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Il film “Bellissima” del 1951, di Luchino Visconti, con Anna Magnani nel ruolo di una madre disposta a tutto pur di concedere la notorietà alla figlia bambina nel mondo del cinema, scandalizzò più di mezzo secolo fa un’Italia non ancora abituata alla spettacolarizzazione della bellezza. Non era solo l’Italia cattolica e benpensante pronta a  puntare l’indice contro i cambiamenti di costume che accompagnavano la difficile risalita del Paese nel dopoguerra. Era un’Italia attenta, che leggeva con preoccupazione le denunce di un mondo distratto e cinico, pronto a mercificare il corpo delle donne, ancorché bambine. La stessa Italia  si chiedeva fino a che punto ci si sarebbe spinti e quanto devastanti sarebbero stati gli effetti.

Da allora, un proliferare inarrestabile di concorsi per miss, veline, ragazze del muretto, vallette; reality show usati come trampolini di lancio per entrare in paradiso. Un’ alluvione copiosa e ininterrotta nelle nostre case, tramite il mezzo televisivo, di maschere di femminilità. Giovani, giovanissime e non più giovani hanno imposto regole di comportamento e di seduzione che attraversano, ormai, tutti i campi dell’agire. Dal giornalismo alla politica, dallo spettacolo al mondo degli affari, dalla moda all’interazione tra pari. Esiste un modello vincente di bellezza, buono per tutte le età e trasversale ad ogni ceto, che fa gola e viene perseguito con ogni mezzo.

Se, da una parte, legioni di donne ultramature si sforzano a tutti i costi di aggredire i segni del tempo, fino a sfiorare quel senso del ridicolo che, secondo quanto diceva anche Pirandello, è all’origine della tragedia, dall’altra, sempre più numeroso si fa l’esercito delle lolite.

I social network pullulano di foto di adolescenti che si atteggiano nelle pose più fantasiose. Ammiccanti, sensuali, seduttive, invitanti, provocanti. Bimbe in odore di prima comunione, con acconciature sontuose, vivacizzate da mèche multicolori.  Più che bimbe, sembrano delle Barbie spose. Abbigliamenti succinti che non lasciano spazio all’immaginazione; trucchi pesanti che evidenziano labbra colorate da rossetti di dubbio gusto; occhi carichi di rimmel e di ombretti iperbolici; sguardi languidi esasperati da boccucce a cuore che stridono con quei lineamenti infantili e con quei corpi ancora acerbi; lingue trafitte da piercing; pose stereotipate pronte ad essere catturate e immortalate da selfie che regaleranno migliaia di like.

È una norma sconcertante. Ci sono mamme orgogliose di mostrare i progressi delle loro figlie adultizzate. Ci sono mamme che, invece, hanno fatto, per fortuna, della sobrietà, la loro regola di vita. Tali mamme, però, devono giustificare le loro scelte di fronte alle proprie bambine che reclamano lo smartphone, Whatsapp, i trucchi, i colpi di sole, i reggiseni imbottiti, il perizoma e le scarpe col tacco, per sembrare come le altre, per non sentirsi emarginate. È la legge dell’omologazione che impone di essere uguali per essere notate e apprezzate!

È duro smantellare attitudini radicate che appartengono a un costume, a una cultura, a una visione della vita. Gli sforzi, tuttavia, sono necessari. Faccio l’insegnante e, un po’ per convinzione, un po’ per statuto, devo credere che un’inversione di rotta sia possibile. La scuola, come al solito, e come dicono tutti anche se non ne sono sempre convinti, deve avere un ruolo centrale in questo processo d’inversione. Ma la scuola spesso è sola. Gli insegnanti e gli operatori esterni che con essi collaborano, devono offrire gli antidoti a queste percezioni alterate della realtà. Ma nulla è possibile senza l’accordo con le famiglie. Proiezioni sbagliate, ambizioni fuori luogo e superficialità devono fare spazio al senso di responsabilità e alla  volontà di restituire a tante piccole lolite, o aspiranti tali, la propria infanzia. Qualche bambola e qualche gioco di società in più nella calza della Befana, al posto di affascinanti e misteriosi oggetti appartenenti al mondo degli adulti sarebbero solo vitamine per la loro salute. In fondo non sono altro che delle bambine e hanno il tempo di crescere e di soffrire. Per ora hanno solo bisogno di essere prese per mano…