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Quanto recentemente accaduto a Rozzano, mostra quanto il tema della opportunità o meno di festeggiare il Natale a scuola sia assolutamente d’attualità. Mostra, a dire il vero, anche come sia facilissimo, in questo nostro bel Paese, schierarsi pro o contro con una superficialità disarmante. L’argomento, a dir la verità, interessa gli adulti non I diretti interessati: suvvia cosa vlete che importi ad un bimbo cattolico, musulmano, induista, ebreo o buddista che cosa si festeggi? Ciò che conta è far festa!. E ciò che viene fuori è’ solo un gigantesco minestrone. In uno dei gruppi di Facebook che seguo, è bastata una riflessione (pacatissima) sulla inopportunità che, durante un mercatino di Natale, vi fosse il gazebo di un movimento politico perché la “discussione” scivolasse sulla Festa di Natale “mancata” , prima, e sul crocifisso nelle scuole poi. Come se le due cose fossero similari. Perbacco, no che non lo sono! Almeno agli occhi di chi scrive. E non solo ai miei. Diamo qualche numero, va bene? Dice l’indagine della Doxa sulla Religiosità e ateismo in Italia nel 2014 che il 75% degli italiani si dicono credenti cattolici mentre il 10% atei ma “solo” il 46% dell’intera popolazione italiana dai 15 anni in su si definisce “praticante”. Ora: si è praticanti anche se si mettono in pratica i precetti della chiesa cattolica, logico no? Ebbene: il 62% della popolazione italiana ritiene che dogmi e precetti condizionIno la vita delle persone e il 54% è contrario all’insegnamento della religione. Così come al 46% della popolazione italiana frega nulla di avere un Presidente della Repubblica ateo, il 70% dei credenti cattolici potrebbe scegliere un medico ateo (e il 71% pure un consulente finanziario, tIè). Il 61% dei NON cattolici farebbero battezzare il proprio figlio e il 56% si farebbero rappresentare da una organizzazione di atei ed agnostici che si batta per la laicità dello Stato . Già, la laicità: è evidente che in suo nome sia oggettivamente difficile accettare l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici, dove “pubblici” sono da intendersi tutti quei luoghi che appartengono ad istituzioni (anche un bar è un luogo pubblico ma se il titolare vuol esporre il crocifisso son fatti suoi). Dunque: se sul crocifisso la logica tiene, che dire della Festa di Natale? Qui mi pare che le cose si complichino un po’. Intanto perché vi è un dato oggettivo sfuggito alla discussione generale (e che i numeri della Doxa invece bene chiariscono): la “secolarizzazione” crescente che sta conoscendo il cattolicesimo italiano. Oramai è una minoranza (il 46% ricordate?) quella che frequenta assiduamente le chiese cattoliche e le parrocchie (mentre la maggioranza non vorrebbe che si insegnasse religione a scuola): davvero il Natale viene percepito nel suo significato prettamente religioso? Ci vorrebbe meno ipocrisia ed accettare come ormai Il Presepe non sia tanto un simbolo della tradizione cattolica quanto piuttosto un simbolo tradizionale, un po’ come il panettone e l’attesa di sapere se l’allenatore della nostra squadra del cuore riesca a mangiarlo (quello della mia sicuramente sì). Privo di qualunque significato “metafisico” si fa il presepe così come si fa l’albero di Natale così come ci si aspetta che il 25 dicembre ci sia la neve. Se una persona, dopo decenni di isolamento, ritornasse nella quotidianità collettiva difficilmente non sorriderebbe nel confrontare quanti si sono scagliati a difesa del,presepe nelle scuole con quanti possono davvero definirsi attenti a tutto il sistema valoriale della chiesa cattolica visto che il 62% degli italiani sostiene che dogmi e precetti sono condizionanti (insomma giù le mani dal presepe ma lasciamo che le stesse mani costruiscano mura e barriere per chi cerca di sfuggire a guerre e miseria). Ma chi sono poi i destinatari di queste Feste? I bambini. Che del Natale apprezzano l’omonimo Babbo , i regali, la poesia da recitare di fronte ai parenti sufficientemente rimpinzati dalle tante leccornie con cui sono state imbandite le loro tavole e a cui quel gesù bambino sta magari anche un pò simpatico. Cosa volete che interessi loro tutte queste polemiche? Interessano (al solito) noi adulti che pure sulla Festa di Natale un po di confusione la facciamo. Davvero pensiamo che i bambini che cantano Tu scendi dalle stelle piuttosto che l’Adeste fidelis (ma quest’ultima la cantano davvero?) siano consapevoli del significato religioso di queste canzoni? O non è forse vero che queste sono ormai diventate patrimonio di una cultura popolare al di là e indipendentemente dal loro significato religioso? E non è proprio questa natura popolare a renderle preziose e da difendere? Cosa significa integrazione? Riconoscimento (e accettazione) delle reciproche differenze. Non affermazione di una superiorità culturale, sia chiaro. Quanto piuttosto il riconoscimento di una identità collettiva che si basa anche su queste forme culturali. Ecco perché se sul presepe si può discutere (che’ in fondo a rigor di logica ci si dovrebbe preoccupare della reazione dei non credenti in generale – come gli atei ad esempio – che non solo dei credenti in altre religioni) , vietare, in nome di un concetto sbagliato di integrazione, canzoni che ormai appartengono alla nostra cultura mi pare, per dirla col ragioniere Ugo Fantozzi, una bojata pazzesca. Perché non la paura di offendere dovrebbe guidarci, quanto piuttosto la forza di una nostra identità collettiva in cui, se davvero la religione è per ciascuno (specialmente di quelli che sono saliti sulle barricate) così importante, dovrebbe necessariamente aprirci proprio all’accoglienza dell’altro, del diverso da se specialmente se fugge da guerre, miseria e fame