In difesa dell’art. 70

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L’art. 10 della Legge Boschi è il famoso (o famigerato) disposto che riscrive radicalmente l’art. 70 della Costituzione, quello che recitava “La funzione  legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”.  Sancisce in sostanza la fine del bicameralismo perfetto e costituisce il cuore della Legge su cui saremo chiamati a pronunciarci il 4 dicembre.

Sul povero art. 10, o se vogliamo sul nuovo art. 70, si è scatenato un florilegio di critiche da parte di un composito schieramento che va da illustri costituzionalisti alla canea ringhiante del web, passando per gli antirenziani in servizio permanente effettivo.

La prima critica è francamente puro flatus voci ed è incentrata sul ritornello ‘prima 9 parole, ora 438… alla faccia della semplificazione’ (vedasi per esempio la vignetta, made in PDL, a fianco).Tipico di pesante (e gratuita) ironia

L’argomentazione è del tutto inconsistente perché semplicità e brevità non costituiscono un valore in sé. Tanto per dire, la Costituzione della Korea del Nord recita che il Caro Leader, quel buontempone di Kim Jong-Un (quello per capirsi che prende a cannonate chi osa assopirsi durante i suoi discorsi), “è il leader supremo dello Stato e gli spetta di dirigere la politica nazionale e presiedere a tutti i poteri dello Stato”. Certo semplicissimo, ma nemmeno con tutta la malafede di Travaglio arriveremmo a lodare la costituzione di quello svitato. In verità si confonde in malafede la semplificazione del testo scritto con la semplificazione del processo legislativo  tramite il superamento del bicameralismo perfetto. Per superare il quale è necessario descrivere la nuova situazione effettivamente più complicata della totale equiparazione delle due Camere. anche a costo di rinunciare alla (facile) semplicità della versione ex ante dello stesso articolo.

Venendo ad argomentazioni un po’ più serie: all’art. 10 viene contestato 1) di essere pasticciato, confuso, contraddittorio, al limite dell’incomprensibilità, e 2) di introdurre troppe diverse fattispecie di percorsi parlamentari (a seconda della tipologia Disegni di Legge) creando una situazione confusa che può al limite comportare la paralisi del Parlamento.

Ora, in effetti il testo è di pesante lettura, in particolare doveva distinguere meglio, anche redazionalmente, le diverse tipologie di Disegno di Legge. Separarle in commi sarebbe per esempio stato sufficiente. Ma non per questo è pasticciato, né confuso, né contradditorio. Richiede solo uno sforzo interpretativo alla portata di chiunque in possesso di media cultura (come peraltro la generalità delle leggi italiane) e certamente alla portata degli illustri costituzionalisti che fingono strumentalmente di non capirci nulla.

Quanto al secondo punto, l’asserita miriade di fattispecie diverse è invero costituita da sole 4 tipologie (due delle quali sono in sostanza “casi particolari” di una tipologia principale). Eccole, in ordine crescente di “status”:

  1. Leggi ordinarie (la stragrande maggioranza). Per queste il Senato può chiedere (con almeno 1/3 dei componenti) entro 10 gg di esaminarle. Se esercita questa facoltà, entro 30 gg può proporre modifiche. Che vengono votate dalla Camera e approvate o meno (a maggioranza dei presenti).
  2. Leggi sul bilancio. Per queste il Senato ha in automatico la facoltà di proporre modifiche (senza bisogno cioè della richiesta del 1/3 di componenti). Però ha solo 15 gg (e non 30) di tempo per proporre modifiche.
  3. Leggi che danno attuazione all’articolo 117 quarto comma (che attiene alla competenza legislativa delle Regioni). Come per il caso precedente, il Senato ha da subito la possibilità di pronunciarsi in merito  ma ha solo 10 gg di tempo per proporre modifiche (e non 15 gg come al punto n° 2). In compenso gli eventuali emendamenti senatoriali hanno un’importante riconoscimento: devono essere eventualmente respinti con il voto della maggioranza assoluta dei deputati e non dei soli presenti (come per tutti gli altri casi).
  4. Leggi puramente “bicamerali” che devono essere approvate anche dal Senato.

Tanto complicato? Mi pare proprio di no.

Si può naturalmente essere in disaccordo, in tutto o in parte, con la ratio del disposto di legge (io per esempio trovo che la composizione del Senato poteva di gran lunga essere definita meglio), si poteva eliminare del tutto il Senato… tutto vero e tutto opinabile. Ma si tralascino motivazioni inconsistenti e strumentali.