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Che vi sia chi guardi a colui che ha fatto perdere al proprio partito, in qualità di segretario e candidato premier in pectore,  delle elezioni politiche sbagliando un calcio di rigore a porta vuota (e non è nemmeno interista) come a colui cui sono affidate le magnifiche sorti e progressive della sinistra (perdente) italiana la dice lunga sulla schizofrenia cui è caduta la minoranza della minoranza della minoranza dem.

Però la confusione sulle (e delle) responsabilità è inaccettabile: qui non si tratta di una coppia di coniugi che dall’amore son passati all’odio e stanno litigando su chi debba tenersi il cane. Colpa di Renzi? E perché? Perché ha perso il referendum di dicembre? Beh: in un qualunque partito quando vi è una sconfitta, il segretario si dimette e si va a congresso (D’Alema se ne andò per aver perso le regionali così tanto per dire; Bersani per aver perso l’elezione del Presidente della Repubblica così tanto per dire).  E dopo che un segretario si è dimesso che si fa? Il congresso ovvio!

Ma non lo dico solo io che conto niente e che di politica capisco ancora meno. Leggete un po qua (e siccome son buon e voglio aiutarvi vi ho pure evidenziato in grassetto alcune cosette):

Se qualcuno si prende la briga di aprire il congresso è possibile che io mi candidi. Quello che è sicuro che io non starò a guardare, se dovessi sentire il bisogno di entrare direttamente in campo – ha concluso – non avrei remore a farlo” . Lo ha detto (alla fine di gennaio) Renzi? No: Michele EMILIANO, governatore della Puglia. Sì, bravi: lo stesso che aveva minacciato le carte bollate se non lo si faceva. E ora che il congresso (che lui voleva) si fa? Scissionista.

Preambolo della petizione “Prima il congresso” : “Chiediamo che il congresso del PD sia convocato e svolto prima del voto. Abbiamo bisogno di una discussione urgente e approfondita per elaborare un nuovo programma del Pd per l’Italia”: sapete chi l’ha promossa? Renzi? None: Enrico ROSSI, governatore della Toscana. E ora che il congresso (che lui ha promosso) si fa? Scissionista.

Infine: “E’ giusta l’idea del congresso, si possono costruire anche appuntamenti di riflessione e di discussione per scegliere qual è il percorso migliore dentro il partito. Però se si pensa di andare alle elezioni politiche senza alcun momento di contendibilità, si commette un errore molto grave, c’è bisogno che questo momento ci sia invece”. Che l’ha detto, Renzi? None: Roberto SPERANZA, gennaio 2017. E adesso che il congresso (che lui voleva) si fa? Scissionista.

Cioè gli stessi che oggi rimproverano Renzi di andare al congresso sono gli stessi (ma proprio gli stessi, paro paro) che fino all’altro ieri il congresso non solo lo chiedevano ma vi si candidavano (Emiliano), lo promuovevano con raccolte di firme (Rossi) e lo giudicavano fondamentale (Speranza)! Ci capite qualcosa?

E allora? Guardate qua siam tutti più o meno (io più che meno) ingenui e allora una sferzata di sana realpolitik ci serve. Eccome se ci serve. Toglietevi (togliamocelo) dalla testa che qui il problema sia il jobs act (600.000 nuovi posti di lavoro : ve lo ricordate quanto sfanculavamo chi ne prometteva un milione in quattro anni?). Toglietevi (togliamocelo) dalla testa che qui il problema sia l’economia che va male (+1% ). Toglietevi (togliamocelo) dalla testa che qui il problema siano voucher e riforma Fornero (ampiamente sostenuti da Bersani quando era in maggioranza). No: qui la chiave per (provare) a capirci qualcosa sta in una parolina sola e semplice, semplice. E siccome vi voglio bene ve la scandisco e pure in maiuscolo

P-R-O-P-O-R-Z-I-O-N-A-L-E.

Insomma: immedesimatevi per un momento nella minoranza della minoranza dem. Se tu sei minoranza. Anzi, di più: se sei la minoranza della minoranza è chiaro, lapalissiano, evidente che i posti in lista per i tuoi si riducono. Non è arroganza del vincitore, questa. E’ politica. Lo ha fatto anche Bersani quand’era segretario: ha messo un 100-  120 candidati di sua stretta fiducia ai primi posti delle liste. Se poi il partito in cui militi ha uno Statuto in cui le candidature devono essere vagliate secondo criteri stabiliti da apposito regolamento approvato dalla Direzione Nazionale, vien ovvio pensare che le schiene di qualcuno siano state percorse da qualche leggero brivido.

E come ne esci? Ragionando sul fatto che la maggioranza (parlamentare, non governativa) è orientata ad una legge elettorale proporzionale (mancano solo le preferenze – ma arriveranno, vedrete – e si torna indietro di vent’anni: ma d’altra parte cosa aspettarsi da chi ancora canta ad una riunione di corrente “Bandiera rossa”?) . E col proporzionale è meglio uscire dal partito, fondarne uno nuovo, racimolare qualche zero virgola un po qua e un po la ed ecco che chi temeva di esser costretto ad uscire dalla porta, se ne entra dalla finestra avendo pure la possibilità di consumare qualche (piccola o grande) vendetta ricattando il partito di maggioranza relativa. E se passa pure (e passerà, vedrete) il quorum non alla lista ma alla coalizione lo zero virgola si riduce ancor di più.

Senza scordare poi un altro elemento. Qui abbiamo a che fare con gente che di politica (partitica) se ne intende. E molto. Sanno benissimo che nella prossima sfida congressuale Renzi stravincerà (il ragazzo è un toscanaccio vero, sanguigno, combattivo e per di più è una autentica macchina da guerra in campagna elettorale) . Lo sanno se addirittura sono arrivati a chiedere a Renzi di non candidarsi (e sarebbe questo per loro un partito DEMOCRATICO?)! E a quel punto, davvero, cadrebbero tutti gli alibi. Il solo modo che avrebbero per toglierselo di torno è sperare perda le elezioni (ma anche loro fin qui non ci arrivano, almeno spero).  E allora come fare per indebolirlo? Semplice: limitarne l’azione riformista, sedendosi con lui attorno alla stessa coalizione.

Queste e solo queste sono le ragioni intrinseche che hanno portato (o stanno portando) alla scissione del PD. Scissione apparentemente dettata da motivazioni alte e nobili, politiche si sarebbe detto un tempo: mancato dialogo (ma come puoi dialogare con chi pretende sia la maggioranza a fare ciò che vuole la minoranza), accelerazione sul congresso, mancata autocritica (Renzi in queste settimane si è cosparso di cenere che al confronto san Pietro sembra Giuda). Scissione in realtà dovuta al fatto che hanno ottenuto ciò che fino a qualche giorno fa chiedevano: il Congresso.

Strana la politica vero?