Premessa: pur non avendo ancora raggiunto la mezza età ( evitiamo battutacce ok?) , ho una discreta esperienza politica alle spalle e, soprattutto, sono stato educato ad un valore semplice, semplice: in politica gli avversari si rispettano, non si odiano. Colui che la pensa diversamente da me è un avversario non un nemico. Anche se ci si confronta a colpi di fioretto, tale valore mai deve mancare. Ad esempio pur militando nello stesso partito spesso mi confronto, a colpi di fioretto(e talvolta pure di sciabola), con un parlamentare cui però espressi, pubblicamente e privatamente, la mia più ampia solidarietà (convinto della sua totale estraneità) quando venne sfiorato da una inchiesta giudiziaria. Sulla sua onestà non avevo ed ho dubbi. Si tratta di un parlamentare veneziano eletto però in terra patavina: faceva infatti parte di quel centinaio di candidati “imposti” da Bersani senza passare per le primarie (alla faccia di quanti criticano l’Italicum anche perché avrebbe troppi nominati: per carità in politica, come nella vita, cambiare idea è legittima, farlo strumentalmente un po’ meno).
Fatto questo doveroso pistolotto qualche giorno fa sulla sua pagina Facebook questo parlamentare scriveva: #canonerai avere la netta sensazione che il canone Rai in bolletta non ci farà guadagnare consensi. Mai ricevute tante lamentele. Mah… Leggo e salto dalla sedia: ohibò e perché mai si lamentano? Voglio dire: si lamentano perché quest’anno: il canone Rai è più basso? Perché lo pagano direttamente con la bolletta e da luglio? E ratealmente ? Insomma, di grazia, perché diavolo si lamenta la ggente? Poi cerco di approfondire. Questo intervento riceve 54 (al momento in cui scrivo) “mi piace”, non pochi mi dico. Vuoi vedere che c’hanno ragione? Poi però penso che mettere un “mi piace” ad un tuo amico, magari tuo compagno di partito, magari membro come te della minoranza della minoranza dem (il,PD riesce laddove la fisica ha fallito: è stato capace di dividere l’atomo) non sia poi così difficile (quanti “mi piace”‘ ricevono le mie sciocchezze faccebukiane in fondo?). E allora guardo i commenti: perché mettersi davanti ad una tastiera e scrivere qualche riga è molto ma molto più difficile che cliccare un semplice “mi piace” (quanti di voi che leggete “Luminosi giorni” poi interagite commentando i diversi articoli?). Anche se solo per motivare che si è d’accordo con l’estensore del pensiero. E che ti scopro? Che un congruo numero di persone è, al pari mio, sobbalzato dalla sedia di fronte a questa riflessione. In altre parole: mostrano di essere increduli.
E allora mi chiedo: ma questa ggente lamentosa chi è? Dove è? Un altro amico di Facebook, (un costituzionalista mica micio micio bau bau intendo), racconta: “C’era una volta nelle riunioni dei comitati federali del Pds un compagno che ogni volta che interveniva per sostenere una tesi la motivava esclusivamente dicendo che incontrava la gente e la gente chiedeva che il partito portasse avanti quella tesi. Non aggiungeva altro. A me che pure ero poco più che ragazzino e frequentavo da poco, sembrava strano questo modo di ragionare (…) Poi capii che le persone che incontrava erano sempre le stesse dieci che incontrava sotto il bar di casa e che si limitavano ad annuire alle sue perorazioni.” Tranquilli: non credo che questo mio amico si riferisse al parlamentare. Il primo vive in Abruzzo, il secondo a Venezia. Però la sensazione che il filo rosso (anche in termini di appartenenza storica) sia lo stesso c’è ed eccome. Ecco: io credo che questo sia il più grande limite, oggi, della minoranza del PD. Di quella insomma che non passa giorno che ricordi a Renzi ciò che era solito dirsi il Ginettaccio da Ponte a Ema ,(Bartali insomma) con quel suo sacramentare che “l’e’ tutto sbagliato, l’e’ tutto da rifare” . E quando si ha bisogno di circostanziare le proprie posizioni non si cerca di motivarle da un punto di vista intellettuale quanto invocando la ggente. Per carità del cieli: non esiste, al mondo, nessuna legge perfetta ed immune dal creare, specialmente al suo avvio, qualche disguido, qualche errore. Ma da qui ad arrivare addirittura a prevedere, peggio di Cassandra, chissà quali sconfitte elettorali ce ne corre. Anche perché magari questa ggente è la stessa cui nessuno ha parlato della legge contro gli sprechi alimentari oppure quella a sostegno delle unioni civili oppure cui far vedere come alcuni dati macroeconomici mostrino che il Paese si sia (ri)cominciato a muovere. No.
