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Luminosi Giorni, con spirito di servizio al fine di accrescere la consapevolezza per il prossimo voto alla Amministrative del Comune di Venezia, ospita una serie di interventi di personalità che riteniamo offrano spunti di riflessione per un voto ponderato e consapevole. Gli amici che hanno cortesemente offerto il loro contributo provengono da aree culturali, politiche e ideali le più diverse e offrono visioni talvolta molto confliggenti tra loro. Ma mai banali. Come Redazione ci piace pensare di poter contribuire a un confronto sereno e non fazioso sui temi che riguardano il futuro della nostra città. Alcuni degli autori scenderanno personalmente nell’agone elettorale. A loro, indistintamente, va il nostro in bocca al lupo e a tutti, candidati e no, un sentito grazie per la collaborazione.

Non scrivo questo pezzo in qualità di candidata alle prossime elezioni, ma come cittadina. È l’unico modo in cui ci riesco, l’unico con cui posso comunicare. E so che quanto scriverò è riduttivo, perché contrarre in poche frasi l’idea di città per il futuro, i desiderata e la progettualità è un’impresa impossibile. Un’idea di città che va in una direzione diversa da quella attuale.

La città che vorrei, che immagino, che auspico nei prossimi anni è la città dell’accoglienza, dell’inclusione, dell’accettazione, del riconoscimento, della gentilezza. Ho nella testa una manciata di parole chiave: contatto, solidarietà, fiducia, condivisione, eguaglianza, sostenibilità, quotidianità, lungimiranza.

La città che apre gli occhi sulle questioni ambientali e sociali. La fragilità dell’ambiente che ci ospita – e per il quale c’è stato ben poco rispetto – e il divario sociale sono temi che non possono essere elusi, che necessitano un cambio di prospettiva e scelte coraggiose.

La città della partecipazione, della costruzione dal basso. Che oggi non ha modo di essere messa in atto, se non ponendosi al di fuori degli spazi istituzionali, spesso in aperto antagonismo. Non c’è altra via, allo stato attuale. Eppure i cittadini hanno dimostrato e dimostrano, continuamente, una grande capacità di elaborazione e azione, di buone pratiche per una città migliore. Capacità che viene rispedita al mittente, perché inconciliabile con interessi di natura diversa.

Per i prossimi cinque anni immagino, desidero una città che il metodo della partecipazione lo fa proprio, lo sceglie. La modalità partecipata è inclusiva. Crea reti, e le reti supportano chi rischia di rimanere indietro. Le reti uniscono forze e costruiscono, rendono concreto il sogno. Questo vorrei venisse accettato, incentivato da un’amministrazione illuminata che crede nel cambiamento.

Non posso desiderare altri cinque anni all’insegna del disamore verso i cittadini, di sfiducia nei loro confronti. E non posso desiderare altri cinque anni di svilimento delle potenzialità che il Comune di Venezia ha, potenzialità innegabili, insite nel suo essere un organismo complesso.

La nostra è una realtà urbana unica nel panorama italiano. È di media dimensione per numero di abitanti; ma è una grande città per estensione e complessità. Policentrica, multidirezionale, in cui costantemente si mette in discussione il dualismo centro/periferia. Città del mondo, nel mondo, città che (ma soprattutto con cui si) gioca sullo scacchiere economico regionale e nazionale, ma nello stesso tempo che necessita più che mai di riappartenersi. Il Comune di Venezia è un corpo urbano e sociale estremamente articolato. È un sistema di comunità che si incastrano, compenetrano, contaminano. Comunità in continuo divenire, creative, attive. Che necessitano di spazi, di opportunità, di fiducia, di confronto. Una realtà che si presta, per le proprie caratteristiche, ad essere un vero laboratorio.

Una ricchezza di cui si dovrebbe andare fieri, e che invece viene guardata con sospetto, con malcelata paura che si nasconde lessicalmente dietro parole-slogan come “degrado” e “sicurezza”, nell’incapacità di capire che la città-vetrina non è quella a misura di abitante, e quindi di capire che non si può amministrare una città per categorie e applicando a tutto e tutti la regola del “far schei”.

