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C’è poco da rifarsi a Gramsci parafrasandolo: «Uno sforzo immane deve essere compiuto (dai gruppi comunisti del Partito Socialista) dal Governo, che è quello che è, in ultima analisi, perché l’Italia è nel suo complesso un paese economicamente arretrato. La parola d’ordine: Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà, deve essere la parola d’ordine di ogni (comunista) governante consapevole degli sforzi e dei sacrifici che sono domandati a chi volontariamente si è assunto un posto di militante nelle file (della classe operaia) del Parlamento». – per cercare di farsi una ragione del pressapochismo e dell’insipienza governativa e del suo Presidente Giuseppe Conte.

E sì perché le prove di inadeguatezza, pur facendo tutti gli sforzi di buona volontà di riconoscere l’eccezionalità della situazione, l’enormità dei problemi, la pervasività del fenomeno, sono molteplici, in tutti i campi.

E se nelle prime settimane si poteva sempre sostenere “siamo il primo Paese ad esser colpito, siamo sul fronte, siamo in guerra” e così via, non è che adesso dopo 10 mesi si possa ancora trincerarsi dietro a tutto questo.

Vogliamo rifare l’elenco di tutte le castronerie, di tutte le inadeguatezze organizzative, sanitarie, amministrative, governative perpetrate in questo infinito 2020?

Esentatemi, per carità di Patria.

I giornali, i media in genere, che fino all’estate erano stati di bocca buona, che avevano assecondato tutto, ma proprio tutto quello che veniva deciso e poi attuato, adesso hanno capito l’antifona e non si accontentano più.

I molto paludati Corriere, Repubblica, la Stampa, solo per citare i più diffusi e autorevoli, hanno cominciato a fare domande, a porre problemi, a criticare alcune scelte.

Qualche TG, e qualche Talk provano ad approfondire e a fare le pulci.

Ci siamo baloccati con i banchi a rotelle, con i bonus sui monopattini, con le discussioni sull’efficienza dei trasporti salvo poi tenere chiuse le scuole fin dopo Natale – fatta salva la parentesi della riapertura settembrina c’è qualche milione di studenti che è a casa da Marzo! – con lo scontro sulle competenze regionali e il federalismo farlocco introdotto dalla Riforma del Titolo V (2001), con il MES e lo stigma (In psicologia sociale, attribuzione di qualità negative a una persona o a un gruppo di persone, soprattutto rivolta alla loro condizione sociale e reputazione. cit. Treccani) che ne sarebbe derivato.

Adesso siamo al piano vaccini: vedremo dopo la prova non proprio esaltante di quelli anti-influenzali.

Perché non è possibile che si vada ancora avanti a forza di conferenze stampa, DPCM, appelli alla ragionevolezza dei cittadini, moniti o reprimende senza far trasparire un piano serio e concreto di azioni efficaci. Che guardino avanti.

Ci sono fior fiore di esperti, non fra quelli cooptati dal Governo, che stanno chiedendo da mesi e da ultimo anche con una petizione

https://www.change.org/p/istituzioni-di-governo-covid-19-ci-eravamo-fidati-34f496c7-c53e-4700-a3c2-79fd542da63c

che vengano messi a disposizione i dati, tutti i dati, disaggregati, consultabili, per analizzare l’andamento della pandemia, per provare a capirne fino in fondo i fenomeni, le implicazioni e le situazioni, per suggerire le soluzioni al di là degli interventi prettamente sanitari.

Invece di far questo non è stata trascurata nessuna delle possibili “supercazzole” a sostegno della politica politicata: la maggioranza allargata, la responsabilità dell’opposizione, il rimpasto.

Adesso poi che siamo vicini alla scadenza della presentazione del Piano per ottenere i finanziamenti del Recovery Fund si ritorna dove avevamo lasciato i dadi del gioco dell’Oca: alla commissione Colao e alle sue derivazioni.

Stati Generali di Villa Panphilj inclusi (ricordate?).

Adesso si vorrebbe mettere in campo un battaglione di 300 esperti, più che una task force, da far guidare da sei manager non ancora nominati e da un triumvirato politico. Sembra uno scherzo, ma è la strategia operativa dell’esecutivo dell’avvocato del popolo ispirata alla raffinata dottrina dello stellone italico.

Si pensava l’Italia finalmente immune dalle task force governative dopo la lugubre esperienza della prima pandemia quando, corsi e ricorsi, vennero messe in piedi diverse strutture che nell’insieme arrivavano proprio a 300 elementi: deve essere una fissazione o un tic psicologico del nostro premier.

Lucia Azzolina si fece affiancare da ben 123 dirigenti, seguita dalla oscura ministra Paola Pisano con 76.

Perché i poteri per implementare i progetti del Recovery sono dei Ministri e una struttura parallela senza poteri creerà solo conflitti.
E quelli che ne sanno di “gestione” dicono che compete ai Ministri fare il “foglio del come” cioè un cronoprogramma di lavoro per implementare i progetti.

E poi dicono che si deve costituire un’unità di “Project Management” sotto il controllo della Presidenza del Consiglio, che controlli che vengano adottati gli atti.
Questo però non è possibile se nei Ministeri ci sono persone, anche per bene, ma che non hanno mai amministrato nulla: un’azienda, un grande comune o una ASL efficiente.

Basta pensare che già oggi non è possibile sapere quanti dei soldi stanziati per l’emergenza sono stati spesi e come. Qualcuno ha calcolato che il 35/40% sono ancora bloccati.

E in parallelo come è riuscita l’Italia a gestire e spendere i fondi del bilancio Ue, quelli “ordinari”?

Vediamo il passato per capire cosa ci aspetta in futuro: se si guarda il sito della Ue sui fondi strutturali e investimenti o European Structural and Investment Funds si può verificare che ad oggi l’Italia su 75 miliardi di euro stanziati a suo favore dal bilancio 2014-2020 ne ha decisi 54 miliardi con progetti pari al 73% del totale e spesi solo 26 miliardi pari al 35% del totale: altro che efficienza!

Allora ritorna in campo il pensiero gramsciano, però con una vena di minor ottimismo.

A essere pessimisti in queste circostanze potrà sembrare malaugurante ma sono quasi 30 anni che il nostro Paese non riesce a metter la testa fuori della sabbia, quando gli altri nostri partner europei – lasciamo perdere i paesi emergenti o le economie del Far East – hanno inanellato performance se non esaltanti almeno più che sufficienti.

E allora proviamo a riscrivere: “il pessimismo della ragione è anche quello della volontà”.