Italicum pronto all’uso

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Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale del 25 gennaio 2017, ritengo sia utile riassumere il meccanismo elettorale denominato Italicum, ovvero la legge n.52 del 6 maggio 2015, riportando quali motivazioni sono state addotte dalla Corte per le modifiche apportate, e quali per la validazione degli istituti non modificati.

Ricordo che per la circoscrizione Estero vengono eletti 12 deputati e 6 senatori secondo la legge 27/12/2001 n.459 “Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero”.

Per la Valle d’Aosta ed il Trentino Alto Adige, la legge n.52/2015 prevede norme particolari, che configurano collegi uninominali.
Per il resto del territorio nazionale sono previste, oltre al Trentino-Alto Adige e alla Valle d’Aosta, 18 circoscrizioni elettorali, corrispondenti alle regioni, suddivise, nell’insieme, in 100 collegi plurinominali.

La legge introduce una nuova scheda elettorale: ogni casella sarĂ  composta dal contrassegno del partito al centro, a sinistra il nome e il cognome del capolista mentre a destra due righe per le preferenze.

Nessuno può essere candidato in piĂą collegi, eccetto i capilista, che possono presentarsi in un massimo di 10 collegi. I candidati in ciascuna lista sono presentati in ordine alternato per sesso, però i capilista dello stesso sesso non eccedono – in ogni circoscrizione – il 60% del totale, cioè non piĂą del 60% sarĂ  dello stesso sesso. Oltre al voto per un capolista, l’elettore può esprimere fino a due preferenze, obbligatoriamente per candidati di sesso diverso, pena la nullitĂ  della seconda preferenza.

Sussiste una soglia di sbarramento, che promuove le liste che ottengono almeno il tre per cento dei voti validi su base nazionale. Sono attribuiti 340 seggi alla lista che ottiene, su base nazionale, almeno il 40% dei voti validi, purchè non abbia già raggiunto o superato i 340 seggi in una prima ripartizione proporzionale.

Sono prima eletti i capilista nei collegi – quindi 100 capilista, uno per collegio – poi i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze.

La legge come sappiamo è stata oggetto dell’esame della Consulta, a seguito di numerose questioni di legittimità costituzionale sollevate dai tribunali di Messina, Torino, Genova, Perugia e Trieste.

E’ da notare che la Corte, sui sistemi elettorali, riconosce al legislatore ”un’ampia discrezionalità nella scelta del sistema elettorale che ritenga più idoneo, in relazione al contesto storico-politico in cui tale sistema è destinato ad operare, riservandosi una possibilità di intervento limitata ai casi nei quali la disciplina introdotta risulti manifestamente irragionevole”. D’altra parte, per i politologi costituzionalisti non sempre è condivisibile la manifesta irragionevolezza evocata in certi casi dalla Corte. L’ingegneria costituzionale (famosa definizione di Giovanni Sartori), con i suoi particolari meccanismi di funzionamento, con i suoi pesi e contrappesi , con l’equilibrio tra i poteri di un premier e quelli di un parlamento, con il confronto tra le esigenze di rappresentanza e quelle di funzionamento dell’apparato di governo, è una branca di studio di tutto rispetto, molto articolata, e con logiche e conoscenze particolari.

La Corte rileva che l’esito del referendum del 4 dicembre 2016 ha confermato un assetto costituzionale basato sulla “parità di posizione e funzioni” delle due camere. La Costituzione – afferma la Consulta – esige che i sistemi adottati per le due camere “pur se differenti, non devono ostacolare, all’esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee”.

Queste le decisioni principali della Consulta, illustrate in estrema sintesi.

Circa il premio di maggioranza. Per la Corte, se non ci fosse una soglia minima di voti e/o di seggi cui condizionare l’attribuzione del premio di maggioranza, questo premio potrebbe condurre ad una eccessiva sovrarappresentazione della lista di maggioranza relativa; nell’Italicum, grazie alla previsione di una soglia minima di voti validi per l’attribuzione del premio del 40% – la soglia di sbarramento -, l’attribuzione del premio di maggioranza rimane.

La Consulta ha invece eliminato il ballottaggio. La Corte chiarisce che non è il turno di ballottaggio in sé a risultare illegittimo, ma sono invece le specifiche disposizioni dell’ Italicum, il modo in cui hanno disciplinato tale turno, a risultare illegittime. La norma bocciata prevedeva che, qualora nessuna lista avesse raggiunto al primo turno almeno il 40% dei voti validi, si procedesse al turno di ballottaggio tra le liste che, avendo superato la soglia nazionale del 3%, avessero ottenuto al primo turno le due maggiori cifre elettorali in campo nazionale. Per la Corte, queste modalità di attribuzione del premio attraverso il turno di ballottaggio determinavano una lesione della rappresentatività. In particolare, il ballottaggio nell’Italicum era inquadrato non come una nuova votazione rispetto a quella del primo turno, ma come la sua prosecuzione. Al ballottaggio accedevano cioè le sole due liste più votate al primo turno, senza la possibilità di forme di apparentamento o collegamento tra liste nei due turni; ciò si configurava come una competizione risolutiva tra due sole liste. Quindi, secondo la Corte, una lista poteva andare al ballottaggio anche avendo conseguito un basso consenso al primo turno, e conquistare il premio, con un numero di seggi eccessivamente sproporzionato rispetto ai voti ottenuti al primo turno. Questo tipo di ballottaggio , trasformando artificialmente in maggioranza assoluta una lista che avesse magari conseguito un basso consenso al primo turno, provocava secondo la Consulta un effetto distorsivo, una lesione della rappresentatività; secondo le parole della Corte, una compressione eccessiva del carattere rappresentativo dell’assemblea elettiva e dell’uguaglianza del voto.

L’altro istituto dell’Italicum bocciato dalla Consulta riguarda la scelta che era riservata ai capilista, i quali, potendosi candidare in più collegi fino ad un massimo di 10, potevano scegliere il collegio da rappresentare. Questo sistema è stato bocciato in quanto concedeva “un improprio potere di designazione del rappresentante di un dato collegio elettorale”, condizionando l’effetto del voto di preferenza espresso dall’elettore. Quindi, per individuare in quale collegio il capolista risulti eletto, si procederà non per scelta ma per sorteggio.

E’ rimasto l’istituto dei capilista bloccati, dichiarato legittimo in quanto, essendo le liste brevi e avendo l’elettore la possibilità di esprimere due preferenze, non si determina una “lesione della libertà del voto dell’elettore”; mentre invece sarebbe risultato lesivo un sistema elettorale con liste bloccate e lunghe, nel quale è “in radice” esclusa qualunque indicazione di consenso da parte degli elettori.

La Consulta ritiene l’Italicum, dopo la revisione effettuata, suscettibile di immediata applicazione.