Questa tornata elettorale ha prodotto una diversa mappa nazionale riguardante la collocazione delle aree politiche: traspare un sia pur lieve spostamento della sinistra dal Nord al Sud, con un suo cedimento in alcune zone del centro, zone ora occupate dal centrodestra. Nelle passate elezioni amministrative, tradizionalmente era il centrosinistra ad essere avvantaggiato dal carattere locale della consultazione. Anche i ballottaggi hanno riservato sorprese.
Le amministrative del 25 giugno scorso hanno interessato 9.261.142 cittadini e 1.021 comuni; in riferimento al diverso meccanismo elettorale, si è votato in 159 comuni superiori.
La prima evidenza è costituita dalla considerevole astensione, accentuatasi in occasione dei ballottaggi. Un dato degno di nota è stato il calo di votanti al II° turno, con una media del 12% circa in meno rispetto al I° turno, in cui aveva votato il 58% degli aventi diritto al voto. Il calo è stato più marcato al Sud (circa il 18%), dove è molto sentito il voto di preferenza ai candidati al consiglio comunale, incentivo che viene a mancare al II° turno. Al Nord, le votazioni al II° turno di Verona e Asti hanno registrato un vistoso calo di votanti (Verona -16,4 rispetto al I° turno ed Asti -15,8). Al centro si è affievolita la partecipazione, finora alta, caratteristica di quest’area.
Altra constatazione, la buona riuscita delle coalizioni, soprattutto per il centrodestra, al cui interno sono state trainanti la Lega e le liste civiche. Nel centrosinistra ha trainato il PD, e a seguire le liste civiche.
Se confrontiamo queste elezioni con le amministrative precedenti, che è il confronto più appropriato per individuare le tendenze delle formazioni e degli schieramenti, l’avanzata del centrodestra è stata netta. E’ nei 25 capoluoghi che si è verificata una pesante sconfitta per la sinistra.
Il M5S ha avuto un esito deludente al I° turno, ma negli 11 comuni in cui è andato al ballottaggio ne ha conquistati 8, ribaltando in ben 7 casi il responso del I° turno.
Riguardo ai comuni superiori, in sintesi, circa 2/3 dei comuni riflettono una competizione bipolare, tra le due coalizioni principali (52 conquiste al centrosinistra e 52 al centrodestra); il restante 1/3 circa è stato conquistato da un concorrente terzo, costituito o da liste civiche (30 vittorie, di cui 21 al ballottaggio), o dal M5S ( 8 vittorie), o da liste di destra (8 vittorie), o da liste di sinistra senza il PD (4) o da liste di centro (2); in 3 comuni si è avuta la “grande coalizione” tra PD e Forza Italia.
Protagonisti di queste elezioni le liste civiche, trainanti nel centrodestra e meno nel centrosinistra. Naturalmente parliamo delle liste civiche senza simboli partitici, che rendono decifrabile il loro orientamento politico solo attraverso l’apparentamento.
E però, in 11 comuni sono proprio le liste civiche, vincitrici nelle precedenti consultazioni amministrative, ad essere state scalzate; e questo ci porta ad un’altra evidenza, e cioè il cambiamento di colore politico, accaduto in 88 città su 159 superiori; cioè nel 55% di casi la maggioranza uscente è stata sconfitta. Se restringiamo l’osservazione ai 25 comuni capoluogo, la maggioranza uscente è stata sconfitta in 17 casi su 25.
Oltre alla sconfitta della maggioranza uscente, in casi importanti (Alessandria, Monza, Padova, Pistoia e Lecce) anche il sindaco uscente è stato sconfitto, sovvertendo la tradizionale condizione di vantaggio detenuta in passato dal sindaco che si ripresentava. In questa nuova tendenza ci sono state però due eccezioni degne di nota, il sindaco di Belluno e quello di Parma (il conosciuto Pizzarotti), due uscenti riconfermati.
Inoltre, in occasione dei ballottaggi, si sono appurati casi di passaggio diretto di elettori da un candidato al suo competitore: verificatisi soprattutto a Carrara e Pistoia, sia pur con modeste percentuali (2,5% circa), che tuttavia costituiscono un dato interessante.
Dunque, successo delle civiche e cambi di colore.
Questo dato del cambio di governo da una elezione all’altra è un indicatore importante della dinamica politica, che può essere visto sia come un indicatore di instabilità e di avversione nei confronti dell’establishment; sia come un aspetto positivo dell’esercizio di democrazia, dato che il corpo elettorale attua una punizione nei confronti di chi ritiene non abbia esaudito le sue attese, e promuove il ricambio. Un ricambio che è spesso salutare – e questa è da tempo una mia convinzione personale – nell’esercizio della cosa pubblica.

Toscano di provenienza, risiede da tempo a Venezia-Mestre. Ex consulente e manager aziendale, in aziende industriali e di servizi pubblici. Collaboratore di istituti universitari e enti di ricerca. Membro della SocietĂ Italiana di Studi Elettorali. Appassionato di fotografia, con predilezione per le cattedrali gotiche.