissimo  da  calcolare, tenendo conto che vi sono sovrapposizioni con il personale del porto commerciale di Marghera. Inoltre, parte del personale è fisso e parte è stagionale e si deve tradurre il tutto in Full Time Equivalent (FTE) ovvero lavoratori equivalenti a tempo pieno attribuendo un coefficiente riduttivo agli stagionali. Ho chiesto chiarimenti in tal senso a Tattara (che mi ha cortesemente risposto) e, detto che entrambi concordiamo che giocoforza si tratta di calcoli approssimati, su un punto dissento col professore: lui fa pesare gli stagionali solo 0,33 io mi sono permesso il ricalcolo attribuendo 0,5 agli stagionali (perché la stagione crocieristica permane 6 mesi a dire poco). Su queste basi, mi risultano 1213 FTE (Tattara ne calcolerebbe 960). Moltiplicando dunque 1213 per i 106.615 descritti sopra si ottiene 129.324.462 €, a cui aggiungiamo i 4,67 M€ degli equipaggi di cui sopra, per un totale di 134,79 M€. A questi per la verità andrebbero aggiunti i 15,54 M€ rappresentati dai primi due addendi dell’elenco dell’ing. Santi (che si riferiscono ad incassi esterni al Porto e quindi non sono prodotti dai 1213 FTE di cui sopra). Il prof. Tattara non li considera nella sua analisi ma immagino che lui stesso riconoscerà che non possono avere valore nullo. Con questa ulteriore aggiunta, si arriva a 150,33 M€.

Alcuni lavoratori del Porto durante una benedizione (ne hanno bisogno)

Alcuni lavoratori del Porto durante una benedizione (ne hanno bisogno)

Ricapitolando: con le modifiche da me apportate ad entrambe le analisi, il metodo Santi porta ad una stima di 142 M€, con il metodo Tattara, una stima tra 134 e 150 M€. Stante il livello di approssimazione giocoforza accettabile per questo genere di analisi, possiamo concludere che, nonostante la diversità radicale delle rispettive posizioni, le stime di fatto coincidono.  Il che depone fortemente a favore della loro attendibilità. Quindi possiamo concludere che il Porto, per le attività sue proprie, produce valore per una cifra compresa tra 140 e 150 M€.

A questi dati vanno aggiunte le spese dei crocieristi come normali turisti. Tenendo conto infatti che Venezia è un home port, molti di costoro prima o dopo la crociera si fermano in città, fanno acquisti, vanno al ristorante, pernottano in albergo, insomma: spendono denari in città. Ho volutamente tenuto separato quest’ultimo addendo perché, come dire,  di natura assai meno pregiata: se c’è una cosa di cui Venezia abbonda sono i turisti (che anzi da più parti si vuole cercare  di limitare). Anche in questo caso, i due esperti sono sorprendentemente concordi nelle stime: 189 M€ per Santi e 180 M€ per Tattara. Quindi un dato molto rilevante rispetto al PIL “proprio” prodotto dalla crocieristica.

In conclusione:

  • Se il business crocieristico venisse a mancare, il PIL della città (intesa nel senso più ampio, metropolitano) si abbasserebbe di circa 330 M€, di cui 140-150  irrecuperabili (cioè non sostituibili con altri turisti). O, se vogliamo, perderemmo 1200 posti di lavoro non collegati al turismo. Perlomeno un elemento di chiarezza: non sono né 500 né 5000 come talvolta si è letto esagerando in un senso e nell’altro.
  • Sono tanti, sono pochi? Lascio ai lettori la valutazione. Teniamo presente che il PIL della città di Venezia è stimato in 6720 M€ (Tattara), quindi 140 M€ rappresentano un po’ più del 2% del PIL, percentuale certamente rilevante ancorché non iperbolica. Non va altresì trascurato che è un’attività particolarmente pregiata in quanto è altro rispetto alla monocultura turistica.
  • Per quanto ovvio, la domanda di cui sopra non può non tenere conto della valutazione dei costi della crocieristica. Questa è un’analisi molto più difficile e complessa che esula dagli scopi di quest’articolo (e sulla quale i due esperti che ci hanno guidato fin qui, va detto, non sono affatto d’accordo).
  • Gli incassi di VTP sono, come visto, poco più di 30 M€. Questo significa che è un’azienda florida ma non una zecca con possibilità infinita di investimento. Per esempio, uno dei miei chiodi fissi, l’elettrificazione del Porto in modo da azzerare le emissioni di fumi quando le navi sono allo stazio, costa circa 10 M€ a stazio. Il progetto nei cassetti ne prevede 4, ovvero 40 M€. Più del fatturato di un anno di VTP. 

Considerazione mia personale: non illudiamoci di salvare capra e cavoli riconvertendo il porto ad altre fantasiose attività, tipo diportistica di lusso ecc. Se dovessimo rinunciare alla crocieristica (ed aggiungo alla Marittima, perché le alternative pratiche non esistono, con buona pace dei sostenitori del Porto alla bocca di Lido) dovremmo rinunciare agli incassi di cui sopra o comunque ridimensionarli drasticamente. Ripeto, è un’opzione possibile, non affatto folle ma assai dolorosa. Importante è esserne coscienti.