Nel continuare a ragionare sulle questioni europee, mi è stato chiesto di riflettere sulla domanda: possiamo considerare l’Unione Europea come un nuovo stato in embrione, caratterizzato da limiti alla sovranità per i suoi aderenti oppure dobbiamo arrenderci all’idea che l’Unione altro non sia che una sterile convenzione tra stati che non vogliono rinunciare alla loro sovranità ?
Rispondere a questa domanda non è semplice, anche se purtroppo i molti fallimenti recenti del tentativo di governare i processi di integrazione europea potrebbero far propendere per la seconda soluzione, così di fatto spegnendo qualsiasi ambizione di rilancio del progetto europeo e avviando l’Europa a saltare nel buio.
Per evitare di ripiegare sulla soluzione più avvilente e scoraggiante possiamo, e forse dobbiamo, guardare alla storia e in particolare alle pagine scritte dall’Abate di Saint-Pierre all’indomani della pace di Utrecht del 1713.
E’ in quel momento, infatti, che viene elaborato uno dei primi progetti di pace stabile e duratura per l’Europa.
Delle complessive milleduecento pagine redatte, è possibile evidenziare alcuni degli articoli fondamentali che hanno dato vita a uno dei trattati internazionali che ha di fatto posto le basi della costruzione dell’odierna Unione Europea.
Negli articoli, viene chiarito che i sovrani europei si impegnano a sostenersi contro i sediziosi e a rispettare le decisioni dell’Unione Europea, ovvero gli albori di quella politica di difesa e sicurezza comune che oggi dovrebbe costituire uno degli obiettivi per rilanciare il nuovo processo di integrazione.
Nella definizione dell’Abate, uno spazio importante lo avrebbe dovuto ricoprire il Senato d’Europa che avrebbe dovuto essere composto da ventiquattro rappresentanti, uno per ognuno degli Stati che avrebbero composto l’Unione.
Oggi che siamo alle prese con l’elezione del nuovo Presidente del Parlamento Europeo, questa idea è solo apparentemente anacronistica, perché al contrario in chiave federale potrebbe costituire una base di partenza per rielaborare l’apparato legislativo Europeo.
Sempre tra gli articoli fondamentali, emergono quelli connessi alla promozione delle libere relazioni commerciali.
Tra gli altri articoli interessanti quello sull’idea elaborata da Saint-Pierre secondo cui, non solo il Senato dell’Unione avrebbe dovuto inviare propri ambasciatori in ognuno degli stati membri, ma avrebbe dovuto anche avere dei propri rappresentanti o funzionari permanenti per controllare che nessun sovrano si ribellasse alle deliberazioni dell’Unione.
Oggi che il populismo sta rilegittimando il nazionalismo, la necessità di consolidare il processo di integrazione europeo, rielaborando in chiave moderna le idee di Saint-Pierre, è una delle esigenze più forti dell’europeismo.
Per raggiungere questo scopo è, però, necessario ricorrere al giudizio che il vescovo di Frejus – diventato in seguito il cardinal Fleury – aveva dato sulle idee di Saint-Pierre: “Avete dimenticato un articolo essenziale. Quello di inviare dei missionari per toccare il cuore dei principi e persuaderli a condividere le vostre idee”.

Nasce a Bassano del Grappa nel 1980, cresce a Venezia e si laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Ferrara con una tesi in Diritto Costituzionale seguita da Roberto Bin e Giuditta Brunelli. Nel corso dell’Università studia materie giuridiche presso la facoltà di legge del King’s College di Londra.
Nel 2007 consegue il Master in Istituzioni parlamentari europee e storia costituzionale, diretto da Fulco Lanchester presso l’Università “La Sapienza” di Roma, con una tesi finale su: Elezioni primarie tra esperimenti e realtà consolidate seguita da Stefano Ceccanti.