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La confusione è grande sotto il cielo della politica.

Lo è per diversi motivi: sicuramente perché si colgono contraddizioni palesi e movimenti latenti al di sotto della crosta, fragile e precaria, di un consenso plebiscitario rilevato dai sondaggi.

Le contraddizioni si incardinano proprio nel corpo vivo dell’elettorato dei due gemelli-diversi (Salvini-Di Maio).

Da una parte un consenso clamorosamente crescente (la Lega salviniana) che stride con la sfiducia palese e manifesta (prese di posizione, aperte critiche, manifestazioni di piazza) che nasce proprio da quell’elettorato protoleghista che vede messe in pericolo “le certezze” economiche sulle quali si basava la sua adesione spesso fideistica, ma ancora più spesso concretamente supportata dalle politiche dei Presidenti regionali del Nord-Est – ambasciatori e testimonial del “buon governo” sul territorio – e che pensava di ritrovare un filo conduttore omogeneo nelle decisioni di questo balbettante Governo “del cambiamento”.

E’ pur vero che questo consenso si basa essenzialmente, sono le stesse agenzie di rilevamento a testimoniarlo, sulla efficacia e la durezza dei proclami, prima ancora che delle azioni concrete, relativi alla politica della repressione e del controllo dell’immigrazione.

Controllo e contenimento che tra l’altro era già iniziato nella fase del governo Gentiloni, Minniti ministro.

E quindi il leitmotiv, fin che dura, fa da traino e fa aggio su moltissime delle défaillance governative.

Ma solo fin che dura…

Perché poi dall’altra parte (M5S) il calo dei consensi è speculare e le tensioni sono crescenti.

Grandi annunci, pochissima concretezza e ancor meno chiarezza. In un marasma di contraddizioni fra continue promesse e immediati ridimensionamenti.

Con una base largamente meridionale che del reddito di cittadinanza aveva fatto il suo totem e aveva eletto ad “ancora di salvezza” economica oltre che garanzia per la soluzione di un malpancismo che necessitava di un placebo per l’acquietamento di quel senso di frustrazione verso le élite e l’establishment.

I gemelli-diversi stanno perpetuando una sorta di opposizione permanente, pur avendo in mano tutte le leve del Governo, godendo anche del favore di una buona parte del mondo dell’Informazione perfettamente allineato e filogovernativo, come d’abitudine. A proposito di casta autoreferente e auto-proteggente.

Sembra di vivere in una quasi sempiterna campagna elettorale in attesa del prossimo appuntamento per le Europee. Pensando e sperando di vincere una battaglia politica contro l’Europa tout court.

Senza tener conto che la destabilizzazione economica indotta dalle misure avventurose e destabilizzanti di un deficit nazionale già di suo troppo elevato, ha generato una resistenza e una contrarietà di tutti, ma proprio tutti gli altri membri della UE, sovranisti e nazionalisti inclusi.

Con il risultato di un isolamento politico che può solo generare ulteriori problemi e ricadute negative sulla economia italiana.

Gliela vanno poi a spiegare agli industriali, agli artigiani, ai commercianti, ai giovani, alle famiglie variamente composite, la loro politica del “teniamo duro, non arretriamo di un passo” e del “me ne frego” quando i tassi e le ripercussioni dei costi finanziari ricadranno – stanno già ricadendo – su tutti, indistintamente.

Per fare campagna elettorale sulla pelle dei cittadini sembra che i costi siano eccessivi: e le reazioni non stanno tardando a manifestarsi. E forse anche qualche ripensamento, a parole.

Che poi i sondaggi siano ancora così favorevoli dipende anche dal fatto che l’opposizione – il centrosinistra, per rimanere ancora legati ad uno schema di lettura datato – si sta ancora rigirando su sé stessa, sta cercando di ritrovare un bandolo, un modus operandi, una linea politica, un terreno comune di confronto.

Il PD o quello che potrebbe diventare e che tutti vorrebbero trasformare, cambiare, rinnovare, ha lasciato vanamente passare 9 mesi prima di iniziare – perché siamo ancora ai prodromi – a darsi un percorso congressuale utile a provare a rimettersi in careggiata.

Salvo poi tenere comportamenti politici che rimangono ancora ancorati ai vecchi schemi. A quegli schemi che hanno contribuito, non unici per altro, alla sconfitta epocale del 4 Marzo.

Registrando peraltro una spinta e un tentativo di rinnovamento, un po’ al di fuori di quegli schemi, nella proposta e nella creazione di quei “comitati di azione civile” che vorrebbero e dovrebbero essere in grado di mettere assieme persone diverse, persone che non appartengono al novero degli iscritti e dei militanti della politica.

Persone che hanno voglia di impegnarsi su temi specifici, persone che sentono di appartenere ad una civitas, ad una cultura civile, persone che possono costituire l’ossatura di un Movimento trasversale, autonomo, che potrebbe cercare di aggregare una parte di quella cospicua massa di “elettori-astenuti-non votanti-non soddisfatti-non allineati” che i sondaggi – sempre quegli stessi che registrano il consenso plebiscitario per il Governo PentaLeghista – misurano in un consistente 36%.

E allora è tutto in trasformazione, tutto è ancora in gioco.

Anche perché non si può pensare di avere davanti una stagione politica con questa impronta sfascista che possa durare oltre il lecito e il sopportabile.

Almeno conserviamo la speranza o se volete “l’ottimismo della volontà”.