È la ggente ! Poco importa che sia termine generico, che non si dica ne’ quando né dove né quanti hanno criticato un provvedimento. Poco importa che magari siano stati “provocati” dal diretto interessato. No: è la ggente e se lo dice la ggente allora dobbiamo cambiare, allora stiamo sbagliando tutto. Un cortocircuito preoccupante: si vive a pelle, si subisce l’opinione della ggente buttata là (quand’anche questa ggente esista davvero) indifferentemente se si è al mercato, al bar o in un circolo di partito. È questa la politica? O forse, piuttosto, Politica è assumere decisioni e “orientare”, “convincere”, la ggente del perché si sono assunte? Viviamo in una realtà sovvertita: dal centralismo democratico (che spesso andava bene, guarda un po’ il caso, a quanti oggi non passano giorno senza criticare il proprio partito ma a farlo te, quando in maggioranza vi erano loro, passavi minimo minimo per ‘disfattista”) ad una sorta di anarchia intellettualmente strumentale (che mi pare pure un ossimoro).
La ggente è diventata ciò che per i mezzi di comunicazione era quella povera casalinga di Voghera che si sarà pure sfrancugliata gli zebedei a vedersi passare per una ignorantona e sempliciotta. E quando ci si accorge che la ggente (non tutta ma una buona parte) ti contesta, ti corregge anziché avere il coraggio di dire “ho sbagliato” si insiste, si definisce chiunque la pensi diversamente come un minus habens. Perché invocare la ggente va bene purché la pensi esattamente come te. Altrimenti diventa solo un antipatico incidente. Cui prodest? Direbbero quelli che san parlare bene. A chi giova insomma? Alla loro autoreferenzialita . Ve la ricordate la storiella del litro di latte? Vi fu (forse anche ora) un momento in cui per dimostrare quanto distanti fossero i politici dalla ggente , gli si chiedeva quanto costasse un litro di latte. Ecco: era un prova demagogica di ciò che si intendeva e si intende per autoreferenzialita’. Che poi è lo stesso gioco, di molto amplificato, cui sono maestri i grillini: pubblico qualcosa su un social network, anche se è palesemente falso, poi lascio che la notizia circoli di bocca in bocca (anche lui era genovese) perché se lo dice la ggente (cui ormai costa troppa fatica esercitare un poco di sano spirito critico) allora non può che essere vero (almeno una volta erano i giornali e i tiggi). Si diceva una volta: un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista al futuro. Se ciò è vero allora di statisti nel nostro Paese non è che ne veda molti…

Vive da sempre nella terraferma veneziana. Per cinque anni è stato Vicesindaco (con delega alle politiche culturali e turistiche) del comune di Mira. Laureato (cum laude) in Lettere a Padova ha collaborato per oltre un decennio coi quotidiani del gruppo editoriale Finegil (La Nuova Venezia, Il Mattino di Padova, La Tribuna di Treviso), con La Repubblica e con Gente Veneta. Si occupa di gestione del personale e della sicurezza presso alcuni musei veneziani. Nel tempo libero ama la montagna e le immersioni subacquee.