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Per carità ci avrà anche messo meno tempo il buon Phileas Fogg a fare il giro del mondo che loro a formare un governo ma adesso Conte è il Presidente del Consiglio di una strana maggioranza. Strana perché maggioranza nata su un accordo di governo tra due forze politiche che fino all’altro giorno se le sono date di santa ragione. Tutti più o meno siamo curiosi di vedere quanto durerà questa esperienza e con quali risultati. È comunque indubbio che il vero trionfatore di questa lunga odissea è il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Fermo nelle sue convinzioni, profondamente ancorato a un vissuto costituzionale (che alcuni esperti hanno contestato) che lo ha portato a dire di no a Savona ministro dell’Economia, è riuscito a portare di Maio e Salvini (semplicemente giocando la carta Cottarelli, esempio di persona davvero al servizio del Paese) esattamente dove voleva lui. Ne è uscito un governo notevolmente depotenziato nei suoi estremismi. Ne è nato un governo composito dove però spicca un moderato all’economia (anzi, un moderato…eretico visto che si è detto favorevole all’aumento dell’IVA) è un europeista convinto agli Esteri. Chi scrive è pure curioso di vedere il duro e puro Salvini all’opera sui temi che la Lega ha sempre cavalcato specialmente in tema di immigrazione (saprà fare meglio di Minniti?). Con una sottosegretario alla presidenza del consiglio, il leghista Giorgetti, da sempre apprezzato da tutte le forze politiche. Un governo politico con un presidente del consiglio che non è stato eletto e sei ministri tecnici.. E con un’ottima scelta, quella del generale Costa, quale miniwtro dell’ambiente. Insomma questo è il perimetro entro cui gli italiani si muoveranno nei prossimi mesi. Fino a quando? La sensazione è che questo governo durerà fino a quando Salvini non deciderà di staccare la spina. Perché appare evidente (lo so, rassomiglio ala suocera che non può soffrire la nuora) che i due fidanzati, oggi sposi, non vivranno un matrimonio lungo cinque anni.

C’è tempo, però. C’è tempo per ricostruire una serie opposizione nel nostro paese. Come? Le idee non sembrano molto chiare, specialmente (al,solito) in casa del partito democratico. Non è che, adesso che sono al governo, grillini e leghisti cambieranno la loro natura di forze populiste, intimamente anti europee con tutto il corollario demagogico che hanno alle spalle. Il loro DNA quello è è quello rimane. La rivoluzione non è avvenuta. Ma loro vorrebbero avvenisse. Diciamo che non gli è riuscito farla in un colpo solo, e pensano di realizzarla tappa dopo tappa. Magari già alle prossime elezioni. Magari grazie ad una legge elettorale che non premi più le coalizioni ma i singoli partiti e che dia un consistente premio di maggioranza a chi prenda anche un voto solo in più degli altri. E che dunque riduca le prossime elezioni ad una partita tra i due (in quel momento) ex alleati.

E gli altri? O si accontentano di ruoli marginali oppure si convincono che occorra darsi una prospettiva diversa.

Qui non è più questione di leggere la contemporaneità con categoria politico filosofiche ormai desuete, come la contrapposizione tra destra e sinistra che appare ormai fuori da ogni realtà.

Il terreno su cui giocarsela è molto,più complesso e, geoagraficamente, più ampio. È, innanzitutto, il terreno dell’Europa, ad esempio. Perché i populismi che oggi governano il nostro paese non sono affatto diversi dai populismi presenti, e sempre più crescenti, nel resto d’Europa. La quale non può pensare che quanto avvenuto in Italia sia una manifestazione localistica. I populismi che governano il nostro paese possono benissimo essere emulati anche in tanti altri stati europei, finendo col minare le fondamenta stessa dell’Europa Unita. Ma “unita” da cosa è l’interrogativo primario cui occorre dare risposta.

È necessario dunque un cambio radicale di prospettiva. Il ministro Savona su un punto aveva ragione: la realtà ci mostra come questa Unione Europea sia troppo “germanocentrica”e che per questo deve essere radicalmente e profondamente cambiata.

È poi l’idea stessa di Paese, di nazione che deve essere ricostruito. A partire da quel sentimento di solidarietà e di sussidiarietà che abbiamo dimenticato. Ma anche con la volontà di riformarlo. Magari non a colpi di referendum ma passo passo, poco alla volta. La solidarietà e la sussidiarietà, ad esempio, possono,oggettivamente conciliarsim con l’esistenza delle regioni a statuto speciale? E così nel mentre abbiamo una ministra per le Autonomie che già promette sostegno incondizinato alla battaglia di Zaia serve qualcuno che abbia il,coraggio di dire che la eliminazione delle regioni a statuto speciale è ormai una necessità.

Non si tratta di affibbiare nuove etichette a schemi politici vecchi. Si tratta invece di costruire un nuovo soggetto politico che vada al di là delle appartenenze ideologiche riconoscendosi piuttosto in un nuovo sistema valoriale. Appare indubbio, ad esempio, che Salvini ha sostanzialmente distrutto Forza Italia. Non riuscirà a lanciare una OPA definitiva sull’elettorato forzista specialmente adesso che Berlusconi è stato riabilitato. Temi quali Europa, una Italia solidale e sussidiaria possono coinvolgere anche gli “orfani“ del centro destra?

Non si tratta di costruire un’armata Brancaleone che, lancia in resta, si scagli contro i mulini a vento. Si tratta piuttosto di perfezionare una nuova offerta politica che sappia diventare barriera ai populismi cogliendo però, e dandone adeguata risposta, i malumori che quei populismi hanno fatto nascere. È questo il compito di una nuova classe dirigente. Una classe dirigente che, oggettivamente, non può coincidere con l’attuale classe dirigente ne’ del PD ne’ di altri partiti.

Se davvero vogliamo arginare i populismo da questo si deve partire. Dalla formazione di una nuova classe dirigente finalmente capace di leggere con occhi nuovi la complessità della attuale situazione. E che abbia coraggio e ambizione di costruire unita fra mondi da sempre sentiti gli uni agli altri come avversari.