Dopo vittoria dei “sì” al referendum, i presidenti delle giunte regionali (Zaia e Maroni) hanno dichiarato di procedere immediatamente all’avvio delle negoziazioni con il Governo nazionale per dare corso alla volontà popolare. E fin qui tutto bene, persino auspicabile.
Ma si poteva fare anche prima e senza nemmeno andare a referendum!
Le dichiarazioni del Presidente Luca Zaia, però vanno in una direzione secca: al di là delle materie, l’oggetto vero della richiesta del Veneto è quella di trattenere nell’erario regionale i 9/10 delle imposte nazionali riscosse sul territorio regionale ma destinate all’erario statale.
Questa richiesta viene affiancata alla richiesta di fare del Veneto una regione speciale (cosa che, al di là della retorica, non è costituzionalmente possibile, senza cambiare la Carta).
Tutto ciò, però, si rende possibile grazie alla più ampia manipolazione politica che è stata perpetrata, proprio per la genericità della domanda sottoposta al voto.
Naturalmente si invoca la sacrosanta volontà popolare.  Il problema vero è che si tratta di una “truffa politica”.
Non solo si è promesso al corpo elettorale più di quanto la stessa Corte costituzionale aveva consentito, ma si dà per scontato che sia possibile per la Costituzione ottenere i 9/10 delle risorse fiscali raccolte sul territorio della regione. La verità è che una simile richiesta non è costituzionalmente legittima.
L’art. 119 Cost. stabilisce i principi che governano le relazioni finanziarie di stato, regioni e enti locali. Il bilancio della regione deve poter contare su tre tipi di entrata: tributi e entrate proprie; compartecipazioni al gettito di tributi erariali; quote derivanti da un fondo nazionale per la perequazione territoriale.
Ora, di fronte a nuove competenze, richieste dal Veneto (e dalla Lombardia) dopo i referendum, può sembrare logico immaginare che ad esse siano associate risorse finanziarie corrispondenti.
La richiesta del trasferimento dei 9/10 delle entrate fiscali statali violerebbe l’art. 119 Cost., che impone alle regioni di trovare una parte importante delle risorse finanziarie per coprire le proprie spese.
I 9/10 delle entrate fiscali statali richiesti non solo eccedono le spese regionali ma farebbero dipendere la finanza regionale integralmente da risorse erariali – esonerando la Regione, che vuole maggiore autonomia, dalla responsabilitĂ di ricorrere a tributi e entrate proprie – come invece prevede l’art. 119 Cost.
Altro che autonomia fiscale regionale: Veneto (e Lombardia) si apprestano a chiedere al Governo di “pagare” l’autonomia a spese di tutti gli italiani.
L’autonomia senza responsabilità è il vero obiettivo referendario!
C’è un grande equivoco che occorre fugare: le entrate fiscali che si chiedono (nella misura dei 9/10), non sono risorse economiche di nessuna regione o degli abitanti di una delle regioni. Sono entrate che coloro che risiedono in Veneto (e in Lombardia) devono alla Repubblica italiana in quanto cittadini contribuenti soggetti a imposte nazionali.
In secondo luogo, la raccolta nazionale delle imposte nazionali è necessaria perché tutte le risorse nazionali devono essere redistribuite sull’intero territorio nazionale: tra tutte le regioni, in proporzione della popolazione, ma anche in ragione del livello di sviluppo, per esigenze di solidarietà nazionale.
In più l’art. 119, che è richiamato come limite al regionalismo differenziato dall’art. 116 co. 3 Cost., stabilisce altresì che l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa di tutte le regioni è subordinata ai vincoli derivanti dal pareggio di bilancio, secondo le norme dell’Unione europea.
E qui casca definitivamente l’asino!
Per la Costituzione (art. 5), la Repubblica italiana non è un vestito di Arlecchino, in cui ciascuna regione può pretendere quel che vuole, magari a spese degli altri, senza tenere conto degli equilibri economici nazionali, della coesione sociale, dell’unità e dell’indivisibilità del Paese.
Qualcuno di noi ha provato a portare sul tavolo della discussione queste argomentazioni già prima dello svolgimento del referendum truffaldino di Zaia; adesso bisognerà evitare che attorno a questioni di questo spessore, di fronte alla cogenza della normativa costituzionale, non si vogliano fare delle forzature a scopo puramente propagandistico (il popolo lo vuole, il referendum è la legittimazione) e questo determini conseguenze per cui si vada galoppando verso scenari alla catalana.
Perché anche lì si era cominciato con la “semplice” richiesta di autonomia e poi si è visto come è andata a finire.
Gli apprendisti stregoni sono sempre al lavoro!

Veneziano, con i piedi nell’acqua, dalla nascita (1948). Già Amministratore Delegato di una Joint Venture italo-tedesca di accessori tessili con sede a Torino. Esperienze di pubblico amministratore nei lustri passati. Per lunghissimi anni presidente del Centro Universitario Sportivo di Venezia (CUS Venezia)