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Accanto ai “fatti alternativi” che grazie a Kellyanne Conway, stratega politica del Partito repubblicano d’America, hanno fatto di recente la loro comparsa sulla scena, ne esistono alcuni che con chiarezza spiegano quali potranno essere le relazioni tra L’Unione Europea e la nuova amministrazione USA.

Sfortunatamente questi fatti non promettono nulla di buono, se è vero che fin dal suo primo incontro con il Primo Ministro Britannico, il nuovo Presidente ha ostentato ammirazione per la Brexit, sottolineato la necessità di nuovi accordi bilaterali con il Regno Unito e invitato altri paesi a seguire l’esempio della Gran Bretagna.

Naturalmente, al rango di dettagli, sono state catalogate le osservazioni della Commissione Europea con cui è stato eccepito che il Regno Unito non potrà comunque negoziare accordi commerciali bilaterali finché sarà membro dell’Unione Europea.

A questi fatti, si può a buon diritto aggiungere la considerazione che il TTIP (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) le cui trattative non godevano già di buona salute prima delle ultime elezioni USA, oggi anche alla luce delle dichiarazioni poc’anzi citate rischia di essere sepolto dall’ostilità della nuova Amministrazione USA verso il multilateralismo.

In altre parole, riflettendo per un momento su questo rilevante accordo, se è vero che da una parte, la segretezza con cui sono state condotte molte fasi del negoziato e l’inserimento dell’arbitrato internazionale Stato-imprese (ISDS Investor State Dispute Settlement) ovvero di un meccanismo che consentirebbe alle imprese di citare direttamente in giudizio gli Stati davanti ad appositi collegi arbitrali possono lasciare fondate perplessitĂ , in termini di trasparenza e bilanciamento dei poteri, dall’altra, sembra altrettanto evidente che, il fallimento definitivo a cui potrebbe andare incontro questo trattato, il cui impatto peraltro sarebbe di portata storica, va letto con estrema attenzione e preoccupazione. Infatti stando ai dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale, la somma del PIL di Stati Uniti e Unione Europea corrisponde a circa il 45 per cento del PIL mondiale e si butterebbe a mare l’occasione di dare forza e coesione economica e sociale a un blocco rilevantissimo che ha bisogno di affrontare con nuova energia le sfide della globalizzazione; anche per gestire il processo con una sensibilitĂ  sociale e ambientale che i grandi nuovi competitor sulla scena mondiale dimostrano di non avere.

Infatti, oggi, emerge una preoccupante diffidenza e ostilità da parte della nuova Amministrazione USA nonché di tutta la corrente populista Europea nei confronti delle organizzazioni sovranazionali e in particolare verso l’Unione Europea e l’Euro.

In questo quadro, il nuovo Governo USA, sembra prediligere il consolidamento di relazioni bilaterali ben piĂą facili da gestire rispetto alle difficoltĂ  di doversi confrontare con un soggetto unitario, sicuramente ancora appesantito nel suo funzionamento, ma certo nelle condizioni di far leva sulle potenzialitĂ  del suo mercato e delle sue politiche comuni imperniate sui principi di solidarietĂ  e sussidiarietĂ .

Da questi fatti, molto concreti e poco alternativi, deriva per l’Unione Europea una grande opportunità, quella cioè di agire, anche in protagonistica solitudine, nel rafforzamento dei progetti europei quali: sicurezza interna e difesa comune; una politica comune per la gestione dell’immigrazione, politiche comuni per crescita e occupazione; rafforzamento e riordino dell’unione bancaria e del sistema finanziario.

Se questo dovrà essere fatto anche a costo di un processo di integrazione differenziato, non importa, almeno consentirà all’Unione Europea e a coloro che ancora credono nel progetto unitario di non dover continuare a giocare solo di rimessa.