In un mondo pieno zeppo di “no” detti con la pancia, lasciamo che abbia piena cittadinanza anche un “sì” detto d’istinto. Certo, va a merito di “Luminosi Giorni” chiedere, in vista del referendum, interventi ragionati, che entrino nel cuore e nelle righe della possibile riforma; ben vengano quindi tutte le riflessioni e i contributi scritti “a ragion veduta”, a partire da una precisa valutazione di questo o di quell’elemento del testo proposto agli elettori.
Però in questo tempo abbiamo visto, anche molto recentemente, numerosi voti di rottura; e molte consultazioni referendarie ed elettorali sono state determinate da un diffuso voto “contro”. Lo schiaffo dato dalla Gran Bretagna al sistema Europa è stato almeno in buona parte un “no di pancia”; tanti “no di pancia” hanno fatto vincere il Movimento 5 Stelle a Roma, e tanti “no di pancia” hanno portato Donald Trump a trionfare negli USA (e Brugnaro a Venezia).
E allora, visto che i “no di pancia” contano assai anche se detti senza troppe motivazioni, guai a rifiutare con snobismo, come se fossero inutili, quei “sì” detti d’istinto alla riforma proposta dal Governo Renzi. Contano assai anche questi. Ci possono stare, esistono. Tra i cittadini che voteranno “sì” ce ne sono molti che lo faranno per istintiva propensione al cambiamento, insieme ingenua e determinata. Sono persone convinte che il compito di chi governa sia la continua progressiva costruzione di una novità che porti ad un bene comune più diffuso; pensano che lo status quo sia comunque un luogo da cui mettersi in cammino, non un fortino da difendere; e sento considerano il dovere di provarci più forte del timore di sbagliare. Molte di queste persone – e a sinistra dovrebbero essercene tante! – voteranno “sì” senza neanche aver letto una riga della proposta di riforma, ma lo faranno convinti che dire “sì” sia un dovere ideale. Anche quello di Romano Prodi è un po’ un “sì di pancia”: lui l’avrà letta la proposta in discussione, e l’avrà certamente soppesata. Se voterà “sì” pur vedendone i limiti, beh, allora anche nel suo “sì” c’è una buona parte di reazione istintiva. Molti altri italiani andranno a votare e diranno “sì” a prescindere. Sperano – si illudono? – che il loro “sì” sia una scelta di campo, un contributo a chi ci sta provando. Vorrebbero far partire, o proseguire, il progresso positivo di un Paese che si ripensa e prova a migliorarsi, anche a costo di sbagliare. Il loro voto, anche se non fondato su studi e ragionamenti, vale e può incidere.
