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Alla fine è arrivata l’estate e con lei anche molte cattive notizie, dalla Brexit all’ennesima strage di innocenti perpetrata sul lungomare di Nizza.

Accanto a tutto questo è arrivata anche una notizia, quella sulle concessioni balneari in Italia, forse meno importante dei fatti che ho citato, ma capace di riportare all’attenzione il tema delle regole e, nello specifico, delle regole da rispettare dentro l’Unione Europea.

Già, le regole, quelle tanto vituperate regole che i detrattori dell’Unione Europea, nel migliore dei casi descrivono come arcigne, ottuse se non addirittura inutili.

Tuttavia va da sé che in ogni buon condominio debbano esserci delle regole ed è ancora più logico che il condominio, per funzionare bene, richieda che tali regole vengano rispettate da tutti.

L’Unione Europea, il condominio a cui l’Italia ha deciso di aderire fin dal lontano 1957, non a torto fa delle regole e del rispetto di esse uno dei suoi capisaldi.

In particolare, uno dei settori in cui l’esigenza di regole è più forte è quello della concorrenza e non a caso tali regole si applicano direttamente in tutti i paesi membri ed i tribunali nazionali devono farle rispettare.

Le regole sulla concorrenza riguardano non soltanto le imprese, ma anche qualsiasi organizzazione che eserciti un’attivitĂ  economica.

Nello specifico, il caso citato ha origine dalla Direttiva servizi sulla la libertà di stabilimento e sui principi di non discriminazione e di tutela della concorrenza. L’art. 12 di tale Direttiva disciplina l’ipotesi specifica in cui, tenuto conto della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato. In tale contesto, essa prevede che gli Stati membri possano subordinare un’attività di sfruttamento economico ad un regime di autorizzazione.

In Italia la normativa nazionale ha disposto una proroga automatica e generalizzata della data di scadenza delle concessioni rilasciate, anche senza una procedura di selezione, per lo sfruttamento turistico di beni demaniali marittimi e lacustri, in particolare per le spiagge. La scadenza è stata infine rinviata al 31 dicembre 2020. Nonostante la legge, ad alcuni operatori privati del settore turistico è stata negata da parte delle autorità italiane la proroga delle concessioni e questi hanno presentato ricorso contro tali provvedimenti di diniego. I giudici italiani si sono rivolti alla Corte di Giustizia UE per ricevere chiarimenti in merito alla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’Unione.

Ed eccoci giunti quindi “all’arcigna decisione” della Corte di Giustizia, come sicuramente la definiranno gli eroici nazionalisti.

La sentenza, a mio avviso invece, richiama solo al rispetto delle regole, precisando che il rilascio di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati, che deve presentare tutte le garanzie di imparzialitĂ  e di trasparenza (ad esempio adeguata pubblicitĂ ), mentre la proroga automatica delle autorizzazioni non consente di organizzare una procedura di selezione.

Rileva, infine, la Corte di Giustizia che il principio della certezza del diritto, teso a consentire ai concessionari di ammortizzare i loro investimenti, non può essere invocato per giustificare la disparità di trattamento creatasi, dal momento che le concessioni sono state attribuite quando già era stato stabilito che tale tipo di contratto doveva essere soggetto ad un obbligo di trasparenza.

Facciamo, quindi, finta che il regime delle concessioni fino ad ora attuato in Italia assomigli a un colpo di sole estivo ed il Governo italiano si impegni a difendere e attuare quelle regole giuridiche Comunitarie che consentono l’affermarsi di uno spirito cooperativo, con somma positiva per tutti coloro che operano nel mercato libero.

 

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