di SERGIO BENVENUTO
Nel 2016, subito dopo la vittoria di Trump contro Clinton, fui sorpreso nell’ascoltare amici e pazienti di sinistra, soprattutto di estrema sinistra, rallegrarsi per la vittoria di Trump contro una donna che, negli USA e anche in Italia, era detestata come campionessa dell’Establishment americano (direi di tutti gli establishment). E in effetti è un dato di fatto: Wall Street, e soprattutto il nuovo impero americano chiamato GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon), appoggiarono Clinton nel 2016 così come hanno appoggiato ancor più massicciamente Biden nel 2020. L’oppositore democrat questa volta ha potuto attingere a una massa di denaro enorme, ben superiore a quella di cui disponeva Trump. Si sono schierati per Biden da una parte la Silicon Valley, dall’altra la Hollywood liberal e democrat, oltre che la grande finanza newyorkese. Per non parlare dei grandi media americani, i quali si è visto che non influiscono minimamente sulla grande massa.
Una prima analisi approssimativa del voto nel 2020 conferma le analisi già fatte nel 2016: il voto trumpista si concentra essenzialmente nelle campagne e nei piccoli centri di tutti gli stati, negli stati agricoli e meno centrali, tra i rednecks[1] e gli operai, tra i farmers (contadini) e i ranchers (allevatori), in particolare tra gli anziani bianchi e con il più basso livello di istruzione. Se dovessimo applicare quindi delle rigorose griglie marxiste, dovremmo dire che il grande capitale ha fatto vincere Biden, mentre Trump era ed è il campione di quelli che Gramsci chiamava strati subalterni. In termini più antichi, la plebe è per Trump, i patrizi (almeno in senso culturale) sono per Biden.
Qualcosa di molto simile accade anche in Europa, e in Italia. Le elezioni degli ultimi anni hanno visto questa polarizzazione: sempre più il voto per la sinistra (in Italia PD, LeU, Italia Viva) è il voto tipico delle grandi metropoli e soprattutto del centro delle grandi metropoli, del ceto medio-alto e più colto, dei giovani. Mentre il voto per la Lega e Fratelli d’Italia è sempre più un voto rurale o di piccoli centri, del ceto medio-basso soprattutto se poco colto, e dei più anziani. I “vincenti” votano sempre più a sinistra, i “perdenti” sempre più a destra. Si tratta in effetti di un ribaltamento epocale.
Fino a non molti anni fa, in Occidente, le roccaforti elettorali della sinistra (partiti socialista, comunista, laburista) erano le grandi periferie urbane e industriali, le zone più povere anche se urbanizzate dei paesi occidentali. In questi ultimi anni è avvenuta una mutazione profonda nella composizione elettorale dei paesi europei e nord-americani, forse la mutazione più spettacolare da cento anni a questa parte. Cambiamento su cui pochi politologi di sinistra hanno riflettuto, e che quindi molto male hanno spiegato (continua a leggere https://www.soloriformisti.it/la-sinistra-trumpista/)
