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È convinzione condivisa da molti (incluso chi scrive) che la proliferazione in centro storico degli appartamenti totalmente destinati ad affitto turistico (quindi non gli innocui e rari B&B veri dove si affitta parte dell’appartamento in cui si vive) sia un cancro mortale per la sopravvivenza della città. Ricordo tra gli altri la famosa campagna dei 40X Venezia degli anni d’oro Venezia non è un albergo, la riproposizione del tema negli stessi termini da parte dei giovani di Generazione 90 (auguri ragazzi!), il documento da poco emesso dal gruppo 7 luglio (area PD), le ripetute segnalazioni del Gruppo RESET, la più volte ribadita posizione di Italia Nostra ed anche le recenti preoccupazioni espresse dall’UNESCO (ancorché in verità con toni che avrebbero potuto e dovuto essere più decisi). In effetti il fenomeno è così palese da mettere d’accordo tutti: se l’affitto turistico di un appartamento garantisce al proprietario la possibilità di ricavarne un reddito a settimana pari a quello che potrebbe ricavare in un mese affittandolo a residenti, o al reddito equivalente se ci vivesse, non c’è partita. E quando muore la nonna si mette in mano l’appartamento ad un’agenzia e si va a vivere a Mestre (se non oltre).

Gli appartamenti a disposizione degli utenti Airbnb.. una metastasi

Gli appartamenti a disposizione degli utenti Airbnb.. una metastasi

Questo naturalmente si riflette anche sui prezzi degli immobili perché acquistare un appartamento a Venezia non significa più semplicemente comprare una casa, nemmeno attenzione una seconda casa, significa comprare un lavoro, una fonte di reddito. A conferma, fresco fresco il Gazzettino del 2 agosto ha pubblicato il rapporto di Engel & Völkers, agenzia immobiliare di grande autorevolezza che riporta prezzi per le case al metro rimasti ai livelli di precrisi mentre per esempio a Mestre o Padova (tanto per non andare lontano) si sono quasi dimezzati. Ma non solo: Engel & Völkers riporta anche che solo il 25% delle compravendite è per uso privato (incluse anche le seconde case quindi), il restante 75% degli acquirenti compra per investimento, garantendosi un’ottima rendita economica derivante spesso da un affitto turistico che si attesta al 8-10% lordo. Per chi avesse dubbi, ricordo che a Barcellona, Berlino, perfino a Reykjavik!! (http://www.ilpost.it/2016/06/19/islanda-problema-airbnb/)  è stato messo sotto accusa Airbnb e siti simili, a riprova che questa è una dinamica diffusa che colpisce tutti i poli di attrazione turistica nel mondo. Con l’ovvia differenza che quello che in altre località è un fenomeno preoccupante ma sopportabile, per la Venezia d’acqua rappresenta una minaccia mortale essendone essa tutta potenzialmente soggetta.

L'irridente post di RESET sul fenomeno degli affitti turistici

L’irridente post di RESET sul fenomeno degli affitti turistici

Coloro che con l‘attività di locazione turistica ci campano rigettano le accuse di essere un cancro per la città anzi, con una buona dose di faccia di bronzo, si dipingono come benefattori della stessa. Ho recentemente polemizzato, anche aspramente, con alcuni esponenti della categoria ed approfitto di questa sede per obiettare alle loro argomentazioni. Con una premessa ed una precisazione: nessuno sostiene che la loro sia un’attività illegale o eticamente discutibile. Non sono in gioco queste categorie. Per me è semplicemente un’attività dannosa e in quanto tale auspicherei fosse impedita o resa non appetibile/conveniente dalla legge.

I locatori turistici (mi perdonino per il termine non tecnico ma è a favore di brevità) riportano a loro favore due considerazioni: una vera, l’altra in larga parte falsa. Ed entrambe irrilevanti

1) non siamo noi i colpevoli dello spopolamento di Venezia: il centro storico si svuota con costante regolarità da anni quando il fenomeno dell’ospitalità diffusa era sconosciuto;

2) Venezia si è spopolata per responsabilità degli amministratori che non hanno saputo creare lavoro in città.

da cui consegue la conclusione autoassolutoria “noi siamo l’effetto, non la causa, dello spopolamento e, anzi, siamo benefattori che tengono viva la città e tengono aperti salumai e panettieri”.

Il fortunato slogan dei 40X Venezia sul tema

Il fortunato slogan dei 40X Venezia sul tema

La prima affermazione è vera: non è la cosiddetta industria ricettiva extra alberghiera la causa (finora) dello spopolamento di Venezia. Ma questa constatazione non la “assolve” assolutamente: oggi siamo di fronte ad una minaccia di ben altro genere, come credo di aver circostanziato sopra. Quello in atto è un fenomeno che può provocare una desertificazione in tempi di un ordine di grandezza inferiori a quelli finora constatati.

Va peraltro precisato che nei decenni scorsi Venezia si è spopolata come tutti i centri storici d’Italia. È una tendenza epocale, dovuta ad un insieme di ragioni, ai costi degli appartamenti (in primis), a difficoltà logistiche, alla ricerca di maggiore tranquillità e di maggiori spazi. Vale a Venezia, come a Firenze come in centri minori comparabili per dimensioni a Venezia. Anzi, a Venezia la fisica separazione del centro storico ha semmai rallentato il processo (nonostante il differenziale di costo delle case fosse più incidente che altrove). Per aver qualche numero: il rapporto degli abitanti del centro storico rispetto all’intero Comune di pertinenza è il seguente (dati 2001, ufficiali dei Comuni, quelli che sono riuscito a trovare): Bologna 14,49%, Roma 4,36%, Torino 8,97%, Como 10,81%, Modena 6,10%, Padova 13,05%, Rimini 14,42%, Treviso 9,70%. Tutti regolarmente in calo ad ogni decade di rilevazione. Venezia è sopra il 20% (contando solo il “pesce”, contando l’intera città d’acqua molto di più).

Insomma la mancanza di lavoro, e qui vengo alla seconda considerazione, c’entra assai poco. O perlomeno c’è entrato assai poco. Basti pensare che migliaia di persone quotidianamente percorrono il ponte per venire a lavorare. Certo, se si continua a diminuire di peso demografico, va da sé che uffici pubblici, sedi di rappresentanza, insomma tutte le funzioni normalmente tipiche dei centri città, se ne vanno, lasciando campo aperto alla monocultura turistica che i miei interlocutori alimentano. Insomma una spirale perversa di cui loro sono a tutti gli effetti un ingranaggio essenziale.

Infine, un cenno alla vasta piaga dell’illegalità connessa al fenomeno. Mi riferisce un locatore turistico che opera nel rispetto della legge che, se applicata la legge Regionale 11/2013  (per questi una buona legge, a mio parere troppo permissiva), almeno un 30% degli immobili ad uso turistico risulterebbe fuorilegge, sanzionata e chiusa ed i gestori ed i loro proprietari condannati a salatissime multe. La recente campagna a tappeto contro gli affitti in nero cui i giornali hanno dato ampio spazio sembra proprio dargli ragione. L’illegalità diffusa è un aspetto assolutamente non secondario del fenomeno e che lo aggrava significativamente (ovviamente di questo non portano la responsabilità quelli che l’attività la svolgono nel rispetto della legge). Almeno su questo fronte la lotta vada combattuta con la massima energia.