Dopo un’ora di estenuante attesa, eccomi finalmente allo sportello dell’ufficio postale per effettuare il pagamento della benedetta IMU a saldo, esasperato quanto la pletora degli altri  disgraziati che, come me, si sono ridotti agli ultimi giorni per onorare i loro debiti con lo Stato (e mal gliene incolga). Preciso (è rilevante) che il pagamento viene da me effettuato per conto di mia moglie con il bancomat, anzi, il postamat di mia moglie medesima.
Ed ecco di sèguito il dialogo, non so se esilarante o grottesco, con la cordiale impiegata.
 .   Senta, io pagherei col bancomat, anzi, col postamat. Funziona oggi?
- Mi scusi la domanda, sa, ma mica poche volte capita che non vada…
- Mi favorisca un documento d’identità .
- Subito: eccolo.
- Ma questo è il suo, e il bancomat è intestato a sua moglie.
- Sì, ma ora ce l’ho io, come vede, e conosco anche la password per usarlo.
- No, mi spiace, lei non può. Solo il titolare del postamat può utilizzarlo qui.
- Quindi lei vuole dirmi che se mia moglie smarrisce il bancomat unitamente al numero di pin e qualcuno lo trova, nessuno glielo accetta in pagamento perché questo qualcuno non è il titolare della carta? E pensare che noi si sta sempre lì a preoccuparsi di non smarrire il bancomat insieme al numero di codice!
- Questo non mi riguarda. Io dico che lei qui non può pagare con questo postamat perché non è il titolare della carta. Queste sono le regole delle Poste.
- Sicché se io ora esco di qui e giro l’angolo, poi vado allo sportello automatico che c’è qui fuori e prelevo col bancomat, la macchina non mi eroga il contante perché io non sono mia moglie?
- Certo che no.
- Dunque io adesso esco, prelevo col bancomat di mia moglie in un minuto, lei mi tiene il posto e io effettuo il pagamento in contanti.
- Se crede.
- Credo proprio di sì. Ma non le pare leggermente ridicola o paradossale questa regola, propria, come lei sostiene (e io non oso metterlo in dubbio), delle Poste italiane?
- Io so solo che non posso assumermi la responsabilitĂ di accettare da lei un pagamento con un bancomat non suo.
- Ma scusi, mi faccia capire: qui c’è il bancomat, io conosco il pin, il modulo F24 dell’IMU è sottoscritto da mia moglie, e lei se ne può sincerare perché io tengo sempre nel portafoglio una fotocopia del documento di mia moglie: lei può confrontare la firma… E dunque, dove sta il problema? Inoltre, mi perdoni, il fatto che in diverse occasioni io abbia pagato (multe e quant’altro) in questo stesso modo, presso uffici postali diversi (badi), non le dice proprio niente?
- Vuol dire che i miei colleghi hanno sbagliato. Non potevano accettare il pagamento.
- Ho capito. Ma mi tolga una curiositĂ : se puta caso io ora effettuassi il pagamento e lei conservasse la sua copia del modulo IMU col versamento effettuato, da che cosa si potrebbe evincere che sono stato io e non mia moglie a pagare qui allo sportello?
- Fa niente. Queste sono le regole e io mi ci devo attenere. Potrebbe sempre arrivare un ispettore e scoprire che lei sta pagando con un bancomat non suo.
- Oggi? Con questo bailamme che c’è in ufficio per il pagamento IMU, arriva l’ispettore e viene allo sportello a controllare se io sto pagando con il mio bancomat o con quello di altri?… Va bene, ho capito, esco un attimo a prelevare con il bancomat (non mio) allo sportello automatico (e speriamo che lui non si accorga che io non sono mia moglie), poi torno qui e la pago in contanti.
Ora, recita il noto adagio: fatta la legge, trovato l’inganno. E questa è la faccia negativa di un principio che ha anche il suo lato buono. Qualche volta le regole sono stupide (cĂ pita) o eccessive. Oppure, qualche volta, a volerle applicare pedissequamente, si può anche bloccare l’attivitĂ di un’intera organizzazione. Mai sentito parlare, che so, dello sciopero bianco (o sciopero dello zelo)? Per esempio, nella scuola, se nessun insegnante lascia l’aula in cui ha appena terminato la lezione, per non abbandonare la classe scoperta (perchĂ© ha la responsabilitĂ dei minori che gli sono affidati) e resta lì in attesa che arrivi il collega dell’ora successiva, e se tutti gli insegnanti fanno la stessa cosa, sapete che succede?… C’è il rischio che non arrivi in nessuna classe nessun insegnante per svolgere la lezione dell’ora successiva…
Qualche volta, insomma, se non operiamo col buon senso e ci atteniamo caparbiamente alla lettera delle regole, si paralizza tutto. Ah, il buon senso, preziosa e smarrita virtĂą dello spirito umano!

Nato a Napoli nel 1953, vive e lavora da quarant’anni a Milano. Insegna lettere nella scuola superiore. Ha collaborato con agenzie pubblicitarie, con societĂ di ricerche di mercato e con numerose testate specializzate in management, packaging, marketing, edilizia, arredamento. Ha pubblicato con la Mondadori alcuni testi scolastici e di recente una raccolta di brevi saggi di costume dal titolo “La bussola del dubbio”.