By

La Storia è maestra di vita come credevano gli antichi e ripetono, ossessivamente, gli storici di ogni latitudine e impostazione filosofica? A leggere i giornali, guardare televisione, spulciare tra i social e ascoltare i discorsi delle persone sembrerebbe di no. Da storico, mi sento coinvolto sul piano professionale nella questione. Perché se la Storia non insegna nulla, con ogni evidenza, è inutile. Fallisce la Storia oppure siamo noi a essere disinformati, spesso in modo drammatico? Vediamo un po’…

Argomento: migrazioni di popoli e il loro impatto sulle civiltà che le subiscono. Perché questo accade.  C’è chi migra e chi, piuttosto malvolentieri, accoglie. Partirò da un angolo visuale particolare. Spesso, infatti, si legge e si ascolta che le migrazioni di oggi sono figlie, spurie ma dirette, di un fenomeno europeo dell’Età Moderna e Contemporanea: l’imperialismo colonialista.

In buona sostanza, si sostiene che se non ci fosse stato questo, con le distruzioni, i genocidi e le arbitrarie frontiere create, molti dei drammi odierni si sarebbero evitati. Vero o falso?

Comincio con una provocazione: colonialismo e migrazioni sono molto più connessi di quanto non lasci supporre il nesso causa/effetto appena delineato. Il colonialismo, infatti, si presenta prima di tutto come una migrazione. È di fatto una migrazione. Sin dai suoi albori.

Senza andare troppo indietro nel tempo, pensiamo all’avventura coloniale greca, in Asia Minore e in Occidente: partivano per non tornare più. Partivano per crearsi una nuova patria altrove. A casa e a danno, il più delle volte, degli indigeni. Fossero Lidi, Frigi, Messapi, Enotri, Siculi e via dicendo non ha alcuna importanza. Lo stesso vale per i Romani. Le loro “colonie” erano isole di popolamento etnico in territorio ostile. Nascono con compiti di controllo del territorio appena conquistato. Ovunque.

I migranti greci e romani hanno così fortemente inciso sulle civiltà incontrate da modificarle, in modo radicale e irreversibile. I semi della loro presenza producono ovunque un mondo nuovo. Non solo, sono talmente fecondi da innescare rivoluzioni politiche, sociali e culturali nell’intero cosmo antico. Con effetti anche nel contemporaneo.

La filosofia greca, per esempio, nasce nelle colonie: la scuola di Mileto, Pitagora di Samo, Eraclito di Efeso, Parmenide e Zenone di Elea, Empedocle di Agrigento, solo per citare qualcuno. Platone cercherà di realizzare il proprio stato ideale a Siracusa. Senza dimenticare che lo stesso tentativo era già stato fatto a Crotone da Pitagora e realizzato, in parte, da Archita a Taranto.

In campo politico, comunque, sono le colonie romane quelle più significative. Su tutte spicca Italica nella Betica: nascono qui Marco Ulpio Traiano e Adriano cioè due tra gli imperatori di maggiore importanza. Tralascio, poi, la lunga serie di sovrani provinciali, prova comunque dell’efficacia della migrazione con successiva integrazione delle realtà coloniali nel tessuto metropolitano.

Integrazione: forse la risposta è questa. Quando manca abbiamo la separazione, sempre violenta, della colonia dalla lontana madrepatria. L’intero continente americano ne è perfetto esempio, tanto al Nord quando al Centro e al Sud. Sia di lingua inglese, spagnola o portoghese poco importa. L’imbocco di vie diverse, invece, è pacifico quando la colonia, spesso popolata di migranti dalle origini più varie, sente ormai venuto il momento di staccare la spina e lo stato d’origine non è più in grado di far valere con la forza il proprio potere. Canada, Australia, Nuova Zelanda, tanto per citare qualche caso.

Il colonialismo, comunque, conferma con regolarità la propria natura di fenomeno di migrazione. Anche quando questa avviene su scala minore, se sono coinvolti paesi d’origine di piccole dimensioni oppure per la sproporzione con la stazza del territorio acquisito. Esempi ne sono la Serenissima e Genova con Olanda e Belgio da un lato, l’India e la Cina con tutta l’Africa rispetto al più noto imperialismo coloniale dell’Età Moderna e Contemporanea per il secondo aspetto. Anche in questi casi, tuttavia, migrazione c’è stata. E tale da imporre, grazie è chiaro alla forza esercitata dalle autorità coloniali, lingua, religione, modelli culturali. Ovunque le società pre-coloniali sono uscite sconvolte. Meglio, dappertutto è nato un mondo nuovo.

E adesso? L’attuale migrazione verso USA ed Europa ha le stesse caratteristiche? Il fenomeno è così esteso nei numeri e prolungato nel tempo da escludere che sarà senza conseguenze. Anche qui un mondo nuovo è alle porte. Gli USA, addirittura, ne sono già un esempio. Nati come secessione di tredici colonie, omogenee dal punto di vista etnico, dalla madrepatria si sono trasformati nel primo esperimento su scala continentale di fusione di culture diverse: il celebrato melting pot. Certo, sulla solida base di partenza di una lingua e una cultura largamente, anche se non esclusivamente, condivise. Nascono così l’anglo-americano e l’american way of life.

L’Europa è un caso diverso. Prima di tutto per la mancanza di una lingua comune, poi per l’importante Storia  dei suoi componenti nazionali. E non si tratta di singoli che abbiano deciso di cambiare orizzonti esistenziali per abbracciare la speranza di una vita nuova. Infine, manca un potere politico unitario. L’Europa è, sotto ogni aspetto, ancora vittima dello stato-nazione: lo strumento della sua conquista del Mondo è oggi il limite formidabile alla propria evoluzione. Senza questa, però, l’Europa morirà. Finirà come la Grecia delle polis, troppo piccole e litigiose per salvarsi dall’attacco romano. Così come le lucumonie etrusche erano già crollate davanti alla compattezza di legioni nelle quali l’elemento latino si era mescolato a quello sabino, falisco, osco e a un buon numero di avventurieri di svariata provenienza.

La Storia, dunque. Scrutandola con attenzione, forse, possiamo scoprire nella sua trama i germi del nostro futuro. Niente di più del suo valore, per noi oggi. La risposta alla domanda, allora, è duplice: il passato ci offre possibili chiavi interpretative, quello di migrazioni e colonie dimostra che la risposta inevitabile è il meticciato. Il quale non può che giovare. A tutti, indistintamente. Certo, la nuova cultura che emergerà dovrà incorporare il meglio delle sue, varie, radici. Altrimenti finirà come con altre migrazioni di popoli: quelle della tarda Antichità/Alto Medio Evo. Le chiamano in questo modo al di là delle Alpi. Da noi, con intuito più sicuro e meno pregiudizi nazionalisti, le abbiamo sempre definite invasioni barbariche. Per riprendersi, l’Europa allora impiegò molti secoli. Magari stavolta studiamola almeno un po’ questa benedetta Storia. Potremmo evitarci qualche guaio. Non credete?