La città non è fatta del “salotto buono” (definizione tanto cara al nostro attuale sindaco in particolare per quanto riguarda Mestre, ma a ben vedere neanche Venezia sfugge a tale degenerata visione) e di locali di servizio e stanzette buie dove occultare alla vista tutto ciò che “fa brutto”. Un organismo urbano vivo e sano lo è perché contiene anche ciò che a taluni può sembrare brutto, perché è disarmonicamente armonioso, perché ingloba differenze, non ambisce alla perfezione ma alla vivibilità per tutti. Lo è perché accetta e fa tesoro della capacità creativa dei suoi abitanti. Lo è perché non appiccica etichette. Negli ultimi anni, è successo il contrario. Si è andati verso la catalogazione dei cittadini. Si guarda al censo e si perde di vista il senso civico.

Progettualità. Parlare di Venezia (intesa come Comune di) in termini di città della cultura, fatta di cultura, città per la cultura, non è una forzatura. Venezia, spazio urbano complesso e ricchissimo, è città di cultura per definizione, perché la storia l’ha resa tale. La cultura dovrebbe essere la chiave per realizzare il cambiamento. Per avere una città più vivibile, più attenta ai mutamenti globali – quello climatico innanzitutto -, pronta ad affrontarli, perché da quelli purtroppo dipendiamo fortemente, dobbiamo farcene una ragione e lavorarci, lavorarci con impegno e consapevolezza. Cultura che esca però dalle gabbie funzionali in cui la si è intrappolata. Cultura che dia voce alla società, ai cittadini. Che ne sia fotografia in movimento.

Agire cultura nel Comune di Venezia significa rapportarsi, leggere, interpretare la complessità. Complessità geografica, storica, sociale, artistica, paesaggistica, economica. Significa proteggere, promuovere, prevedere, cogliere. Significa lavoro, residenza, turismo gestibile, mobilità leggera, armonia con il territorio che ci accoglie. Futuro.

Dialogare, concertare, collaborare, stabilire direzioni. Dialogare con il mondo, con l’Europa, con il governo del Paese. Con le istituzioni (università, fondazioni, istituti di ricerca, centri studi e quant’altro). E nel contempo operare dal basso, con e per le comunità locali, senza preclusioni.

Significa tenere presente che 39.000 residenti sono di nazionalità straniera. Concittadini che sono parte del tessuto sociale e culturale. Possiamo permetterci di non considerare quest’ultimo fattore? Il processo è strutturale.

Significa rapportarsi con gli effetti di tre decenni di populismo (o come lo si voglia chiamare, nei diversi momenti) su scala nazionale, veicolato in modo, purtroppo, estremamente efficace, cui si è risposto in maniera non sempre adeguata, non sempre abbastanza attenta alla forbice sociale che si andava aprendo. Anche in questo caso, come ci si pone? Senza una visione complessiva, in cui i ruoli degli erogatori, delle “guide”, e dei fruitori vengono messi in discussione, si fa poca strada.

Significa essere consapevoli che la cultura riguarda anche chi è a rischio disagio ed emarginazione, gli invisibili, i fino ad ora dimenticati. Che non sono un’appendice della società, ma parte integrante.

Il cittadino è attore culturale perché elemento sociale. Il suo essere parte della comunità gli attribuisce un ruolo attivo. Comunità viva.

Per tutti questi motivi sono tra i sostenitori della necessità di un forum cittadino della cultura. Un forum da articolare in consulte locali, che agevoli il confronto, la discussione, la proposta, la realizzazione di progetti. Che rivitalizzi le municipalità. Che supporti la creazione di reti. Che aiuti l’emersione dell’inespresso.

Chi è Elisabetta Tiveron: laureata in storia contemporanea, opera nel settore editoriale come autrice, curatrice e comunicatrice. Si occupa di luoghi, a partire dal territorio (o meglio, dei territori) in cui vive. Con Cristiano Dorigo ha ideato e curato i volumi collettivi Porto Marghera. Cento anni di storie (1917-2017), La Venezia che vorrei. Parole e pratiche per una città felice  e Lettere da nordest (editi da Helvetia Editrice). Candidata alle prossime elezioni comunali nella lista civica Tutta la Città Insieme!