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La Redazione volentieri riprende questo interessante articolo di ROBERTO D’AGOSTINO apparso su Nuova Venezia.

 

Abbandonate le fantasiose soluzioni – prima lo scavo di nuovi canali in laguna (Contorta, Tresse), poi la realizzazione di un nuovo porto davanti alle spiagge del Lido, a quelle del Cavallino o dentro la laguna di Chioggia, o in mezzo alle barene a San Leonardo – tutte proposte impraticabili o portatrici di un danno maggiore o uguale rispetto a quello che si vorrebbe sanare, vale a dire il passaggio delle grandi navi dal bacino di San Marco – sono rimaste a disposizione della città solo due soluzioni.

La prima è quella di rinunciare a un porto per le navi di grandi dimensioni e spostarlo a Trieste, a Fiume o da qualsiasi altra parte.

La seconda è quella di realizzare la nuova Stazione marittima a Marghera, canale industriale Nord, lato Nord, vale a dire la parte collegata con la città e dove esistono aree industriali dismesse.

Ciascuna di queste soluzioni presenta vantaggi, svantaggi e conseguenze che dovrebbero essere analizzate in modo serio e applicando quella che Weber chiama l’etica della responsabilità contrapposta all’etica dei principi.

Non mi dilungherò nell’analisi della prima soluzione. Ricordo di passaggio che se essa è motivata dalla volontà, da tutti condivisa, di preservare la laguna dai danni prodotti dalla navigazione di mezzi impropri e dalle ricadute negative del canale dei Petroli; questa posizione, se seria, implica che tutti i mezzi impattanti escano dalla laguna, comprese naturalmente le navi commerciali, e che il canale dei petroli venga chiuso.

Vasto programma si direbbe, ma certamente con una sua logica e un suo fascino. In una fase in cui abbondano le visioni strategiche e i pensieri alti su Venezia, una strategia di riconversione di Marghera (chiusura del Porto Industriale, di Fincantieri, Raffineria e altro) sembra proprio alla portata del pensiero collettivo diffuso in città.

Per quanto riguarda Marghera, i vantaggi sono evidenti. Ne cito alcuni: eliminazione del passaggio dal bacino di San Marco, riconversione e bonifica di aree dismesse della prima zona industriale, riqualificazione e rilancio del waterfront di Mestre/Marghera, accessibilità dai principali punti di accesso (autostrade, aeroporto, ferrovia), mantenimento e incremento dell’occupazione, facilità di accesso a Venezia (per acqua, ferro e gomma), e altri.

Naturalmente anche questa soluzione presenta delle problematiche che sono state messe in luce nel corso di questi (ahimé) anni di dibattito: di carattere ambientale, relativamente all’uso del canale dei Petroli e dunque alla salvaguardia della laguna, e di carattere industriale, relativamente ai conflitti che potrebbero generarsi col porto commerciale e le attività industriali.

Sulla prima questione il progetto che è stato presentato su Marghera affronta con studi approfonditi le questioni ambientali e indica gli interventi necessari e le soluzioni possibili, dimostrando (ma sono studi di parte) che gli impatti sarebbero non solo assorbibili, ma inconfrontabili in meglio rispetto a tutte le altre soluzioni proposte.

Su questi temi, (venti, corrosione dei fondali, pericoli, scavi, ecc.) sentiamo continuamente impiegati del catasto che si improvvisano idraulici, professori di filosofia che si improvvisano esperti di maree, merciai che si improvvisano esperti di traffico navale, architetti che si improvvisano meteorologi. Io penso che sarebbe meglio affidarci a studi approfonditi e a commissioni di esperti, per esempio in sede di Valutazione di impatto ambientale, e attendere le loro valutazioni.

Se gli impatti verranno dichiarati superiori ai vantaggi per l’ambiente o comunque inaccettabili, il progetto non si farà, diversamente converrà procedere alla sua realizzazione.

Le grida di allarme che si fanno in proposito possono al massimo spaventare politici indecisi (come pare sia accaduto finora), ma non dovrebbero incidere sul fatto che ogni valutazione seria non può che essere emanata dagli organismi istituzionali e delegata alla competenza degli esperti.

Sugli aspetti legati al conflitto con le attività produttive, sorprende invece come le posizioni dei rappresentanti del mondo produttivo (lavoratori e alcune associazioni di categoria) mostrino una singolare coincidenza con quelle delle grandi compagnie che nei sette anni dal decreto Clini-Passera, hanno continuato bellamente a utilizzare il bacino di San Marco e nulla hanno fatto, pur avendone la possibilità, per risolvere il problema, e con i fautori della chiusura della laguna (perché di questo si tratta) a ogni attività produttiva e industriale.

Le motivazioni portate alla contrarietà della soluzione Marghera riguarda l’uso delle aree per attività non direttamente industriali (viene detto impropriamente ad uso turistico, ma si tratta di un uso portuale); e i conflitti di traffico che si potrebbero generare nell’uso del canale dei Petroli.

Per quanto riguarda le aree, Porto Marghera è estesa per circa 2000 ettari, molti dei quali inutilizzati o sottoutilizzati, la nuova Stazione marittima occuperebbe circa 20 ettari di aree da molto tempo abbandonate: è evidente che la loro nuova destinazione non inciderebbe in alcuna misura nella re industrializzazione del polo industriale.

Se parliamo di aree, mi domando perché i centodieci ettari non utilizzati che da anni Enichem propone di dare al Comune assieme a 38 milioni di euro per le bonifiche e di cui più nessuno parla, non siano diventati oggetto di una bella rivendicazione da parte delle forze produttive di Marghera.

Ma questa è un’altra storia.

Per quanto riguarda i conflitti di traffico nel canale dei petroli, esistono non solo studi allegati al progetto Marghera che indicano come possano essere facilmente superati, ma anche studi di soggetti terzi (le agenzie portuali) che giungono alla stessa conclusione.

Anche qui comunque va detto che solo un esame approfondito nelle sedi opportune e con competenze tecniche adeguate, potrebbe dare una risposta fondata in base alla quale prendere una decisione sull’opportunità o meno di realizzare la nuova Stazione Marittima a Marghera.

Sembra di capire che il Governo abbia finalmente intenzione di prendere una decisione.

Il fuoco di sbarramento che è partito con particolare intensità da parti che dovrebbero avere interessi contrapposti serve solo a impedire tale decisione e a prolungare la permanenza dei danni in corso e di quelli possibili.

L’unica soluzione per mantenere le attività legate alla croceristica turistica è davanti agli occhi di tutti ed è concretizzata in un progetto da anni depositato presso gli organismi competenti.

Lo si esamini nel modo più approfondito e meticoloso possibile e, se si ritiene che i danni superino i vantaggi, lo si accantoni, si mandino le navi altrove e si proceda senz’altro con coerenza a un grande programma di chiusura della laguna e di dismissione di Porto Marghera.